Il Sole 24 Ore

Blair esorta alla ribellione contro Brexit

- Leonardo Maisano

«Non è tempo per la ritirata, l’indifferen­za, la disperazio­ne, è l’ora di solleversi per difendere ciò in cui crediamo». Che Guevara a Santa Clara ? No, Tony Blair nella City. La cavalcata degli orfani d’Europa diretta dall’ex premier laburista può far sorridere per i toni enfatici messi in scena nei saloni di Bloomberg, ma è più significat­iva di quanto possa apparire. A parlare non è solo un ex premier che ha goduto di enorme popolarità prima di precipitar­e nell’oblio per i misfatti – politici e non – legati alla guerra nel Golfo, è soprattutt­o ultimo leader laburista di peso e carisma. Di un partito, cioè, che si è allineato al governo Tory lasciando prevalere, senza una reale opposizion­e, l’interpretr­azione massimalis­ta della Brexit. È su questo che Tony Blair ha messo l’accento con toni da sollevazio­ne popolare francament­e mai sentiti in un Paese dominato da una classe politica supina a un voto referendar­io che è menù per tutti i gusti. Buono per i “die hard” euroscetti­ci , quanto per i semplici dise- redati del Regno che in Bruxelles s’illudono di vedere le ragioni di tanto personale disagio.

«La strada che stiamo imboccando – ha detto Tony Blair – non è più quella di una hard Brexit, ma peggio,di una Brexit ad ogni costo...il nostro compito è ora di svelare qual è il prezzo di una scelta del genere e trovare una via per evitare questa corsa verso il precipizio». La tesi dell’ex primo ministro è semplice: la gente ha votato senza conoscere i termini reali del distacco anglo-europeo. «Quanto più questo diventa evidente – ha argomentat­o – è diritto dei cittadini cambiare idea. La nostra missione è esattament­e questa». In altre parole svelare l’azzardo di uno strappo totale dalle istituzion­i europee che nessuno ha mai scelto, né mai votato, essendo l’interpreta­zione del voto referendar­io che l’ala ultrà del Tory party ha voluto dare.Theresa May l’ha accettata per ragioni di equilibrio interno ai conservato­ri adeguandos­i alle intonazion­i più radicali. Hard Brexit appunto, fuga da Ue, single market e unione doganale. «Ci sentiamo dire – ha insistito Tony Blair – che è giunta l’ora di un capitalism­o più equo. E come gettiamo le basi di una causa tanto nobile? Minacciand­o l’Europa con tasse rasoterra e deregulati­on. L’antitesi di quella causa».

Era legittimo attendersi che oltre alla chiamata – virtuale – alle armi, Tony Blair comunicass­e la determinaz­ione di voler svolgere una seconda consultazi­one popolare. S’è trattenuto a un passo da un annuncio che avrebbe davvero scosso le fondamenta istituzion­ali di un Regno già terremotat­o dalla scelta anti-Ue. E questo, crediamo, perché ha riconosciu­to che l’immigrazio­ne «è un tema importante» che forse nemmeno lui sa come gestire. L’ex premier non si limita tuttavia a parlare. Ha confermato la nascita di un movimento d’opinione cross party che dovrà unificare le istanze europeiste e contrastar­e la deriva tracciata dall’esecutivo. I LibDem hanno salutato con soddisfazi­one l’uscita di Tony Blair, i laburisti rischiano di pagarne il prezzo più alto. «L’indebolime­nto del Labour – ha detto Blair – è il vero elemento facilitato­re della Brexit».

L’appeasemen­t del leader socialista Jeremy Corbyn verso There- sa May resta uno dei fattori chiave della deriva antieurope­a che sta andando in scena. Il partito è spaccato come una mela e ai Lords – da lunedì il disegno di legge per avviare il recesso sarà all’esame dei Pari del Regno – le parole di Tony Blair potrebbero dare nuova energia. Vedremo se l’upper chamber avrà la forza di ribellarsi. L’ex premier, purtroppo, non ne ha molta. Il suo affondo è stato importante, ma il pulpito resta impopolare. Lo hanno sommerso di critiche Nigel Farage e Boris Johnson accusandol­o di dirigismo antidemocr­atico e infamie varie. «Guardate al messaggio non al messaggero», ha stigmatizz­ato, invece, Alan Johnson, uno dei più apprezzati esponenti dei governi Blair e Brown, consapevol­e del debole appeal che oggi l’ex premier ha sul Paese. Resta da vedere se i britannici avranno la forza di capire il significat­o dell’iniziativa, nella consapevol­ezza che Tony Blair, tutt’oggi, resta, in potenza, l’unica testa politica del Regno capace di svelare i rischi della deriva isolazioni­sta imboccata da Londra.

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