Ctr Roma: trust da tassare con l’imposta di donazione
Ennesimo capovolgimento di fronte sul tema della tassazione del trust: secondo la Ctr Lazio (sentenza 9525 del 28 dicembre 2016) l’istituzione del trust (e del correlativo vincolo di destinazione) è da qualificare come una manifestazione di capacità contributiva, anche se non vi sia un concreto arricchimento per alcuno; ne consegue che l’atto con il quale si sottopone al vincolo del trust un determinato patrimonio genera l’applicabilità dell’imposta di donazione.
La sentenza di Ctr Lazio è importante perché è, a quanto consta, la prima pubblicata dopo che, con la sentenza 21614/2016, la Cassazione, ritenendo tassabile il trust con la sola imposta fissa di registro, aveva invertito la sua unanime precedente giurisprudenza, inaugurata con la sentenza 3735/2015 e poi proseguita con le sentenze 3737/2015, 3886/2015, 5322/2015 e 4482/2016, nelle quali era stata affermata la tassazione degli atti di dotazione di trust con l’imposta proporzionale. Anzi, la sentenza di Ctr Lazio n. 9255 dà conto, nella sua motivazione, di ben conoscere Cassazione 21614, e volutamente se ne discosta.
Il ragionamento che Ctr Lazio 9255 svolge prende le mosse dal Dl 262/2006, il quale, reintroducendo l’imposta di successione e donazione, abrogata nel 2001, ha esteso l’imposta di do- nazione, anche ai «vincoli di destinazione», categoria nella quale il trust rientra.
Ebbene, se per la sentenza di Cassazione 21614/2016 la mera istituzione di un vincolo di destinazione non esprimerebbe alcuna capacità contributiva, poiché questa eventualmente si manifesta nelle attività che, dopo l’isti- tuzione del trust, vengano poste in essere in attuazione del vincolo e tassate caso per caso. Invece, secondo Ctr Lazio 9255, il legislatore, indicando i vincoli di destinazione come oggetto di tassazione, ha inteso tassare i vincoli stessi a prescindere dal fatto che, con l’istituzione del vincolo, si realizzi l’arricchimento del soggetto beneficiario del trust.
In altre parole, l’istituzione del vincolo evidenzierebbe, in sé, una capacità contributiva suscettibile di tassazione, sebbene non si determini (o non si determini ancora) un diretto vantaggio economico per qualcuno e quindi indipendentemente dal fatto che si sia prodotto un arricchimento.
Questa tesi genera un’ampia serie di incoerenze che si speravano sanate dopo la sentenza di Cassazione 21614: se si segue la tesi di Ctr Lazio e della Cassazione maggioritaria si ha l’inevitabile conseguenza della tassazione, con l’imposta di donazione, di situazioni giuridiche che non hanno nulla di liberale (si pensi al trust istituito per organizzare un sindacato di voto oppure per comporre una crisi d’impresa).
In secondo luogo, si ha la conseguenza della tassazione in misura proporzionale anche del trust “autodichiarato”, nel quale non vi è alcun trasferimento di ricchezza, bensì solo una segmentazione del patrimonio del disponente.
In terzo luogo, applicando l’imposizione proporzionale all’atto istitutivo del vincolo vi è il dilemma della tassazione del trust che abbia anche il disponente tra i beneficiari del trust stesso; dovendosi infatti procedere a scegliere un’aliquota, si giunge a ritenere di dover applicare (senza franchigia) l’aliquota massima, nonostante l’evidente contraddizione tra il caso del beneficio attribuito da un padre a un figlio (tassato con l’aliquota minima, al netto della franchigia esente da imposizione) e il caso del beneficio attribuito da un soggetto a sé stesso (tassato con l’aliquota massima e senza franchigia).
IL PRINCIPIO La Commissione ha ripreso la tesi maggioritaria della Suprema corte: il vincolo è manifestazione di capacità contributiva