Trump detta ancora il ritmo a Wall Street
Scende lo spread BTp Bund, complice la maggior elasticità mostrata dalla Bce
Sembrerebbe che Wall Street risponda alle promesse di Donald Trump come agli incanti delle sirene. Che il Presidente degli Stati Uniti tagli o meno le tasse in modo massiccio, ad ogni proclama di benevolenza fiscale gli indici di New York si inerpicano all’unisono verso nuovi record. Ormai la Borsa americana sale quasi ininterrottamente dal 2009 e non lo fa più con grandi balzi; spesso le variazioni giornaliere sono contenute in una frazione di punto percentuale, però sono costanti e accompagnate da una volatilità molto bassa. La discussione sulla sostenibilità delle quotazioni delle società Usa è aperta, e si incentra su utili attesi che saranno da testare. Per questo motivo sorprende che sui mercati obbligazionari l’entusiasmo per il rischio non sia altrettanto inossidabile. I titoli di Stato americani, infatti, restano nel radar degli investitori, che scontano un paio di rialzo dei tassi di interesse entro fine anno –il primo probabilmente a giugno - a dispetto delle indicazioni della Federal Reserve che ha parlato di una stretta imminente. I dati macroeconomici giunti in settimana hanno confermato che l’inflazione ha centrato l’obiettivo e l’area industriale atlantica sta lavorando a pieno regime. Eppure i Treasury si mantengono intorno ai livelli di inizio anno, al netto di qualche sbandata, senza registrare timori che i rendimenti vadano fuori mercato per via di tassi più elevati. Anche il dollaro tradisce qualche incertezza sulla possibilità che l’economia a stelle strisce acceleri portandosi dietro il biglietto verde; o meglio, è soggetto a prese di profitto che non si vedono sulle azioni. La pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Banca Centrale Europea, che rivelano l’intenzione di tenere la barra dritta sugli stimoli monetari, non ha favorito la competitività dell’euro, che ha ripreso terreno sul dollaro. Invece l’accenno, registrato nello stesso incontro della Bce, a una maggiore flessibilità negli acquisti delle emissioni governative nell'ambito del piano ultra-espansivo, ha riportato denaro sulle obbligazioni della periferia dell'Eurozona e ha ridotto lo spread (il differenziale di rendimento del Btp sul Bund che misura il premio richiesto dagli acquirenti per investire su titoli meno affidabili) sotto l’1,8% dopo un periodo in zona 2%.