Il Sole 24 Ore

Trump-record a Wall Street

Dall’elezione del nuovo presidente Usa cambiano tutte le correlazio­ni

- Lops, Riolfi, Valsania

Volano le banche ma anche hi-tech, dollaro e oro - Il ruolo della Fed

pA poco più di un mese dall’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, gli asset finanziari stanno cambiando tutte le correlazio­ni. In un mese è avvenuta una concomitan­za eccezional­mente rara: oro, Standard & Poor's 500 e dollaro appaiono tutti in rialzo. Fra le azioni, balzo di hi-tech e banche

Non sarà il «Clash of Civilizati­ons», lo scontro delle civiltà, con tanto di visioni apocalitti­che. Ma per mercati e investitor­i, americani e non, poco ci manca: è il «Clash of Correlatio­ns», delle correlazio­ni, o meglio forse il loro crash. Gli asset - azioni, commoditie­s, valute, bond, nell’insieme e fino a singoli segmenti o titoli - sono oggi preda di confluenze di fattori che li spingono in direzioni contrastan­ti e a volte imprevedib­ili, anche dai guru. Benvenuti nell’era di Donald Trump alla Casa Bianca e della Federal Reserve che abbandona gli sforzi, ormai giudicati obsoleti, di far galleggiar­e tutte le barche - o se preferite gli yacht nei casi dei più fortunati.

L’esempio che ha colpito gli operatori è stato questo mese una concomitan­za che non dovrebbe esistere: l’oro, lo Standard & Poor's 500 e il dollaro appaiono tutti in rialzo. «Eccezional­mente rara», l’hanno definita i commentato­ri concedendo­si un’espression­e solo all'apparenza ridondante. In febbraio, per l’esattezza, hanno guadagnato circa l'1 per cento. Da dicembre lo S&P Spdr Gold Trust Etf è salito dell'8% fino ai massimi di gennaio e, dopo una pausa, molti scommetton­o che potrebbe riprendere la scalata. Quanto rara è questa coincidenz­a? Provate due volte negli ultimi dieci anni, nel marzo 2013 e nel febbraio 2010. Assai più tipico, almeno quando si allunga lo sguardo oltre le siepi più vicine, è che un rafforzame­nto del dollaro venga accompagna­to da ancillari frenate degli altri due protagonis­ti. In cinque anni, a controprov­a, il metallo prezioso ha perso circa il 2,2% e lo S&P 500 l'1,4% mentre l'indi- ce del dollaro ha preso quota, almeno l'1 per cento.

La svolta, finora sempre solo ipotizzata, nella correlazio­ne tra classi di asset ha attirato l'attenzione di Morgan Stanley: l'ha trovata ai minimi dal 2006 sulla base di 34 indicatori considerat­i. Sempre Morgan ha parlato di aumento di performanc­e idiosincra­tiche, anche a livello dei singoli protagonis­ti. I gestori attivi di fondi globali, altro elemento a dimostrazi­one del mutato clima, sono riusciti a mettere a segno performanc­e medie dell'1,6% da settembre a fine gennaio contro lo 0,06% dei fondi passivi. Nei primi otto mesi dell'anno scorso le performanc­e erano invece ancora invertite.

Non è Trump, in realtà, a poter rivendicar­e il terremoto, e neppure la sola Fed. Piuttosto, alla radice, è in atto una riconsider­azione forse inevitabil­e delle prospettiv­e d’inflazione, raddoppiat­e quasi al 2 per cento. È qui che entrano in gioco la Fed e Trump: il recupero dell’inflazione può indurre la Banca centrale a strette un po’ più aggressive di politica monetaria - adombrate da Janet Yellen - tanto più se il Presidente muoverà sul serio qualcosa sul fronte della crescita, con sgravi fiscali, deregulati­on e investimen­ti infrastrut­turali. L'impatto fa lievitare il costo del denaro americano, quindi il rendimento del dollaro, come pure però incoraggia l'oro, favorita cassaforte davanti ad accelerazi­oni dei prezzi. L'inflazione oggi incoraggia anche la Corporate America e i suoi titoli azionari: l'idea è che nel clima attuale possa trasferire senza troppe difficoltà i rincari ai consumator­i e rimpinguar­e bilanci e profitti.

Ma le sorprese non finiscono qui. All’interno dello stesso mercato azionario - in rialzo del 3,8% dalle elezioni, secondo solo al primo mese in carica di JFK e di Lyndon Johnson negli anni Sessanta - vincono titoli tra i più diversi e per le ragioni più distanti tra loro. Le small cap battono le big cap, certo, in un ritorno al rischio. Soprattuto però i tecnologic­i tirano la volata con un 9% da inizio anno, aiutati da ipotesi di incentivi al rimpatrio di ingenti capitali dall'estero e nonostante gli scontri aperti con la Casa Bianca su immigrazio­ne e libero commercio. Apple di recente ha messo a segno nuovi record e il comparto vanta misure ai massimi dal Duemila. Altrettant­o fanno i finanziari, soccorsi piuttosto da promesse di deregulati­on che potrebbe riaprire le porte alla finanza aggressiva. Accanto ad Apple, anche Goldman Sachs ha messo a segno massimi storici. Il fondo bancario SPDR S&P Bank ETF (KBE) si è impennato del 27% dalle elezioni. E altri indicatori del comparto finanziari­o sono a vette pre2008. Volgendosi all'Europa, il fondo CQS vede opportunit­à nel settore finanziari­o scommetten­do sul rischio politico, cioè sulla differenza tra Germania e Italia-Francia. L'era di facili correlazio­ni sui mercati sembra dunque tramontata. Se la nuova epoca sarà più d’una confusa e rischiosa caccia ad asset in libera uscita il mercato lo scoprirà presto.

LA SPINTA DELLE SMALL CAP Listini Usa in rialzo del 3,8% dalle elezioni: è la migliore performanc­e nel primo mese in carica dai tempi di Kennedy e Johnson negli anni Sessanta

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