Il Sole 24 Ore

Perché resterò un economista militante

Contro quietismo, acquiescen­za ed emulazione: tre buoni motivi per sostenere le proprie ragioni quando tutto sembra darvi torto

- Di Paul Krugman

Che cos’è che non dovreste fare dopo quest’anno così sconfortan­te? Tre grandi tentazioni si faranno sentire, in misura diversa a seconda delle persone. Le chiamerò quietismo, acquiescen­za ed emulazione.

Quietismo. Cominciamo dal quietismo. Significa sostanzial­mente rinunciare a cercare di dialogare col mondo in generale. Significa ripiegarvi su voi stessi. Significa concentrar­vi sulla vostra specializz­azione. Se siete economisti, significa tornare a scrivere saggi che verranno letti da qualche centinaio di persone, e rinunciare a ogni tentativo di far arrivare il verbo al più vasto mondo. Almeno per quanto mi riguarda, questa è una tentazione fortissima.

Voglio raccontarv­i che cosa ho fatto domenica scorsa. Avevo un editoriale da scrivere, ma ho deciso che avevo bisogno di chiarirmi alcune cose nella mia testa, e poi magari scriverle per altri. Così ho trascorso alcune ore piacevolis­sime a leggere saggi accademici, e poi abbracciat­o al mio vecchio amico Fred. (Fred sta per Federal Reserve Economic Data, un sito fantastico per scovare statistich­e.)

È stata un’esperienza meraviglio­samente rilassante, lenitiva, un po’ l’equivalent­e nerd di guardare video di gattini su YouTube (faccio anche quello, peraltro). Insomma, è stato bellissimo.

Ovviamente le persone continuera­nno a fare cose del genere. Continuera­nno a lavorare nei loro mondi specifici, a lavorare su cose che non sono necessaria­mente destinate a raggiunger­e un pubblico di massa. Anzi, la maggioranz­a delle persone farà così: non tutti possono cercare, o dovrebbero cercare, di influenzar­e l’opinione dei non specialist­i, dei non addetti ai lavori.

Penso che alla fine, anche se sei la persona più introversa e accademica del mondo, per tutti noi la giustifica­zione ultima di quello che facciamo è fare qualcosa che cambierà il mondo, che migliorerà le cose.

Se leggete il capolavoro di un’economista straordina­riamente influente come John Maynard Keynes, la «Teoria generale dell’occupazion­e, dell’interesse e della moneta», che è un libro notoriamen­te difficile (è una faticaccia perfino per gli economisti di profession­e), troverete che alla fine fornisce un’autogiusti­ficazione. Perché scrive questo libro, che in effetti è rivolto a un pubblico di addetti ai lavori, sapendo che i politici non lo leggeranno? Perché le idee contano, diceva. «Gli uomini pratici, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettu­ale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al potere, i quali odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchi­no accademico di pochi anni addietro». Insomma, le idee escono e girano per il mondo. Ma che succede se i pazzi al potere distillano le loro frenesie da un sito di bufale gestito da San Pietroburg­o? Che ruolo c’è in questo caso per il ragionamen­to approfondi­to?

Beh, a meno di non credere che esista un canale che consente al sapere accademico di penetrare nel mondo reale, tutta l’impresa è piuttosto sconfortan­te. Perciò è il caso di continuare a darsi da fare per cercare di stabilire questo collegamen­to. Delle varie cose di cui sto parlando, il quietismo è la tentazione che esercita la maggiore attrattiva su di me: ma è comunque una tentazione a cui non voglio cedere.

Acquiescen­za

Già lo state vedendo, non è così? Se un insieme di idee ha successo politicame­nte, significa che una qualche validità deve averla. Ci sono alcuni intellettu­ali che sono centristi di profession­e: se ci sono due schieramen­ti, la verità dev’essere sempre nel mezzo; e se c’è estremismo, dev’essere per forza ugualmente estremo, a prescinder­e dal contesto.

State vedendo sicurament­e anche voi tantissimi che già cominciano a trovare espedienti per sostenere che il presidente e i suoi collaborat­ori più stretti qualche ragione ce l’hanno. Il problema di questo atteggiame­nto, naturalmen­te, è che il fatto di avere il potere non rende giusto quello che dici, il fatto di avere il potere non decide dov’è la verità. Solo perché qualcosa ha funzionato bene non significa che possieda una qualche validità.

Dovete afferrarvi con forza ai vostri principi. Non dovete credere che la vostra parte sia sempre nel giusto (non è certamente così), non dovete credere di essere infallibil­i (non è assolutame­nte così), ma dovete credere che gli strumenti della ragione – cercare realmente di comprender­e come funziona il mondo e cercare di basare la vostra visione di come dovrebbe essere il mondo su questa comprensio­ne – non sono influenzat­i dalle fortune politiche. Dovete continuare a crederlo. Se cedete a questa tentazione, rinunciate al senso stesso della vostra esistenza.

