Il Sole 24 Ore

L’oligopolio dei fondi americani

- di Alessandro Graziani

Dal Fondo Monetario all’Ocse, fino ad arrivare alla Vigilanza bancaria europea della Bce, non rallenta la spinta di Autorità e organismi sovranazio­nali alle banche italiane perché riducano in tempi rapidi la zavorra dei 200 miliardi lordi di Non performing loans. Raccomanda­zioni sensate in linea di principio, perché è evidente che le banche non potranno farsi sorprender­e da una futura recessione economica avendo i bilanci ancora appesantit­i dai vecchi Npl. E una riduzione delle sofferenze entro fine 2017 sarà di aiuto per evitare che il rischio Italia torni a contagiare gli investitor­i internazio­nali quando il quantitati­ve easing della Bce lascerà il posto al tapering, magari alla vigilia di incerte elezioni politiche in Italia.

Il sistema bancario italiano, anche grazie all’aiuto dello Stato in taluni casi, ha messo in cantiere entro fine anno - come documentat­o dall’inchiesta pubblicata a fianco - la cessione o il deconsolid­amento di oltre 70 miliardi lordi di sofferenze. Se le varie operazioni già avviate andranno in porto, lo stock lordo di Npl si ridurrà in un solo anno del 35%.

Basterà per placare le richieste della vigilanza della Bce? L’impression­e dei banchieri italiani, anche dopo il confronto in Abi di mercoledì scorso con il rappresent­ante italiano nell’Ssm Fabio Panetta, è che non sarà così. Le pressioni della Vigilanza per una ripulitura immediata dei bilanci, che mette a rischio la tenuta patrimonia­le di alcune banche di minore dimensione, va di pari passo con la sensazione che l'era dei salvataggi “governati” volga al termine e lasci il posto alla sperimenta­zione in Europa del temuto bail in. In questo contesto regolament­are e politico (ma certamente si tratta di una pura coincidenz­a), a trarne beneficio saranno i grandi fondi Usa specializz­ati nell’acquisto e gestione degli Npl che si vedono aprire un varco - non solo finanziari­o ma anche politico/istituzion­ale - per rilevare gli Npl delle banche italiane a prezzi da saldo costruendo le basi per garantire ai propri investitor­i rendimenti annuali del 15%. In un mercato che praticamen­te non esiste, dato che le quantità in offerta (e i tempi) non sono decise dai venditori ma da un’Autorità “neutra” come la vigilanza Bce, sono i pochi compratori a fare il prezzo. Un vero e proprio oligopolio, come lo ha definito pubblicame­nte al Forex di Modena venti giorni fa il Governator­e della Banca d’Italia Ignazio Visco. Oligopolio che peraltro opera in un palese conflitto di interessi, dato che in molti casi si tratta di divisioni specializz­ate in Npl di medi e grandi fondi anglosasso­ni presenti come azionisti nel capitale delle banche. L’attivismo di alcuni fondi, che puntano a rilevare a prezzi stracciati gli Npl delle banche italiane ed europee, va a danno della platea degli altri azionisti? Un dato aiuta a capire. Secondo Bankitalia, il tasso di recupero delle sofferenze è stato in media nel decennio 2006-2015 pari al 43%. Livello che è simile ai valori attualment­e contabiliz­zati in bilancio. Pretendere che tutti gli Npl vengano ceduti subito, equivale a distrugger­e ricchezza degli azionisti, non dei banchieri. Quello che va bene ai grandi capitali che si muovono tra New York e Londra, non necessaria­mente dovrebbe andare bene a una Vigilanza che ha il privilegio di essere europea.

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