La svolta che l’Europa non deve ignorare
Le tre recenti risoluzioni del Parlamento europeo (Pe) sono fondamentali nel metodo e nel merito per il futuro della Ue. Anche perché esito di un lungo processo nelle commissioni del Pe, da un confronto serrato tra i partiti politici del Pe e infine di deliberazioni dell’Assemblea europea. La prima risoluzione (redatta da Mercedes Bresso (S&D, It) e da Elmar Brok (Ppe, De) riguarda la valorizzazione delle potenzialità del Trattato di Lisbona. La seconda (redatta da Guy Verhofstadt (Alde, Be) propone varie riforme del Trattato di Lisbona per la governance economica, la politica estera, i diritti fondamentali e la trasparenza. La terza (redatta da Reimer Böge (Ppe, De) e da Pervenche Berès (S&D, Fr) riguarda le economie dell’eurozona per renderle più convergenti e resistenti agli shock creando anche un bilancio della zona euro. Il metodo del continuo confronto dentro il Pe sui problemi veri ha portato le grandi correnti politiche e culturali europee (popolari, socialisti e liberali) a convergere su proposte cruciali e concrete. E per questo rallegra che un italiano (Tajani, popolare) sia presidente del Pe e un altro (Gualtieri, socialista/democratico) sia presidente della cruciale Commissione economico-monetaria. Rifondare l’Eurozona La risoluzione del Pe si fonda su un ottimo lavoro della Commissione economico-monetaria del Pe e dalla Commissione bilancio. È un tassello fondamentale anche per completare e/o reindirizzare le proposte (passate e future) della Commissione e il Documento dei 5 presidenti delle maggiori istituzioni europee che dal 2012 viene rinviato da un Consiglio europeo a un altro. Siamo dunque quasi arrivati ad almeno tre documenti ufficiali, elaborati dai maggiori soggetti istituzionali, su come rafforzare l’Eurozona e sarebbe davvero incredibile che tutti, diversi ma convergenti, venissero bloccati dal Consiglio europeo dei capi di Stato o di Governo. Se ciò accadesse allora il pessimismo prenderebbe definitivamente il sopravvento.
La risoluzione del Pe avanza quattro proposte. Le prime due riguardano il potenziamento e la trasformazione di entità economicofinanziarie già esistenti e la creazione della capacità di bilancio per la Uem mentre le due successive riguardano un codice di convergenza tra Paesi membri e il rafforzamento delle governance della Uem. Sono proposte inscindibili anche se certamente dosabili in un cronogramma di medio- lungo termine. Su questo presupposto tentiamo una sintesi sul tema centrale del perché e del come creare una capacità di bilancio della Uem e un codice di convergenza tra gli Stati della Uem.
La capacità di bilancio è vista come necessaria e urgente per completare (noi diremmo ancor di più ovvero per salvaguardare) l’euro e per completare tutte le altre Unioni alcune delle quali già in essere (mercato interno) altre in divenire (unione bancaria, ecc.) dando forza alla Uem e rafforzando la fiducia di Stati, popoli e mercati della Uem.
Il codice di convergenza ,che noi chiamiamo distribuita, prevede cinque anni per soddisfare da parte dei Paesi membri i criteri di convergenza in materia di fiscalità, mercato del lavoro, investimenti, produttività e coesione sociale mentre la governance europea, che noi chiamamo centralizzata, prevede di unificare le funzioni di presidente dell’Eurogruppo e di commissario per gli affari economici e monetari, oltre alla istituzione di un ministro delle Finanze e del Tesoro all’interno della Com- missione europea.
Una capacità di bilancio per la Uem
La capacità di bilancio si può valutare su due aspetti: quello del suo finanziamento; quello delle sue finalità. Ovvero su quali siano i mezzi e quali i fini.
Per il finanziamento un ruolo importante assume il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che, pur continuando a svolgere i suoi attuali ruoli di Fondo salva-Stati, nel tempo dovrebbe essere trasformato nel Fondo monetario europeo con una capacità di erogare e contrarre prestiti. All’inizio il bilancio dovrebbe essere aggiuntivo a quello (il noto quadro finanziario poliennale) della Ue con entrate erogate dagli Stati della Uem e poi con entrate proprie secondo le linee del “rapporto Monti”.
Per le finalità ne vengono evidenziate tre dalle quali ne estraiamo una unificazione in una prospettiva diversa dalla risoluzione stessa. A nostro avviso non ci sono difformità con gli enunciati del Pe ma noi andiamo più direttamente su finalità che forse il Parlamento non ha voluto sottolineare per evitare reazioni di singoli Stati.
Per noi lo scopo cruciale della capacità di bilancio è così scritto nella risoluzione: «La situazione economica attuale richiede una strategia di investimento, parallelamente al risanamento e alla responsabilità di bilancio in conformità del quadro di governance economica». Le riforme strutturali dei singoli Paesi dovrebbero perciò continuare ed essere accentuate per favorire la convergenza, ma nel contempo gli interventi del bilancio dell’Eurozona dovrebbero essere in grado da un lato di sostenere gli Stati nelle riforme per la convergenza e nella reazione a shock asimmetrici e dall’altro per contribuire al superamento di shock simmetrici che colpiscono tutta la Uem. Queste finalità diventano chiare se si parla di investimenti e se si pensa alla crisi 2009-2014 dalla quale la Uem sta uscendo lentamente mentre per alcuni Stati, che hanno in corso anche importanti riforme strutturali come l’Italia, è appena cominciata.
Un’ultima affermazione della risoluzione colpisce e per questo,come quella precedente, va virgolettata. «La capacità di bilancio della zona euro dovrebbe essere integrata da una strategia di lungo periodo per la sostenibilità del debito e la riduzione dello stesso, nonché il potenziamento della crescita e degli investimenti nei Paesi della zona euro, il che abbasserebbe i costi complessivi di rifinanziamento e il rapporto debito/Pil».
Perché non si parla di Eurobond?
Nella risoluzione non si parla di Eurobond che sono invece sottesi nella sostanza a buona parte del ragionamento. Eppure tante sono state le proposte che si sono intensificate dal 2011 comprese quelle del Parlamento e della Commissione Europea. Anche su queste colonne sono apparsi contributi congiunti di di Romano Prodi e di chi scrive. Una lunga sequenza di proposte che mi ha dato l’opportunità accademica per una ampia rassegna in un volume della Cambridge University Press, in uscita, ma non mi ha dato la rassegnazione razionale alla rinuncia di uno strumento senza il quale le politiche di bilancio resteranno monche.