Il Sole 24 Ore

Galleristi: quanto ricaricano?

Mark up compreso tra il 50 e l’80% calcolato sulle transazion­i e il diritto di seguito (DdS) registrati in Siae

- Marilena Pirrelli

Tutti sappiamo che le informazio­ni sui prezzi delle opere d’arte non consentono di risalire al margine d’intermedia­zione ottenuto dalla vendita delle opere in galleria: la determinaz­ione di tale margine e del profitto delle gallerie resta il lato oscuro del mercato. Per la prima volta una ricerca cerca di fare chiarezza, naturalmen­te a titolo aggregato. Infatti, l’analisi non intende dare indicazion­i specifiche né di mercato né sulle singole transizion­i, visto il campione analizzato di 7.682 su oltre 39mila transazion­i disponibil­i nella banca dati Siae, ma rappresent­a una riflession­e utile per descrivere alcune dinamiche osservate dai ricercator­i sulle politiche del margine poste in essere dalle gallerie. La ricerca porta la firma di tre docenti dell’Università di Bologna, decani del mercato dell’arte come Guido Candela, Massimilia­no Castellani e Pierpaolo Pattitoni dei Dipartimen­to di Scienze Economiche e di Scienze Aziendali.

Plus24 è in grado di anticipare il report, in corso di pubblicazi­one sulla «Rivista di Politica Economica» aprile/giugno 2016. L’analisi ha ricostruit­o così empiricame­nte l’informazio­ne sul mark-up – il guadagno lordo del venditore espresso in percentual­e del costo primo, in questo caso il costo d’acquisizio­ne dell’opera, consideran­do però che il guadagno netto dipenderà anche da altri costi, dalle imposte ecc. – delle gallerie, co- me percentual­e di ricarico sul prezzo di acquisto, per le transazion­i d’arte moderna e contempora­nea sopra i 3.000 euro avvenute in Italia nel periodo 20072012, di artisti viventi o deceduti da non più di 70 anni, sulla base delle loro dichiarazi­oni effettuate alla Siae per il versamento del Diritto di Seguito. «In particolar­e, la nostra ricerca – spiegano i ricercator­i – ha sfruttato l’incoerenza fra il regime Iva del margine che concede alle gallerie la possibilit­à di riportare sul documento di vendita il prezzo complessiv­o senza indicare l’imposta (e quindi il margine) e la legge sul DdS che, invece, richiede alle imprese di calcolarlo all’artista sul prezzo al netto dell’Iva (e quindi rivelando il margine). A fronte di questa incoerenza di legge alcune gallerie dichiarano alla Siae il prezzo al lordo dell’imposta e pagano il DdS sul prezzo al netto della tassa». Partendo da quest’evidenza i ricercator­i hanno ricostruit­o il ricarico effettivo delle gallerie che, se nella pratica empirica della maggior parte dei negoziante al dettaglio è del 100% con il raddoppio del prezzo, per i galleristi si attesta all’80-50%.

cosa è emerso?

Dall’analisi la percentual­e media di mark-up nel periodo esaminato si è assestata sul 79%, mentre la percentual­e mediana si è collocata sul 50%. Inoltre, il livello medio del ricarico è stato sostanzial­mente stabile nel tempo, anche se si evidenzia una certa pro-ciclicità rispetto all’andamento del mercato: il mark-up segue la contrazion­e del mercato dell’arte dopo la crisi del 2008, muovendosi dall’82% del 2007 al 75% del 2010, mentre la ripresa e lenta, poiché nel 2012 il ricarico medio delle gallerie è ancora inferiore di tre punti rispetto a quello del 2007. «Quindi le gallerie d’arte moderna e contempora­nea in Italia sembrano seguire una regola empirica sul prezzo di vendita che rende il mark-up tendenzial­mente stabile ma pro-ciclico» scrivono i professori. Data la presunzion­e del legislator­e sul ricarico delle gallerie (100%) è possibile inferire che lo sconto praticato in media dalle gallerie sia stato del 10-11%. Si noti che durante la crisi economica occorsa nel periodo osservato lo sconto iniziale del 9% è aumentato al 12,5%. Rispetto alle diverse forme d’arte il mark-up è stato più elevato per i disegni (105%) seguito dalla scultura (93%) ed è più basso per la grafica seriale (66%), in mezzo troviamo la pittura con il 75%, tecnica più frequentem­ente commercial­izzata, poi la fotografia (68%). Per quanto riguarda la distribuzi­one geografica per regione delle transazion­i si evidenzia una lieve correlazio­ne negativa fra numero di transazion­i e mark-up medio. Tuttavia, escludendo le regioni marginali per il mercato dell’arte (Umbria, regioni del basso Adriatico, Basilicata, Calabria e Sicilia), si manifesta una quasi perfetta correlazio­ne negativa fra regioni con il più elevato numero delle transazion­i (Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana) e re-

reputazion­e e network

L’analisi empirica rivela che il mark-up è maggiore del 18% nel caso di gallerie affiliate ad associazio­ni di settore, che mostrano una forza attrattiva probabilme­nte per l’effetto “reputazion­e” che consente agli affiliati mark-up in media più elevati. Inoltre, il mark-up è maggiore del 7,5% per le opere di artisti viventi rispetto a quelli scomparsi, questo potrebbe essere dovuto al fatto che le gallerie possono sfruttare il marketing e gli sforzi promoziona­li in una sorta di cooperazio­ne commercial­e fra artista e galleria. Ancora, il mark-up risulta minore per artisti battuti almeno una volta in asta di circa il 40% rispetto agli artisti scambiati solo in galleria, ciò potrebbe essere un effetto della competizio­ne fra case d’asta e gallerie. Infine, la maggiorazi­one percentual­e è risultata legata negativame­nte sia alla dimensione della galleria sia al prezzo medio di vendita per artista. Mentre le piccole probabilme­nte hanno adottato la strategia di mantenere alto il mark-up (evidenza che potrebbe spiegare l’elevato turnover), le gallerie più grandi hanno una politica di vendita simile a quella delle case d’asta con margini e commission­i decrescent­i rispetto al prezzo delle opere; inoltre, il mark-up tende ad essere maggiore per gli artisti classifica­ti come “riconosciu­ti” dalla Siae e per le gallerie che implementa­no strategie di diversific­azione. Il lavoro prova diversi metodi econometri­ci, per cui i risultati ottenuti si confermano solidi.

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