La maggioranza teme il rischio paralisi al Senato
Rischio paralisi in Senato. Con tutte le commissioni da rifare, con due gruppi nuovi sia alla Camera sia al Senato, e con il partito di maggioranza che regge quasi da solo il governo alle prese con una drammatica scissione. Fino a ieri non era ancora chiaro ai “contendenti” sulle spoglie del Pd che una scissione - oltre a rischiare di far implodere quello che resta il maggiore partito italiano - avrebbe ricadute immediate sul governo. Con l’effetto paradossale che le urne a giugno, tanto temute dalla minoranza bersaniana sulla via della scissione, tornerebbero ad essere più che probabili. Basta gettare un occhio in Senato, dove i numeri per il governo (anzi per i tre governi fin qui succedutisi: Letta, Renzi e Gentiloni) sono in bilico dall’inizio della legislatura. I possibili scissionisti sono in Senato almeno 20, più che sufficienti a fare un gruppo autonomo (a Palazzo Madama ne bastano 10) . E i bersaniani sono sparsi in tutte le commissioni, da una a due presenze. Vero che la formazione di un nuovo gruppo parlamentare impone, da regolamento, un riequilibrio in tutte le commissioni , ma la presenza dei bersaniani dovrebbe comunque essere garantita, e questo in una situazione già molto difficile in Senato, dove dopo le dimissioni di Anna Finocchiaro dalla presidenza della Affari costituzionali non è stato possibile procedere all’elezione di un nuovo presidente a causa dei difficili rapporti con la componente verdiniana. Certo, si ragiona ai vertici parlamentari del Pd, anche se la minoranza uscisse davvero dal partito nessuno di loro avrebbe interesse a far cadere il governo. Ma c’è da aspettarsi, se davvero sarà scissione, uno sforzo per distinguersi in senso più “sociale” su tutti i provvedimenti. Rendendo difficile l’approvazione anche delle leggi già in cantiere.