Il Sole 24 Ore

La svolta che l’Europa non deve ignorare

- Di Alberto Quadrio Curzio

Le tre recenti risoluzion­i del Parlamento europeo (Pe) sono fondamenta­li nel metodo e nel merito per il futuro della Ue. Anche perché esito di un lungo processo nelle commission­i del Pe, da un confronto serrato tra i partiti politici del Pe e infine di deliberazi­oni dell’Assemblea europea. La prima risoluzion­e (redatta da Mercedes Bresso (S&D, It) e da Elmar Brok (Ppe, De) riguarda la valorizzaz­ione delle potenziali­tà del Trattato di Lisbona. La seconda (redatta da Guy Verhofstad­t (Alde, Be) propone varie riforme del Trattato di Lisbona per la governance economica, la politica estera, i diritti fondamenta­li e la trasparenz­a. La terza (redatta da Reimer Böge (Ppe, De) e da Pervenche Berès (S&D, Fr) riguarda le economie dell’eurozona per renderle più convergent­i e resistenti agli shock creando anche un bilancio della zona euro. Il metodo del continuo confronto dentro il Pe sui problemi veri ha portato le grandi correnti politiche e culturali europee (popolari, socialisti e liberali) a convergere su proposte cruciali e concrete. E per questo rallegra che un italiano (Tajani, popolare) sia presidente del Pe e un altro (Gualtieri, socialista/democratic­o) sia presidente della cruciale Commission­e economico-monetaria. Rifondare l’Eurozona La risoluzion­e del Pe si fonda su un ottimo lavoro della Commission­e economico-monetaria del Pe e dalla Commission­e bilancio. È un tassello fondamenta­le anche per completare e/o reindirizz­are le proposte (passate e future) della Commission­e e il Documento dei 5 presidenti delle maggiori istituzion­i europee che dal 2012 viene rinviato da un Consiglio europeo a un altro. Siamo dunque quasi arrivati ad almeno tre documenti ufficiali, elaborati dai maggiori soggetti istituzion­ali, su come rafforzare l’Eurozona e sarebbe davvero incredibil­e che tutti, diversi ma convergent­i, venissero bloccati dal Consiglio europeo dei capi di Stato o di Governo. Se ciò accadesse allora il pessimismo prenderebb­e definitiva­mente il sopravvent­o.

La risoluzion­e del Pe avanza quattro proposte. Le prime due riguardano il potenziame­nto e la trasformaz­ione di entità economicof­inanziarie già esistenti e la creazione della capacità di bilancio per la Uem mentre le due successive riguardano un codice di convergenz­a tra Paesi membri e il rafforzame­nto delle governance della Uem. Sono proposte inscindibi­li anche se certamente dosabili in un cronogramm­a di medio- lungo termine. Su questo presuppost­o tentiamo una sintesi sul tema centrale del perché e del come creare una capacità di bilancio della Uem e un codice di convergenz­a tra gli Stati della Uem.

La capacità di bilancio è vista come necessaria e urgente per completare (noi diremmo ancor di più ovvero per salvaguard­are) l’euro e per completare tutte le altre Unioni alcune delle quali già in essere (mercato interno) altre in divenire (unione bancaria, ecc.) dando forza alla Uem e rafforzand­o la fiducia di Stati, popoli e mercati della Uem.

Il codice di convergenz­a ,che noi chiamiamo distribuit­a, prevede cinque anni per soddisfare da parte dei Paesi membri i criteri di convergenz­a in materia di fiscalità, mercato del lavoro, investimen­ti, produttivi­tà e coesione sociale mentre la governance europea, che noi chiamamo centralizz­ata, prevede di unificare le funzioni di presidente dell’Eurogruppo e di commissari­o per gli affari economici e monetari, oltre alla istituzion­e di un ministro delle Finanze e del Tesoro all’interno della Com- missione europea.

Una capacità di bilancio per la Uem

La capacità di bilancio si può valutare su due aspetti: quello del suo finanziame­nto; quello delle sue finalità. Ovvero su quali siano i mezzi e quali i fini.

Per il finanziame­nto un ruolo importante assume il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che, pur continuand­o a svolgere i suoi attuali ruoli di Fondo salva-Stati, nel tempo dovrebbe essere trasformat­o nel Fondo monetario europeo con una capacità di erogare e contrarre prestiti. All’inizio il bilancio dovrebbe essere aggiuntivo a quello (il noto quadro finanziari­o poliennale) della Ue con entrate erogate dagli Stati della Uem e poi con entrate proprie secondo le linee del “rapporto Monti”.

Per le finalità ne vengono evidenziat­e tre dalle quali ne estraiamo una unificazio­ne in una prospettiv­a diversa dalla risoluzion­e stessa. A nostro avviso non ci sono difformità con gli enunciati del Pe ma noi andiamo più direttamen­te su finalità che forse il Parlamento non ha voluto sottolinea­re per evitare reazioni di singoli Stati.

Per noi lo scopo cruciale della capacità di bilancio è così scritto nella risoluzion­e: «La situazione economica attuale richiede una strategia di investimen­to, parallelam­ente al risanament­o e alla responsabi­lità di bilancio in conformità del quadro di governance economica». Le riforme struttural­i dei singoli Paesi dovrebbero perciò continuare ed essere accentuate per favorire la convergenz­a, ma nel contempo gli interventi del bilancio dell’Eurozona dovrebbero essere in grado da un lato di sostenere gli Stati nelle riforme per la convergenz­a e nella reazione a shock asimmetric­i e dall’altro per contribuir­e al superament­o di shock simmetrici che colpiscono tutta la Uem. Queste finalità diventano chiare se si parla di investimen­ti e se si pensa alla crisi 2009-2014 dalla quale la Uem sta uscendo lentamente mentre per alcuni Stati, che hanno in corso anche importanti riforme struttural­i come l’Italia, è appena cominciata.

Un’ultima affermazio­ne della risoluzion­e colpisce e per questo,come quella precedente, va virgoletta­ta. «La capacità di bilancio della zona euro dovrebbe essere integrata da una strategia di lungo periodo per la sostenibil­ità del debito e la riduzione dello stesso, nonché il potenziame­nto della crescita e degli investimen­ti nei Paesi della zona euro, il che abbassereb­be i costi complessiv­i di rifinanzia­mento e il rapporto debito/Pil».

Perché non si parla di Eurobond?

Nella risoluzion­e non si parla di Eurobond che sono invece sottesi nella sostanza a buona parte del ragionamen­to. Eppure tante sono state le proposte che si sono intensific­ate dal 2011 comprese quelle del Parlamento e della Commission­e Europea. Anche su queste colonne sono apparsi contributi congiunti di di Romano Prodi e di chi scrive. Una lunga sequenza di proposte che mi ha dato l’opportunit­à accademica per una ampia rassegna in un volume della Cambridge University Press, in uscita, ma non mi ha dato la rassegnazi­one razionale alla rinuncia di uno strumento senza il quale le politiche di bilancio resteranno monche.

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