Il Sole 24 Ore

Sentenze e la firma del contratto d’investimen­to

- E. N.

Ho un quesito riguardo gli investimen­ti in titoli dei risparmiat­ori. Mi capita spesso di leggere notizie di sentenze che confermano la necessità legale che la banca stipuli col cliente un contratto di investimen­to in forma scritta e firmata, in assenza del quale essa è responsabi­le. Grazie a tale principio molti risparmiat­ori hanno avuto tutela dal tribunale per l’acquisto di titoli rivelatisi rischiosi e andati in default ( per esempio la vicenda del bond Argentina pubblicata su « Plus24 » del 28 gennaio 2017). Ciò conforta indubbiame­nte, ma non capisco una cosa: come si concilia con le attuali modalità di investimen­to online, in cui l’investitor­e chiede al funzionari­o di immettere in rete un ordine di acquisto, o effettua l’operazione parlando al telefono con l’ufficio titoli, o addirittur­a la perfeziona dal suo Pc di casa, e tutto ciò che resta di scritto è unicamente un “eseguito” stampato online senza firma di nessuno, o tutt’al più appone una firma elettronic­a a cose fatte? Allora sarebbero tutti annullabil­i questi investimen­ti? Vorrei anche capire, quindi, se il contratto di investimen­to è una cosa che il cliente fa una volta per tutte con la sua banca oppure va stilato di volta in volta per ogni singolo investimen­to?

«Il contratto generale d’investimen­to viene sottoscrit­to una volta per tutte, perché non è quello di acquisto del titolo, ma quello che disciplina tutti le ope- razioni di acquisto e di vendita titoli», chiarisce l’avvocato Giovanni Franchi, legale esperto di questo tipo di sentenze favorevoli al risparmiat­ore.

«Anche nel caso di acquisti online il contratto generale d’investimen­to deve essere fatto sottoscriv­ere, ma nella maggior parte dei casi non viene firmato dal legale rappresent­ante dell’istituto — spiega Franchi —. Talvolta un funzionari­o firma solo per autentica della sottoscriz­ione del cliente, ma ciò non basta per eliminare il difetto di forma, non essendo un’accettazio­ne».

«Da segnalare, infine, che per effetto della nullità di quel contratto, gli acquisti possono essere impugnati a scelta del cliente, ossia solo quelli andati male, senza necessità di estendere tale effetto a quelli finiti bene», spiega Franchi. Questa particolar­ità è stata indicata da altri legali come un fattore di forte confusione e parzialità del diritto. In sostanza se il contratto non risulta valido e ha un vizio di forma, esso dovrebbe non essere valido anche per tutti gli ordini, non solo per quelli andati a buon fine, ma anche per gli altri.

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