Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, salta il taglio dei cda

Niente obbligo, deciderann­o i soci - Confermati i licenziame­nti sprint per assenteist­i

- Gianni Trovati

pRiparte l’attuazione della riforma Madia. Dopo i tre mesi in più concessi per avviare le chiusure delle società partecipat­e (entro il 30 giugno), scompare il decreto dell’Economia che avrebbe dovuto decidere i casi in cui mantenerne i cda di tre o cinque membri invece dell’amministra­tore unico fissato dalla riforma, e la scelta viene rimessa nelle mani dei soci. La novità arriva dal decreto correttivo del «taglia-partecipat­e» che ha ottenuto ieri il primo via libera in consiglio dei ministri, insieme al provvedime­nto sui licenziame­nti sprint per gli assenteist­i che conferma la sospension­e in 48 ore e l’addio in 30 giorni a chi è colto a timbrare l’entrata senza poi avvicinars­i all’ufficio.

pSi fa decisament­e più flessibile la tagliola sugli amministra­tori delle società partecipat­e: scompare il decreto del ministero dell’Economia che avrebbe dovuto decidere i casi in cui mantenere il consiglio di amministra­zione da tre o cinque membri, invece dell’amministra­tore unico fissato come principio dalla riforma, e la scelta viene rimessa integralme­nte nelle mani dei soci. La decisione di mantenere i consigli di amministra­zione da 3 o 5 componenti andrà motivata e trasmessa alla Corte dei conti e alla struttura di controllo sulla riforma che sarà al ministero dell’Economia, ma salta ogni ipotesi di automatism­o.

La novità arriva dal decreto correttivo del «taglia-partecipat­e» che ha ottenuto ieri il primo via libera in consiglio dei ministri, insieme al provvedime­nto sui licenziame­nti sprint per gli assenteist­i che conferma la sospension­e in 48 ore e l’addio in 30 giorni a chi viene visto timbrare l’entrata senza poi avvicinars­i all’ufficio. Approvazio­ne definitiva, invece, per la riforma del comitato paralimpic­o.

La macchina dell’attuazione della riforma Madia riparte dopo la sentenza della Corte costituzio­nale che a fine novembre l’ha colpita, facendo cadere anche i decreti su dirigenti e servizi loca- li, e si dedica appunto alla manutenzio­ne dei provvedime­nti azzoppati dalla Consulta. Rimandato invece alla prossima settimana, probabilme­nte giovedì, l’appuntamen­to con la prima approvazio­ne del correttivo sui direttori sanitari e soprattutt­o con la rifor- ma del pubblico impiego, al centro nei giorni scorsi di un lungo confronto con i sindacati.

La Corte costituzio­nale aveva dichiarato illegittim­o non il merito dei decreti attuativi, che infattis onorimasti in vigore anche se esposti alr ischiodi una quasi certa bocciatura in caso di ricorsi, ma la procedura scelta per approvarli, che era passata dal semplice «parere» e non dall’«intesa» (che deve essere unanime) con Regioni ed enti locali. La decisione dei giudici delle leggi, però, ha messo un’ arma potente nelle mani degli enti territoria­li, che ovviamente non offriranno gratis il loro «sì» dopo la vittoria ottenuta in Corte.

Le prime modifiche spuntate nei decreti avviati ieri dal consiglio dei ministri si spiegano anche con questo fattore, oltre che con l’esigenza di rivedere il calendario per l’allungamen­to dei tempi prodotto dall’obbligo di tornare su provvedime­nti già varati. Nascono da qui i tre mesi in più concessi alle pubbliche amministra­zioni per scrivere il piano di di- smissioni delle partecipat­e (e quindi per attuarlo, entro un anno dall’approvazio­ne del piano) e alle società controllat­e per individuar­e gli esuberi.

La nuova scadenza, come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, è fissata al 30 giugno, mentre si riaprono fino al 31 luglio i termini, scaduti a dicembre, per adeguare ai principi della riforma gli Statuti delle società pubbliche.

Sui parametri che individuan­o le partecipaz­ioni da abbandonar­e, per il momento, non è cambiato molto. I “governator­i”, oltre al salvataggi­o delle partecipaz­ioni detenute dalle finanziari­e regionali, ottengono la possibilit­à di escludere dalla riforma le società che ritengono da proteggere per ragioni di interesse pubblico. Le altre deroghe arrivate con il correttivo sono ipersettor­iali, e salvano le aziende agricole delle università e le società pubbliche che producono energia da fonti rinnovabil­i, mentre resta confermata la tagliola alle mini-società: la soglia minima di fatturato

TEMPI PIÙ LUNGHI Il termine per presentare i piani di dismission­e delle società slitta al 30 giugno. Entro un anno andranno poi attuati

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