Blair esorta alla ribellione contro Brexit
«Non è tempo per la ritirata, l’indifferenza, la disperazione, è l’ora di solleversi per difendere ciò in cui crediamo». Che Guevara a Santa Clara ? No, Tony Blair nella City. La cavalcata degli orfani d’Europa diretta dall’ex premier laburista può far sorridere per i toni enfatici messi in scena nei saloni di Bloomberg, ma è più significativa di quanto possa apparire. A parlare non è solo un ex premier che ha goduto di enorme popolarità prima di precipitare nell’oblio per i misfatti – politici e non – legati alla guerra nel Golfo, è soprattutto ultimo leader laburista di peso e carisma. Di un partito, cioè, che si è allineato al governo Tory lasciando prevalere, senza una reale opposizione, l’interpretrazione massimalista della Brexit. È su questo che Tony Blair ha messo l’accento con toni da sollevazione popolare francamente mai sentiti in un Paese dominato da una classe politica supina a un voto referendario che è menù per tutti i gusti. Buono per i “die hard” euroscettici , quanto per i semplici dise- redati del Regno che in Bruxelles s’illudono di vedere le ragioni di tanto personale disagio.
«La strada che stiamo imboccando – ha detto Tony Blair – non è più quella di una hard Brexit, ma peggio,di una Brexit ad ogni costo...il nostro compito è ora di svelare qual è il prezzo di una scelta del genere e trovare una via per evitare questa corsa verso il precipizio». La tesi dell’ex primo ministro è semplice: la gente ha votato senza conoscere i termini reali del distacco anglo-europeo. «Quanto più questo diventa evidente – ha argomentato – è diritto dei cittadini cambiare idea. La nostra missione è esattamente questa». In altre parole svelare l’azzardo di uno strappo totale dalle istituzioni europee che nessuno ha mai scelto, né mai votato, essendo l’interpretazione del voto referendario che l’ala ultrà del Tory party ha voluto dare.Theresa May l’ha accettata per ragioni di equilibrio interno ai conservatori adeguandosi alle intonazioni più radicali. Hard Brexit appunto, fuga da Ue, single market e unione doganale. «Ci sentiamo dire – ha insistito Tony Blair – che è giunta l’ora di un capitalismo più equo. E come gettiamo le basi di una causa tanto nobile? Minacciando l’Europa con tasse rasoterra e deregulation. L’antitesi di quella causa».
Era legittimo attendersi che oltre alla chiamata – virtuale – alle armi, Tony Blair comunicasse la determinazione di voler svolgere una seconda consultazione popolare. S’è trattenuto a un passo da un annuncio che avrebbe davvero scosso le fondamenta istituzionali di un Regno già terremotato dalla scelta anti-Ue. E questo, crediamo, perché ha riconosciuto che l’immigrazione «è un tema importante» che forse nemmeno lui sa come gestire. L’ex premier non si limita tuttavia a parlare. Ha confermato la nascita di un movimento d’opinione cross party che dovrà unificare le istanze europeiste e contrastare la deriva tracciata dall’esecutivo. I LibDem hanno salutato con soddisfazione l’uscita di Tony Blair, i laburisti rischiano di pagarne il prezzo più alto. «L’indebolimento del Labour – ha detto Blair – è il vero elemento facilitatore della Brexit».
L’appeasement del leader socialista Jeremy Corbyn verso There- sa May resta uno dei fattori chiave della deriva antieuropea che sta andando in scena. Il partito è spaccato come una mela e ai Lords – da lunedì il disegno di legge per avviare il recesso sarà all’esame dei Pari del Regno – le parole di Tony Blair potrebbero dare nuova energia. Vedremo se l’upper chamber avrà la forza di ribellarsi. L’ex premier, purtroppo, non ne ha molta. Il suo affondo è stato importante, ma il pulpito resta impopolare. Lo hanno sommerso di critiche Nigel Farage e Boris Johnson accusandolo di dirigismo antidemocratico e infamie varie. «Guardate al messaggio non al messaggero», ha stigmatizzato, invece, Alan Johnson, uno dei più apprezzati esponenti dei governi Blair e Brown, consapevole del debole appeal che oggi l’ex premier ha sul Paese. Resta da vedere se i britannici avranno la forza di capire il significato dell’iniziativa, nella consapevolezza che Tony Blair, tutt’oggi, resta, in potenza, l’unica testa politica del Regno capace di svelare i rischi della deriva isolazionista imboccata da Londra.