Perché resterò un economista militante
Contro quietismo, acquiescenza ed emulazione: tre buoni motivi per sostenere le proprie ragioni quando tutto sembra darvi torto
Che cos’è che non dovreste fare dopo quest’anno così sconfortante? Tre grandi tentazioni si faranno sentire, in misura diversa a seconda delle persone. Le chiamerò quietismo, acquiescenza ed emulazione.
Quietismo. Cominciamo dal quietismo. Significa sostanzialmente rinunciare a cercare di dialogare col mondo in generale. Significa ripiegarvi su voi stessi. Significa concentrarvi sulla vostra specializzazione. Se siete economisti, significa tornare a scrivere saggi che verranno letti da qualche centinaio di persone, e rinunciare a ogni tentativo di far arrivare il verbo al più vasto mondo. Almeno per quanto mi riguarda, questa è una tentazione fortissima.
Voglio raccontarvi che cosa ho fatto domenica scorsa. Avevo un editoriale da scrivere, ma ho deciso che avevo bisogno di chiarirmi alcune cose nella mia testa, e poi magari scriverle per altri. Così ho trascorso alcune ore piacevolissime a leggere saggi accademici, e poi abbracciato al mio vecchio amico Fred. (Fred sta per Federal Reserve Economic Data, un sito fantastico per scovare statistiche.)
È stata un’esperienza meravigliosamente rilassante, lenitiva, un po’ l’equivalente nerd di guardare video di gattini su YouTube (faccio anche quello, peraltro). Insomma, è stato bellissimo.
Ovviamente le persone continueranno a fare cose del genere. Continueranno a lavorare nei loro mondi specifici, a lavorare su cose che non sono necessariamente destinate a raggiungere un pubblico di massa. Anzi, la maggioranza delle persone farà così: non tutti possono cercare, o dovrebbero cercare, di influenzare l’opinione dei non specialisti, dei non addetti ai lavori.
Penso che alla fine, anche se sei la persona più introversa e accademica del mondo, per tutti noi la giustificazione ultima di quello che facciamo è fare qualcosa che cambierà il mondo, che migliorerà le cose.
Se leggete il capolavoro di un’economista straordinariamente influente come John Maynard Keynes, la «Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta», che è un libro notoriamente difficile (è una faticaccia perfino per gli economisti di professione), troverete che alla fine fornisce un’autogiustificazione. Perché scrive questo libro, che in effetti è rivolto a un pubblico di addetti ai lavori, sapendo che i politici non lo leggeranno? Perché le idee contano, diceva. «Gli uomini pratici, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al potere, i quali odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro». Insomma, le idee escono e girano per il mondo. Ma che succede se i pazzi al potere distillano le loro frenesie da un sito di bufale gestito da San Pietroburgo? Che ruolo c’è in questo caso per il ragionamento approfondito?
Beh, a meno di non credere che esista un canale che consente al sapere accademico di penetrare nel mondo reale, tutta l’impresa è piuttosto sconfortante. Perciò è il caso di continuare a darsi da fare per cercare di stabilire questo collegamento. Delle varie cose di cui sto parlando, il quietismo è la tentazione che esercita la maggiore attrattiva su di me: ma è comunque una tentazione a cui non voglio cedere.
Acquiescenza
Già lo state vedendo, non è così? Se un insieme di idee ha successo politicamente, significa che una qualche validità deve averla. Ci sono alcuni intellettuali che sono centristi di professione: se ci sono due schieramenti, la verità dev’essere sempre nel mezzo; e se c’è estremismo, dev’essere per forza ugualmente estremo, a prescindere dal contesto.
State vedendo sicuramente anche voi tantissimi che già cominciano a trovare espedienti per sostenere che il presidente e i suoi collaboratori più stretti qualche ragione ce l’hanno. Il problema di questo atteggiamento, naturalmente, è che il fatto di avere il potere non rende giusto quello che dici, il fatto di avere il potere non decide dov’è la verità. Solo perché qualcosa ha funzionato bene non significa che possieda una qualche validità.
