Il Sole 24 Ore

Comuni, stop al decreto sui fondi 2015

Il Tar Lazio boccia il provvedime­nto che ha distribuit­o 4,8 miliardi

- Gianni Trovati gianni. trovati@ ilsole24or­e. com

Dopo la spending review di Mario Monti sui bilanci comunali 2013, dichiarata illegittim­a dalla Corte costituzio­nale, e i tagli compensati­vi del maggior gettito Imu sui conti 2014, bocciati dal Consiglio di Stato, cade anche il decreto di Palazzo Chigi che ha distribuit­o ai sindaci i fondi da 4,8 miliardi del 2015.

A segnare il filotto è un gruppo di sentenze pubblicate ieri dal Tar Lazio, che ha accolto tre ricorsi sul tema: i primi due presentati dal Comune di Padova e da un gruppo di enti del trevigiano (tutti difesi da Giacomo Quarneti e Luca Antonini, l’ex presidente della commission­e sul federalism­o fiscale che ha accompagna­to la Regione Veneto alla vittoria in Corte costituzio- nale sulla riforma Madia) e il terzo arrivato dal Comune calabrese di Cotronei (rappresent­ato da Ettore Jorio). La finanza locale, insomma, resta un terreno minato, e la nuova pronuncia impone di correre ai ripari come si sta cercando di fare sui tagli del 2014: a meno che, naturalmen­te, Palazzo Chigi ricorra in appello e il Consiglio di Stato ribalti la decisione del Tar.

A condannare il provvedi- mento è prima di tutto una questione di calendario, dietro la quale si affollano però ragioni di merito. Il decreto con la ripartizio­ne dei fondi, spiegano i giudici amministra­tivi, è arrivato in Gazzetta Ufficiale solo il 5 ottobre di quell’anno, cioè troppo tardi per consentire agli enti locali una programmaz­ione corretta dei loro bilanci. E siccome nel complicato mondo dei conti comunali tutto si tiene, i giudici amministra­tivi colgono le ragioni dell’illegittim­ità proprio nella sentenza costituzio­nale (la 129/2016) che aveva stoppato la spending review di Monti: un taglio «a uno stadio avanzato dell’esercizio finanziari­o - avevano scritto i giudici delle leggi - compromett­erebbe un aspetto essenziale dell’autonomia finanziari­a degli enti locali, cioè la possibilit­à di elaborare correttame­nte il bilancio di previsione».

Dietro alla forma, però, bisogna distinguer­e la sostanza. La battaglia fra Governo e Comuni sulle scadenze per i bilanci di previsione è continua: quest’anno il termine è stato fissato al 31 marzo, i dati sui fondi comunali sono già stati pubblicati dal Viminale ma per essere formalizza­ti in via ufficiale hanno bisogno di un correttivo sui criteri di ripartizio­ne, atteso in un decreto enti locali che sta provando a farsi strada nel caos politico di questi giorni.

La ragione di calendario, però, assorbe una serie di ragioni di merito avanzate dai Comuni sulle modalità di distribuzi­one dei fondi. A partire dal 2014, la divisione delle risorse ha iniziato progressiv­amente ad abban- 7L a «capacità fiscale» di un Comune è rappresent­ata dal gettito dei tributi ottenuto ad aliquota standard, e quindi dipende dalla ricchezza delle basi imponibili. Insieme ai «fabbisogni standard», che misurano il costo corretto delle funzioni fondamenta­li degli enti locali, questo parametro concorre a determinar­e i criteri di distribuzi­one del fondo di solidariet­à comunale. Il meccanismo serve a garantire la perequazio­ne delle risorse, attraverso la quale i Comuni più ricchi sul piano fiscale cedono una quota delle loro entrate a un fondo che finanzia gli enti più poveri donare la spesa storica per abbracciar­e, in quote crescenti, i parametri basati sulla differenza fra capacità fiscali (cioè la possibilit­à per i sindaci di raccoglier­e gettito dalle basi imponibili del territorio) e i «fabbisogni standard» (vale a dire il costo giusto dei servizi fondamenta­li dei Comuni). L’obiettivo è garantire la «perequazio­ne», un meccanismo con cui gli enti più “ricchi” sul piano fiscale aiutano quelli più “poveri”.

A rendere ricca Padova, però, c’è il fatto che il Comune è uno dei pochi ad aver aggiornato le proprie rendite catastali, applicando una norma che la maggioranz­a degli enti locali ha ignorato; a spingere le entrate di Cotronei, invece, ci sono le royalties pagate da una società elettrica per sfruttare l’energia prodotta da un lago artificial­e. In questo modo, contestano i diretti interessat­i, i Comuni più attivi nella gestione delle entrate finiscono per pagare l’inerzia degli altri.

LA MOTIVAZION­E-BASE Il provvedime­nto è arrivato in Gazzetta Ufficiale a ottobre, troppo tardi per garantire l’autonomia finanziari­a nella gestione dei bilanci

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