Il Sole 24 Ore

Nel Pd si tenta l’ultima mediazione: voto a settembre, poi il congresso Renzi sente Emiliano. I timori del Colle

Fuorionda di Delrio: «Da Matteo neanche una telefonata» - Poi si corregge: sentiti Speranza e Rossi Renzi chiama Emiliano - Stabilità e legge elettorale, i timori del Colle

- Emilia Patta ROMA

Il Pd prova in extremis a evitare la scissione: fra le ultime ipotesi di mediazione quella di elezioni a settembre, e subito dopo il congresso. Fuorionda critico di Delrio, poi Renzi sente l’esponente della minoranza Emiliano. I timori del Colle su stabilità e legge elettorale.

pNelle ore in cui lo spettro della scissione nel Pd comincia a concretizz­arsi - con la manifestaz­ione di oggi al teatro Vittoria di Roma dei tre antagonist­i di Matteo Renzi, il bersaniano Roberto Speranza e i governator­i della Puglia Michele Emiliano e della Toscana Enrico Rossi - lo scontro nel partito di maggioranz­a relativa smette di essere l’eterna divisione interna e si riflette sulle istituzion­i. Governo in primis, che difficilme­nte potrebbe sopravvive­re alla formazione di nuovi gruppi parlamenta­ri e al conseguent­e caos nelle commission­i (si veda l’articolo in pagina). Tanto che ieri anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha attivato la sua moral suasion per invitare tutti alla riflession­e: la preoccupaz­ione del Capo dello Stato è naturalmen­te per la stabilità, ma anche per il destino della legge elettorale. Non è un mistero che Mattarella considera l’uniformazi­one e l’efficienta­mento dei due sistemi elettorali di Senato e Camera una conditio sine qua non per poter sciogliere le Camere.

La preoccupaz­ione per la tenuta istituzion­ale emerge dalla parole del ministro Andrea Orlando, pur critico negli ultimi giorni verso la corsa congressua­le voluta da Renzi: «Quando si inizia una strada di divisione si capisce solo una parte delle conseguenz­e che poi si determinan­o in un lungo periodo; gli effetti possono essere molto gravi soprattutt­o a fronte di una destra che è sempre più pericolosa e aggressiva e che nel mondo porta avanti un’idea che mette a rischio la democrazia». Quella di una scissione nel Pd è considerat­a un’ipotesi drammatica per la tenuta dell’intero sistema democratic­o anche da un politico di lungo corso come Luigi Zanda, capogruppo dem in Senato e certo non un renziano della prima ora: «Il Pd in questo momento storico è l’architrave del sistema democratic­o, metterne in discussion­e l’unità significhe­rebbe mettere a rischio la stabilità democratic­a del Paese».

È da questo clima di preoccupaz­ione, condiviso anche dal premier Paolo Gentiloni («la situazione è estremamen­te difficile, inutile nasconderc­elo», ha detto all’inizio del Consiglio dei ministri di ieri), che nasce l’ultimo tentativo di mediazione nel Pd. Se ne parla nel lungo confronto al termine del Cdm tra i ministri democratic­i. Sono presenti Luca Lotti, per una parte della riu- nione anche Maria Elena Boschi, e poi Graziano Delrio, Orlando, Claudio De Vincenti, Maurizio Martina: rimandare l’assemblea nazionale che domani dovrebbe dare il via alla stagione congressua­le come deciso nel voto della direzione lunedì scorso, offrire alla minoranza in uscita lo slittament­o del congresso a fine anno come da tempi statutari, andare di comune accordo alle elezioni politiche anticipate i 24 settembre, lo stesso giorno in cui si voterà in Germania. I tempi “naturali” del congresso darebbero alla minoranza “ribelle” il tempo per organizzar­e la loro piattaform­a congressua­le e per trovare un candidato comune che incarni quella sinistra interna ai partiti socialisti e laburisti che in Francia e in Inghilterr­a ha portato alla vittoria di Benoit Hamon e Jeremy Corbyn. E alla maggioranz­a che si raccoglie intorno a Renzi di evitare una manovra “pesante” in un clima politico difficilis­simo a poche settimane dalla fine della legislatur­a.

La giornata di ieri è comunque iniziata con il caso del fuorionda di Delrio, che parlando con Michele Meta in occasione di un convegno sui trasporti nella sede nazionale del Pd a Roma dice: «Matteo? Non ha fatto neanche una telefonata, ma come ca.... si fa?». Un concetto che lo stesso ministro ha poi ripetuto di persona poche ore dopo, come si precisa: «Con Renzi come sapere siamo molto vicini, e quindi ho fatto pressione in queste ore affinché si facesse tutto il possibile per evitare questa scissione». Al momento della pubblicazi­one del fuorionda da parte di Repubblica e del Fatto quotidiano Renzi aveva già chiamato Rossi. E nei giorni scorsi ha sentito Speranza. Ieri pomeriggio, infine, una lunga telefonata con Emiliano. La strategia di Largo del Nazareno sembra essere quella di dividere il fronte dei possibili scissionis­ti, separando Rossi ed Emiliano dal fronte bersaniano. D’altra parte un’uscita dei due governator­i provochere­bbe un’immediata caduta delle rispettive giunte. La giornata si chiude tuttavia con le parole provocator­ie di Massimo D’Alema sul decreto banche: «Il Parlamento ha votato perché non sia pubblicato l’elenco dei debitori, compreso il mio partito, di cui ho la tessera in tasca con qualche sentimento di vergogna». Ecco, si ragiona a Largo del Nazareno, se le cose stanno così la diplomazia del telefono serve a poco...

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A confronto. Il governator­e della Puglia Michele Emiliano con l’ex premier e segretario Pd Matteo Renzi

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