Dovete afferrarvi con forza ai vostri principi. Non dovete credere che la vostra parte sia sempre nel giusto (non è certamente così), non dovete credere di essere infallibili (non è assolutamente così), ma dovete credere che gli strumenti della ragione – cercare realmente di comprendere come funziona il mondo e cercare di basare la vostra visione di come dovrebbe essere il mondo su questa comprensione – non sono influenzati dalle fortune politiche. Dovete continuare a crederlo. Se cedete a questa tentazione, rinunciate al senso stesso della vostra esistenza.
Emulazione
Quello che abbiamo appena visto, e non è la prima volta, è che idee semplicistiche, completamente errate, hanno funzionato molto bene. Che chi afferma cose semplicistiche, facilmente confutabili, non paga nessun dazio. E che avere una narrazione forte, anche se del tutto falsa, apparentemente funziona meglio che avere una narrazione sofisticata, ma poco trascinante. Forse allora dovremmo fare la stessa cosa?
A questo punto, dovrei fornire esempi corrispondenti sull’altro versante dello schieramento politico, ma la verità è che non c’è nulla direalmente comparabile. E qui torniamo a una delle cose che dicevo prima sui centristi di professione: è una sorta di assioma per cui due parti del dibattito politico devono per forza es- sere simmetriche, ma non è così. C’è semplicemente un’enorme differenza.
Quando sento persone dire: «Se introdurremo i dazi di Trump e abbracceremo il protezionismo si scatenerà un’altra depressione che distruggerà milioni e milioni di posti di lavoro», stanno dicendo una cosa che non è convalidata dall’analisi economica. L’argomento che il protezionismo distrugge posti di lavoro non è quello che dicono i manuali di economia (e io di manuali di economia ne ho scritti). Quello che dicono i manuali è che il protezionismo riduce l’efficienza e ci rende più poveri nel lungo periodo. Non dice che distruggerà tantissimi posti di lavoro. Eppure si vede un mucchio di gente, che queste cose dovrebbe saperle, che propaga analisi allarmistiche.
Moody’s ha pubblicato un’analisi sugli effetti della politica commerciale di Trump che è sconvolgente nella sua infondatezza. Non è che sia sbagliato il modello economico, è proprio che non è basata su nulla, su nessun modello che qualcuno possa utilizzare per qualunque cosa. Hanno semplicemente fabbricato una storia lì per lì per spaventare le persone contro gli effetti della politica commerciale. Ed è una tentazione che capisco. Uno può dire «Pagherai un prezzo quando uscirà fuori che le cose che hai detto erano sbagliate», ma negli ultimi mesi la verità è che non abbiamo visto nessuno pagare nessun prezzo per aver detto cose inesatte. Ci sono molti altri esempi come questo, e in alcuni casi probabilmente molto più gravi. Dovete ricordarvi per cosa ci stiamo battendo realmente. Io ho dei valori, una preferenza politica: ci sono cose che voglio veder realizzate. Voglio una società che sia più benevola verso gli sfortunati, che conforti gli afflitti e affligga gli agiati, invece del contrario. Voglio una società aperta, in tantissimi sensi.
Ma c’è qualcosa di più grande della semplice questione di cosa succederà alla politica fiscale, ai programmi sociali o ai salari minimi. È diventato sempre più evidente che anche se la lotta di fondo, ovviamente, è fra destra e sinistra (fra uno Stato concepito come al servizio dell’oligarchia e uno Stato concepito come protettore) è anche, a un certo livello, una lotta fra chi vuole difendere l’Illuminismo e chi lo vuole distruggere.
L’onestà intellettuale è un valore fondamentale. Non dovete cominciare a raccontare bugie nobili, perché sacrifichereste quello che siete. Non nascondetevi nel vostro giardino. Non cominciate a trovare espedienti per sostenere che cose insensate dopo tutto hanno un senso.
Che cosa fare?
Anche quelli di noi che sono usciti dai confini del mondo accademico e hanno cercato di parlare all’esterno non si sono impegnati abbastanza per trovare modi adeguati per comunicare con un gruppo più ampio di persone. Si continua a fare troppo affidamento sul codice, a dare per scontato che le persone sanno o capiscono cose che molte di loro non sanno e non capiscono. Non è abbastanza.
