Un possibile stimolo dalla difesa
a settimana scorsa la proposta - o la minaccia - si è fatta più concreta: il segretario al Pentagono James Norman Mattis ha chiarito che l’America si aspetta dagli alleati Nato un contributo del 2% del Pil in spese militari. E nel suo viaggio di debutto in Europa ha aggiunto: «Se questo non succederà dovremo ridurre alcuni dei nostri impegni di difesa in territorio europeo». Sulla carta è una minaccia. Possibile immaginare che l’America riduca postazioni di difesa ora in piccole posizioni a rotazione nei Baltici, ora in imponenti basi militari come quelle che esistono in Germania o in Italia? Possibile che questo lo dica proprio Mattis, un generale che conosce il valore della Nato, considerato una delle voci per la moderazione nell’amministrazione Trump? La richiesta insistente di Donald Trump era su quella falsariga, ma sembrava più una promessa elettorale. Anche perché se è vero che al vertice in Galles di tre anni fa si era deciso di introdurre un contributo minimo del 2% del Pil di ciascun paese da destinare a spese militari, è anche vero che non c’erano scadenze per “mettersi in pari”. Del resto, molti paesi hanno difficoltà di bilancio e non hanno margini per aggiungere un ulteriore 2% di spesa ai bilanci. Prendiamo l’Italia: le autorità europee non volevano riconoscerci flessibilità neppure per le spese post terremoto, per aiutare rifugiati e diseredati. Siamo al limite. Più che aggiungere spesa in una prossima manovra dovremo tagliare altrimenti rischiamo di sforare il 3% del Pil. Come si può i aggiungere un altro 2% che ci porterebbe al 5%? Sanno di cosa stanno parlando gli americani? Forse no. Forse ne fanno solo una questione irragionevole per stanare gli alleati europei, almeno quelli più forti come la Germania. Eppure una possibilità per sbloccare la situazione ci sarebbe, con un beneficio per l’economia. Come? Costringere le autorità europee a fare per la Difesa quello che non si è fatto per il terremoto, a escludere cioè quel 2% di spesa militare dal computo di bilancio che va formare i livelli massimi del 2% nel rapporto Deficit/Pil. Ed ecco che avremmo una manovra di stimolo molto forte. Aggiungere un 2% del Pil in spese militari non vuole dire in spese guerrafondaie, ma messa a punto di certe basi, nuovi acquisti per ammodernare le flotte o ristrutturazioni delle caserme. Se così fosse la richiesta Usa non sarebbe peregrina.