Il Papa: il male della disoccupazione
Aveva preparato un lungo discorso, ma lo mette da parte. Quando Francesco incontra i giovani fa sempre così. Dialoga, prima di tutto. Ieri mattina è andato all’Università Roma Tre, e davanti a professori e studenti è andato a fondo nel disagio giovanile e nelle prospettive del loro futuro. Che anzitutto è economico, e affonda nella forte disoccupazione, specie in Europa. Serve un mondo concreto, solido, fondato sulla cultura del lavoro. «La liquidità dell’economia toglie la concretezza e la cultura del lavoro, i giovani non sanno cosa fare, perché se non trovo che faccio? Girano, li sfrutta- no, alla fine l’amarezza del cuore porta alle dipendenze, che hanno una radice, o mi porta al suicidio», o, ha aggiunto, «mi porta da un’altra parte e mi arruolo in un esercito terroristico, almeno ho qualcosa da fare e do senso alla mia vita». Parole forti, che si legano alla sua pastorale contro la guerra , tanto che, in un messaggio inviato in giornata ai Movimenti popolari riuniti in California, dice che «nessun popolo è criminale e nessuna religione è terrorista», e non esiste il «terrorismo cristiano né quello ebraico o islamico».
Tornando a Roma Tre ricorda che la guerra è l’estrema conseguenza della mancanza di dialogo, come accade in politica: «Si perde il senso di costruzione e di convivenza sociale in una società dove la politica si è abbassata tanto, e parlo del mondo, non di qui». Guerra e disagio portano a chi fugge da conflitti e fame, come Nour Essa, profuga siriana arrivata a Roma sull’aereo papale in ritorno da Lesbo, e accolta dalla Comunità di Sant’Egidio. Ma quale sarebbe la soluzione per i migranti che «fuggono dalla guerra e dalla fame? Fare la pace e investire nei luoghi di origine, ma soprattutto, per chi arriva, «accogliere, integrare, accompagnare». In questa prospettiva è forte il ruolo dell’università, luogo «dove si può dialogare e c’è posto per tutti». Aggiunge: «Le università di élite, che sono generalmente così dette quelle ideologiche, dove ti insegnano sol- tanto una linea di pensiero, ti preparano per fare un agente di questa ideologia: quella non è una università, dove non c’è dialogo, dove non c’è confronto».
Il rettore Mario Panizza espone la “terza missione” universitaria, che esprime attraverso didattica e ricerca la capacità di aprirsi al mondo e saper interpretare i bisogni di conoscenza e di innovazione. Il Papa è la prima volta che visita una università in Italia, per di più laica, e ha scelto Roma Tre forse per le sue caratteristiche: è una delle più giovani (nata nel 1992), ma già molto affermata dal punto di vista accademico e strettamente legata al suo territorio – Ostiense, Garbatella, adiacente al più centrale Testaccio - una vasta area cittadina che ha visto negli ultimi anni una decisa riqualificazione urbana pur mantenendo la sua vocazione culturale associata alla storica anima popolare.