L’oligopolio dei fondi americani
Dal Fondo Monetario all’Ocse, fino ad arrivare alla Vigilanza bancaria europea della Bce, non rallenta la spinta di Autorità e organismi sovranazionali alle banche italiane perché riducano in tempi rapidi la zavorra dei 200 miliardi lordi di Non performing loans. Raccomandazioni sensate in linea di principio, perché è evidente che le banche non potranno farsi sorprendere da una futura recessione economica avendo i bilanci ancora appesantiti dai vecchi Npl. E una riduzione delle sofferenze entro fine 2017 sarà di aiuto per evitare che il rischio Italia torni a contagiare gli investitori internazionali quando il quantitative easing della Bce lascerà il posto al tapering, magari alla vigilia di incerte elezioni politiche in Italia.
Il sistema bancario italiano, anche grazie all’aiuto dello Stato in taluni casi, ha messo in cantiere entro fine anno - come documentato dall’inchiesta pubblicata a fianco - la cessione o il deconsolidamento di oltre 70 miliardi lordi di sofferenze. Se le varie operazioni già avviate andranno in porto, lo stock lordo di Npl si ridurrà in un solo anno del 35%.
Basterà per placare le richieste della vigilanza della Bce? L’impressione dei banchieri italiani, anche dopo il confronto in Abi di mercoledì scorso con il rappresentante italiano nell’Ssm Fabio Panetta, è che non sarà così. Le pressioni della Vigilanza per una ripulitura immediata dei bilanci, che mette a rischio la tenuta patrimoniale di alcune banche di minore dimensione, va di pari passo con la sensazione che l'era dei salvataggi “governati” volga al termine e lasci il posto alla sperimentazione in Europa del temuto bail in. In questo contesto regolamentare e politico (ma certamente si tratta di una pura coincidenza), a trarne beneficio saranno i grandi fondi Usa specializzati nell’acquisto e gestione degli Npl che si vedono aprire un varco - non solo finanziario ma anche politico/istituzionale - per rilevare gli Npl delle banche italiane a prezzi da saldo costruendo le basi per garantire ai propri investitori rendimenti annuali del 15%. In un mercato che praticamente non esiste, dato che le quantità in offerta (e i tempi) non sono decise dai venditori ma da un’Autorità “neutra” come la vigilanza Bce, sono i pochi compratori a fare il prezzo. Un vero e proprio oligopolio, come lo ha definito pubblicamente al Forex di Modena venti giorni fa il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Oligopolio che peraltro opera in un palese conflitto di interessi, dato che in molti casi si tratta di divisioni specializzate in Npl di medi e grandi fondi anglosassoni presenti come azionisti nel capitale delle banche. L’attivismo di alcuni fondi, che puntano a rilevare a prezzi stracciati gli Npl delle banche italiane ed europee, va a danno della platea degli altri azionisti? Un dato aiuta a capire. Secondo Bankitalia, il tasso di recupero delle sofferenze è stato in media nel decennio 2006-2015 pari al 43%. Livello che è simile ai valori attualmente contabilizzati in bilancio. Pretendere che tutti gli Npl vengano ceduti subito, equivale a distruggere ricchezza degli azionisti, non dei banchieri. Quello che va bene ai grandi capitali che si muovono tra New York e Londra, non necessariamente dovrebbe andare bene a una Vigilanza che ha il privilegio di essere europea.