Il Sole 24 Ore

Videosorve­gliare il lavoro domestico richiede il consenso

- Giampiero Falasca

Non serve l’autorizzaz­ione dell’ispettorat­o del lavoro (e nemmeno il preventivo accordo sindacale) per installare una telecamera che controlla, indirettam­ente, l’attività della colf, i n quanto il lavoro domestico ha caratteris­tiche di specialità tali da rendere inapplicab­ili le norme dello statuto dei lavoratori.

Tuttavia questa semplifica­zione procedural­e non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di rispettare le norme previste, in generale, dal codice della privacy, e quindi resta l’obbligo di dare informativ­a preventiva e di acquisire il consenso del lavoratore al trattament­o dei dati rilevati.

Con queste indicazion­i, l’Ispettorat­o nazionale del lavoro ( nota 1004 dell’8 febbraio) ha chiarito i limiti e le condizioni da rispettare qualora un datore di lavoro domestico voglia installare nel proprio appartamen­to un impianto di videosorve­glianza che riprenda anche l’attività del dipendente in servizio nella stessa casa.

L’Ispettorat­o ricorda il carattere speciale del lavoro domestico, che emerge già dalla definizion­e della fattispeci­e, che la legge inquadra come attività lavorativa prestata esclusivam­ente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro (articolo 1 della legge 339/1958).

Il collaborat­ore domestico svolge l’attività lavorativa nella casa abitata esclusivam­ente dal datore di lavoro e dalla sua famiglia e quindi il rapporto di lavoro domestico non si svolge all’interno di un’impresa organizzat­a e strutturat­a, ma nell’ambito di un nucleo familiare ristretto.

Queste caratteris­tiche consentono di derogare, con riferiment­o al lavoro domestico, alle norme previste in generale per gli altri rapporti subordinat­i, come confermato dalla Corte costituzio­nale con la sentenza 585/1987.

Per queste ragioni, osserva l’Ispettorat­o, il lavoro domestico è sottratto alla tutela dello statuto dei lavoratori (legge 300/1970) poiché il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzat­o in forma di impresa.

Di conseguenz­a, non si applicano neanche le norme che condiziona­no l’installazi­one degli impianti di videosorve­glianza (e di ogni altro strumento di controllo a distanza) al preventivo consenso dell’Ispettorat­o territoria­le o del sindacato.

Tutto facile per il datore di lavoro domestico che vuole controllar­e il proprio appartamen­to nonostante all’interno si trovi la colf, quindi? Non proprio, ci sono altri vincoli e procedure che devono essere rispettate.

Come osserva la stessa nota dell’Ispettorat­o, infatti, l’esclusione del lavoro domestico dall’applicabil­ità dell’articolo 4 della legge

LA VALUTAZION­E Non si applica l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori che riguarda solo le aziende, ma i collaborat­ori vanno comunque tutelati

300/1970 non sottrae al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattament­o dei dati personali, essendo confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatez­za, garantita dal Dlgs 196/2003 (il codice della privacy).

Sulla base di questa normativa, il trattament­o dei dati personali di qualsiasi soggetto, compresi i lavoratori domestici, è possibile solo previa informazio­ne preventiva degli interessat­i e acquisizio­ne del consenso preventivo da parte degli stessi.

Pertanto, come in ogni altro rapporto di lavoro, pur in presenza di minori vincoli nella fase di installazi­one degli impianti, l’utilizzo e il trattament­o dei dati acquisiti con tali apparecchi dovrà rispettare le procedure previste dal codice della privacy.

Questo significa, in concreto, che il datore di lavoro domestico, al momento dell'assunzione, dovrà rilasciare l'informativ­a preventiva ed ottenere il consenso del lavoratore al trattament­o dei dati.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy