Le «pulizie di primavera» per l’Italia
Quanto l’Italia produce resta inferiore dell’8% rispetto a ciò che produceva nel 2007, i consumi sono del 5% al disotto, gli investimenti del 28%, l’occupazione del 3%. Si è rischiata la deflazione dei prezzi. La produttività del lavoro è del 5% più bassa.
In altre parole, l’economia italiana ha contemporaneamente sperimentato, vive, un cedimento dell’offerta e un ancor più accentuato cedimento della domanda globale.
Quanto vantato finora non è bastato. L’imperativo è quindi duplice: agire a fondo e presto sia per rianimare la domanda sia per promuovere la produttività. Occorre intervenire almeno su sei fronti:
1.Risanare le pubbliche finanze. Al netto del ciclo il disavanzo è stimato per il 2016 dal Fmi appena al disopra dell’1% del Pil. Germania a parte, nel G7 il bilancio italiano è quello meno lontano dal pareggio strutturale. Ma il pareggio – senza aggettivi – va raggiunto. Solo così il rischio spread sarà annullato e, riprendendosi il Pil nominale, il debito pubblico diminuirà (rispetto al Pil). La pressione tributaria non va inasprita. Bisogna incidere su due voci di uscita corrente: consumi intermedi – tuttora in aumento! – e trasferimenti vari, a famiglie e imprese. La discesa del costo del debito farà il resto.
2.Investire in infrastrutture. Gli investimenti fissi della PA sono crollati: da 45 miliardi di euro nel 2011 a circa 35 nel 2016. Se tornassero a crescere darebbero un impulso formidabile alla domanda globale, perché il loro moltiplicatore è almeno il triplo del de-moltiplicatore delle spese correnti da ridurre. Inoltre, un miglioramento delle infrastrutture più utili alla vita dei cittadini e alle imprese – messa in sicurezza del territorio, R&D, scuola, sanità, trasporti, ICT, utilities – molto contribuirebbe alla produttività del sistema. Se non fossero immediatamente coperti riducendo la spesa corrente, quegli investimenti si autofinanzierebbero comunque in tempi brevi attraverso l’aumento del reddito che attivano.
3.Riscrivere il diritto dell’economia. Nell’insieme, il diritto attuale abbatte di punti percentuali il prodotto per addetto. Prescindendo dal diritto del lavoro, le branche cruciali sono: il diritto societario (più exit e meno voice per le minoranze); il diritto fallimentare (prevenire le insolvenze); il processo civile (più prevedibile nelle pronunce, meno lento nel pervenirvi); le regole e i procedimenti della PA (meno burocratismo nel rapporto Stato/produttori); il diritto della finanza (che tuteli il risparmio, invece di punirlo); il diritto antitrust (che promuova la concorrenza dinamica, a colpi di innovazioni, oltre a tutelare quella statica, affidata al prezzo).
4.Imporre la concorrenza. Senza concorrenza non c’è produttività. I profitti facili appannano la spinta dell’impresa a ricercare l’utile attraverso l’innovazione. Oltre a rendere contendibili i mercati con l’azione antitrust è essenziale evitare che le imprese attendano il profitto dalla moderazione salariale, dalla debolezza del cambio, dai danari pubblici.
5.Correggere la distribuzione del reddito. Un terzo delle famiglie italiane è a fine mese costretto ad attingere al risparmio accumulato o a indebitarsi. Il divario di reddito del Sud resta abissale. Oltre all’iniquità, un’ampia parte della popolazione non è posta nella condizione di contribuire al progresso economico del Paese. Livellare i punti di partenza e le opportunità, equiparare per quantità e qualità i servizi pubblici ai cittadini nel territorio e fra le classi sociali (scuola, sanità, strutture della PA), rendere più progressivo il sistema tributario abbattendo l’evasione: sono queste le vie per innalzare il tasso d’inclusione nelle attività produttive e nella società.
6.Chiarire cos’è l’Europa. L’euro non è il problema. Il non-euro lo sarebbe, per l’Italia micidiale. L’euro, come moneta, è un’ottima moneta: stabile, anche internazionalmente domandata, resistente alla stessa intenzione svalutazionista della Bce. Il problema è il governo, economico e politico, dell’Europa unita. Congelare gli investimenti pubblici nei vincoli di bilancio è masochistico, come Keynes ha chiarito. Va introdotta la Golden Rule. Soprattutto, la Germania deve dire se è disposta o meno a smettere di perseguire la primazia politica in Europa attraverso una posizione creditoria netta verso l’estero ormai prossima a 2mila miliardi di euro. Agli avanzi nella sua bilancia di parte corrente corrisponde uno spreco di risorse per la stessa Germania, tuttavia volto alla subalternità politica dei paesi debitori. L’Europa unita o è tale tra pari o non è.
“Pulizie di primavera” – un omaggio a Joan Robinson – allude all’urgenza di spazzar via la polvere governativa, partitica, mediatica che si è accumulata in anni inconcludenti. Il buon esito finale dipenderà dalla risposta dei produttori. Ma l’economia italiana non potrà tornare a crescere se queste cose continueranno a non farsi.
URGENZA Spazzare via la polvere partitica e mediatica che si è accumulata in anni inconcludenti. Il buon esito dipenderà dalla risposta dei produttori