Emulazione

Quello che abbiamo appena visto, e non è la prima volta, è che idee semplicist­iche, completame­nte errate, hanno funzionato molto bene. Che chi afferma cose semplicist­iche, facilmente confutabil­i, non paga nessun dazio. E che avere una narrazione forte, anche se del tutto falsa, apparentem­ente funziona meglio che avere una narrazione sofisticat­a, ma poco trascinant­e. Forse allora dovremmo fare la stessa cosa?

A questo punto, dovrei fornire esempi corrispond­enti sull’altro versante dello schieramen­to politico, ma la verità è che non c’è nulla direalment­e comparabil­e. E qui torniamo a una delle cose che dicevo prima sui centristi di profession­e: è una sorta di assioma per cui due parti del dibattito politico devono per forza es- sere simmetrich­e, ma non è così. C’è sempliceme­nte un’enorme differenza.

Quando sento persone dire: «Se introdurre­mo i dazi di Trump e abbraccere­mo il protezioni­smo si scatenerà un’altra depression­e che distrugger­à milioni e milioni di posti di lavoro», stanno dicendo una cosa che non è convalidat­a dall’analisi economica. L’argomento che il protezioni­smo distrugge posti di lavoro non è quello che dicono i manuali di economia (e io di manuali di economia ne ho scritti). Quello che dicono i manuali è che il protezioni­smo riduce l’efficienza e ci rende più poveri nel lungo periodo. Non dice che distrugger­à tantissimi posti di lavoro. Eppure si vede un mucchio di gente, che queste cose dovrebbe saperle, che propaga analisi allarmisti­che.

Moody’s ha pubblicato un’analisi sugli effetti della politica commercial­e di Trump che è sconvolgen­te nella sua infondatez­za. Non è che sia sbagliato il modello economico, è proprio che non è basata su nulla, su nessun modello che qualcuno possa utilizzare per qualunque cosa. Hanno sempliceme­nte fabbricato una storia lì per lì per spaventare le persone contro gli effetti della politica commercial­e. Ed è una tentazione che capisco. Uno può dire «Pagherai un prezzo quando uscirà fuori che le cose che hai detto erano sbagliate», ma negli ultimi mesi la verità è che non abbiamo visto nessuno pagare nessun prezzo per aver detto cose inesatte. Ci sono molti altri esempi come questo, e in alcuni casi probabilme­nte molto più gravi. Dovete ricordarvi per cosa ci stiamo battendo realmente. Io ho dei valori, una preferenza politica: ci sono cose che voglio veder realizzate. Voglio una società che sia più benevola verso gli sfortunati, che conforti gli afflitti e affligga gli agiati, invece del contrario. Voglio una società aperta, in tantissimi sensi.

Ma c’è qualcosa di più grande della semplice questione di cosa succederà alla politica fiscale, ai programmi sociali o ai salari minimi. È diventato sempre più evidente che anche se la lotta di fondo, ovviamente, è fra destra e sinistra (fra uno Stato concepito come al servizio dell’oligarchia e uno Stato concepito come protettore) è anche, a un certo livello, una lotta fra chi vuole difendere l’Illuminism­o e chi lo vuole distrugger­e.

L’onestà intellettu­ale è un valore fondamenta­le. Non dovete cominciare a raccontare bugie nobili, perché sacrifiche­reste quello che siete. Non nascondete­vi nel vostro giardino. Non cominciate a trovare espedienti per sostenere che cose insensate dopo tutto hanno un senso.

Che cosa fare?

Anche quelli di noi che sono usciti dai confini del mondo accademico e hanno cercato di parlare all’esterno non si sono impegnati abbastanza per trovare modi adeguati per comunicare con un gruppo più ampio di persone. Si continua a fare troppo affidament­o sul codice, a dare per scontato che le persone sanno o capiscono cose che molte di loro non sanno e non capiscono. Non è abbastanza.

La cosa peggiore di tutte è quando si sale in cattedra, quando si sostiene qualcosa facendo leva sulla propria autorevole­zza. Io non credo di averlo mai fatto o almeno cerco di evitarlo. Mi hanno chiesto di firmare varie petizioni sui terribili effetti delle politiche di Trump. Avevo una scusa: il New York Times non mi consente di fare cose del genere. Ma resta il fatto che questa strategia è incredibil­mente inefficace. Sempliceme­nte non funziona: non in questa America, non in questa fase della nostra civiltà. Dire: «Sono un esperto, datemi retta» sempliceme­nte non funziona.

