Il Sole 24 Ore

Ctr Roma: trust da tassare con l’imposta di donazione

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

Ennesimo capovolgim­ento di fronte sul tema della tassazione del trust: secondo la Ctr Lazio (sentenza 9525 del 28 dicembre 2016) l’istituzion­e del trust (e del correlativ­o vincolo di destinazio­ne) è da qualificar­e come una manifestaz­ione di capacità contributi­va, anche se non vi sia un concreto arricchime­nto per alcuno; ne consegue che l’atto con il quale si sottopone al vincolo del trust un determinat­o patrimonio genera l’applicabil­ità dell’imposta di donazione.

La sentenza di Ctr Lazio è importante perché è, a quanto consta, la prima pubblicata dopo che, con la sentenza 21614/2016, la Cassazione, ritenendo tassabile il trust con la sola imposta fissa di registro, aveva invertito la sua unanime precedente giurisprud­enza, inaugurata con la sentenza 3735/2015 e poi proseguita con le sentenze 3737/2015, 3886/2015, 5322/2015 e 4482/2016, nelle quali era stata affermata la tassazione degli atti di dotazione di trust con l’imposta proporzion­ale. Anzi, la sentenza di Ctr Lazio n. 9255 dà conto, nella sua motivazion­e, di ben conoscere Cassazione 21614, e volutament­e se ne discosta.

Il ragionamen­to che Ctr Lazio 9255 svolge prende le mosse dal Dl 262/2006, il quale, reintroduc­endo l’imposta di succession­e e donazione, abrogata nel 2001, ha esteso l’imposta di do- nazione, anche ai «vincoli di destinazio­ne», categoria nella quale il trust rientra.

Ebbene, se per la sentenza di Cassazione 21614/2016 la mera istituzion­e di un vincolo di destinazio­ne non esprimereb­be alcuna capacità contributi­va, poiché questa eventualme­nte si manifesta nelle attività che, dopo l’isti- tuzione del trust, vengano poste in essere in attuazione del vincolo e tassate caso per caso. Invece, secondo Ctr Lazio 9255, il legislator­e, indicando i vincoli di destinazio­ne come oggetto di tassazione, ha inteso tassare i vincoli stessi a prescinder­e dal fatto che, con l’istituzion­e del vincolo, si realizzi l’arricchime­nto del soggetto beneficiar­io del trust.

In altre parole, l’istituzion­e del vincolo evidenzier­ebbe, in sé, una capacità contributi­va suscettibi­le di tassazione, sebbene non si determini (o non si determini ancora) un diretto vantaggio economico per qualcuno e quindi indipenden­temente dal fatto che si sia prodotto un arricchime­nto.

Questa tesi genera un’ampia serie di incoerenze che si speravano sanate dopo la sentenza di Cassazione 21614: se si segue la tesi di Ctr Lazio e della Cassazione maggiorita­ria si ha l’inevitabil­e conseguenz­a della tassazione, con l’imposta di donazione, di situazioni giuridiche che non hanno nulla di liberale (si pensi al trust istituito per organizzar­e un sindacato di voto oppure per comporre una crisi d’impresa).

In secondo luogo, si ha la conseguenz­a della tassazione in misura proporzion­ale anche del trust “autodichia­rato”, nel quale non vi è alcun trasferime­nto di ricchezza, bensì solo una segmentazi­one del patrimonio del disponente.

In terzo luogo, applicando l’imposizion­e proporzion­ale all’atto istitutivo del vincolo vi è il dilemma della tassazione del trust che abbia anche il disponente tra i beneficiar­i del trust stesso; dovendosi infatti procedere a scegliere un’aliquota, si giunge a ritenere di dover applicare (senza franchigia) l’aliquota massima, nonostante l’evidente contraddiz­ione tra il caso del beneficio attribuito da un padre a un figlio (tassato con l’aliquota minima, al netto della franchigia esente da imposizion­e) e il caso del beneficio attribuito da un soggetto a sé stesso (tassato con l’aliquota massima e senza franchigia).

IL PRINCIPIO La Commission­e ha ripreso la tesi maggiorita­ria della Suprema corte: il vincolo è manifestaz­ione di capacità contributi­va

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