Il Sole 24 Ore

Cresce lo Stato nelle imprese private

Come cambia la corporate governance nel mercato italiano

- Antonio Criscione

pNel mercato italiano, la quota di proprietà statale delle imprese è più alta di quella ante “privatizza­zioni”. A fine anni ’90 era sceso al 15%, prima delle privatizza­zioni, nel 1990, era del 20%. Oggi il peso dello Stato, nel controllo delle società quotato è invece del 30 per cento.Il dato è stato illustrato ieri nel corso di un convegno in cui sono stati presentati congiuntam­ente i rapporti sulla corporate governance di Consob e Assonime, oltre alle indicazion­i del Comitato stesso(si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Nel corso del convegno è emersa anche l’esigenza di una versione semplifica­ta e “proporzion­ata” delle regole per le societè piccole e medie.

In generale è stato segnato (non senza qualche dissenso) un quadro di evoluzione nel tempo che ha segnato un migliorame­nto dell’informazio­ne societaria. Non capita più come una quindicina di anni fa, come segnala Massimo Belcredi dell’Università Cattolica, che si segnali un consiglio di amministra­zione in cui viene indicato come componente in- dipendente anche l’Ad. E se tra i tanti punti di evoluzione positiva nella trasparenz­a e nella ricognizio­ne delle informazio­ni, uno dei punti in cui gli innesti da ordinament­i esterni non hanno attecchito è quello del comitato nomine, come ha illustrato il rapporto di Assonime ed Emittenti titoli. Poco presente e spesso riassorbit­o in quello per le remunerazi­oni. «Solo un terzo dei board uscenti ha dato una valutazion­e della composizio­ne ottimale del nuovo board», ha sottolinea­to Carmine Di Noia, commissari­o Consob, che a questo proposito ha suggerito un possibile ruolo dei sindaci.

Una questione che ha richiamato la vicenda dei voti di lista. Una vicenda sulla quale Tommaso Corcos, presidente di Assogestio­ni, ha invitato a non valutare una soluzione, che ritiene appunto positiva, a partire da elementi patologici che si possono verificare e richiedono l’intervento del regolatore. E ha ricordato che quando i fondi si uniscono per presentare una lista, anche se raggiungon­o maggioranz­e di voti espressi, si tratta di false maggioranz­e, perché i fondi si riuniscono proprio al fine di presentare liste, ma non sono gestori di società, ma di denaro. E in quanto tali sono interessat­i al corretto andamento delle società. A questo fine 7 Governance è l'organizzaz­ione interna di un'impresa, che regola le relazioni fra i soggetti interni all'impresa stessa che a diverso titolo intervengo­no nello svolgiment­o dell'attività e alle forme di tutela dei diversi interessi esterni coinvolti. L'obiettivo di una buona corporate governance è quello di affidare la gestione dell'impresa alle persone più adatte, tutelando nello stesso tempo gli interessi legittimi di piccoli azionisti, creditori sociali e dipendenti e la trasparenz­a nella gestione. ha citato l’esempio di Eurizon Capital, di cui è Ad, che ha una struttura completame­nte dedicata alla corporate governance.

Gabriele Galateri di Genola, presidente del comitato per la Corporate governance,ha indicato la strada di un «adeguato bilanciame­nto tra regole e autodiscip­lina» per non correre il rischio di limitare «l’autonomia gestionale» delle imprese. E se Maurizio Sella, presidente di Assonime ha richiamato ai principi di flessibili­tà e di trasparenz­a informativ­a che hanno informato il sistema italiano, per il presidente di Consob, Giuseppe Vegas: «Nell’eterno pendolo tra regole e autonomia, questo è il tempo dell’autonomia. Non può essere l’impresa ad adottare comportame­nti che la rendono più attrattiva per il mercato?» Una necessità, secondo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, dovuta anche alla necessità di presentars­i interessan­ti ad un mercato che potrebbe offrire opportunit­à per il post Brexit. Vegas per la sua authority immagina un ruolo più “maieutico”, di dare buoni consigli più che dettare norme.

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