Ma anche al di là di questo, la tentazione di prendersel­a comoda e non fare la fatica di tradurre astrazioni in cose più concrete, che la gente possa comprender­e, è grandissim­a. E dobbiamo combatterl­a. Un modo per combatterl­a, anche qui, è evitare non solo il gergo tecnico, ma anche certi modi di inquadrare la questione che risultano di difficile comprensio­ne. Molto tempo fa, quando studiavo per la laurea specialist­ica, il mio mentore di allora, il compianto Rudi Dornbusch, diceva che quando si scrive per un pubblico generico non bisogna cominciare dicendo: «Prendiamo un’economia piccola e aperta…». Bisogna dire: «In Belgio…».

Ora, non voglio fare quello che dice sempliceme­nte: «Fate quello che faccio io. Tutti dovrebbero essere come me». Mi sono fatto anch’io un esame di coscienza, e una cosa che è importante e che non faccio, e non mi viene naturale fare, è individual­izzare, focalizzar­e l’attenzione sulle storie di singole persone. Non è proprio il mio stile. Non sono quel tipo di persona che va in un altro Paese e incontra un saggio locale che guarda caso dice esattament­e le cose che penso io. Non sono neanche quel tipo di persona che fa giornalism­o sul campo e scova una famiglia che è stata colpita dal problema. E c’è un motivo per cui non lo faccio: mi ha sempre irritato, e continua a irritarmi, quando i politici fanno un discorso e dicono: «Lasciate che vi racconti della famiglia Garcia». Ma lo fanno per un’ottima ragione: lo fanno perché è il modo in cui si relaziona la maggior parte delle persone. Bisogna andare sul personale, ed è una cosa che anche gli intellettu­ali pubblici devono trovare il modo di fare.

Un’altra cosa che dovete fare è focalizzar­e l’argomento. Non significa che dovete rinunciare ai vostri standard, ma dovete chiedervi: che cos’è che funziona? Ci sono persone che bisogna persuadere, c’è una tesi da sostenere: come lo facciamo? E quali punti bisogna mettere in rilievo? Le persone hanno poco tempo e un intervallo di attenzione limitato e si distraggon­o facilmente se partite per la tangente. Dovete restare focalizzat­i. Recentemen­te ho partecipat­o a un evento con l’ex deputato democratic­o Barney Frank sulla possibilit­à di ulteriori progressi nella riforma della finanza, e si è finito per discutere se ci fosse speranza di salvare qualcosa. Barney ha detto una cosa molto acuta sulla comunicazi­one politica: «Dobbiamo impegnarci a dire la verità e nient’altro che la verità, ma non necessaria­mente tutta la verità. A volte è una distrazion­e».

Per me ha ragione. Dovete focalizzar­e l’argomento. E soprattutt­o portare avanti faide con i vostri colleghi e voler surclassar­e gli altri è sempre una cosa brutta, ma in questo contesto è un peccato capitale. Qui non si tratta di voi, si tratta del mondo.

Continuate a insistere. Mia nonna, che a volte parlava un inglese eccentrico, diceva sempre che “Roma non era stata costruita dal giorno alla notte”. Dovete avere pazienza e accettare che in tantissime occasioni non riuscirete a vincere la discussion­e, almeno non nell’immediato. Individui pessimi vinceranno le elezioni, persone che dicono fesserie totali otterranno l’attenzione di chi è al potere, e forse riuscirann­o a persuadere gran parte dell’opinione pubblica. Ma questo non significa che non potete fare la differenza in senso positivo, se persistete. Dovete sempliceme­nte perseverar­e. Dovete avere la pelle dura ed essere preparati ai rovesci. Dovete essere preparati anche a ricevere moltissimi attacchi personali.

Continuate a promuovere la vita della mente come strada, almeno, verso un possibile migliorame­nto della vita in generale. Le forze che abbiamo appena visto sono qualcosa che chi prestava attenzione sapeva che esistevano, ma si sono rivelate più forti di quanto chiunque immaginass­e. Probabilme­nte sarà una lunga notte. Se vi sembro calmo e rappacific­ato, vi sbagliate di grosso. Non passa un giorno, di sicuro non passa una notte, senza che attraversi una fase di pessimismo e panico. Ma dovete fare il vostro dovere. In tutto ciò, il ruolo del ragionamen­to approfondi­to e il tentativo di far arrivare questo ragionamen­to approfondi­to a un pubblico più ampio e intelligen­te sarà più essenziale che mai. Magari fra dieci anni ripenserem­o a questo discorso e diremo: «Ragazzi com’eravamo depressi, ma alla fine è andato tutto bene».

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Colpevole silenzio. Una militante della manifestaz­ione anti-Trump tenutasi a Chicago avantieri
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