La cosa peggiore di tutte è quando si sale in cattedra, quando si sostiene qualcosa facendo leva sulla propria autorevolezza. Io non credo di averlo mai fatto o almeno cerco di evitarlo. Mi hanno chiesto di firmare varie petizioni sui terribili effetti delle politiche di Trump. Avevo una scusa: il New York Times non mi consente di fare cose del genere. Ma resta il fatto che questa strategia è incredibilmente inefficace. Semplicemente non funziona: non in questa America, non in questa fase della nostra civiltà. Dire: «Sono un esperto, datemi retta» semplicemente non funziona.
Ma anche al di là di questo, la tentazione di prendersela comoda e non fare la fatica di tradurre astrazioni in cose più concrete, che la gente possa comprendere, è grandissima. E dobbiamo combatterla. Un modo per combatterla, anche qui, è evitare non solo il gergo tecnico, ma anche certi modi di inquadrare la questione che risultano di difficile comprensione. Molto tempo fa, quando studiavo per la laurea specialistica, il mio mentore di allora, il compianto Rudi Dornbusch, diceva che quando si scrive per un pubblico generico non bisogna cominciare dicendo: «Prendiamo un’economia piccola e aperta…». Bisogna dire: «In Belgio…».
Ora, non voglio fare quello che dice semplicemente: «Fate quello che faccio io. Tutti dovrebbero essere come me». Mi sono fatto anch’io un esame di coscienza, e una cosa che è importante e che non faccio, e non mi viene naturale fare, è individualizzare, focalizzare l’attenzione sulle storie di singole persone. Non è proprio il mio stile. Non sono quel tipo di persona che va in un altro Paese e incontra un saggio locale che guarda caso dice esattamente le cose che penso io. Non sono neanche quel tipo di persona che fa giornalismo sul campo e scova una famiglia che è stata colpita dal problema. E c’è un motivo per cui non lo faccio: mi ha sempre irritato, e continua a irritarmi, quando i politici fanno un discorso e dicono: «Lasciate che vi racconti della famiglia Garcia». Ma lo fanno per un’ottima ragione: lo fanno perché è il modo in cui si relaziona la maggior parte delle persone. Bisogna andare sul personale, ed è una cosa che anche gli intellettuali pubblici devono trovare il modo di fare.
Un’altra cosa che dovete fare è focalizzare l’argomento. Non significa che dovete rinunciare ai vostri standard, ma dovete chiedervi: che cos’è che funziona? Ci sono persone che bisogna persuadere, c’è una tesi da sostenere: come lo facciamo? E quali punti bisogna mettere in rilievo? Le persone hanno poco tempo e un intervallo di attenzione limitato e si distraggono facilmente se partite per la tangente. Dovete restare focalizzati. Recentemente ho partecipato a un evento con l’ex deputato democratico Barney Frank sulla possibilità di ulteriori progressi nella riforma della finanza, e si è finito per discutere se ci fosse speranza di salvare qualcosa. Barney ha detto una cosa molto acuta sulla comunicazione politica: «Dobbiamo impegnarci a dire la verità e nient’altro che la verità, ma non necessariamente tutta la verità. A volte è una distrazione».
Per me ha ragione. Dovete focalizzare l’argomento. E soprattutto portare avanti faide con i vostri colleghi e voler surclassare gli altri è sempre una cosa brutta, ma in questo contesto è un peccato capitale. Qui non si tratta di voi, si tratta del mondo.
Continuate a insistere. Mia nonna, che a volte parlava un inglese eccentrico, diceva sempre che “Roma non era stata costruita dal giorno alla notte”. Dovete avere pazienza e accettare che in tantissime occasioni non riuscirete a vincere la discussione, almeno non nell’immediato. Individui pessimi vinceranno le elezioni, persone che dicono fesserie totali otterranno l’attenzione di chi è al potere, e forse riusciranno a persuadere gran parte dell’opinione pubblica. Ma questo non significa che non potete fare la differenza in senso positivo, se persistete. Dovete semplicemente perseverare. Dovete avere la pelle dura ed essere preparati ai rovesci. Dovete essere preparati anche a ricevere moltissimi attacchi personali.
Continuate a promuovere la vita della mente come strada, almeno, verso un possibile miglioramento della vita in generale. Le forze che abbiamo appena visto sono qualcosa che chi prestava attenzione sapeva che esistevano, ma si sono rivelate più forti di quanto chiunque immaginasse. Probabilmente sarà una lunga notte. Se vi sembro calmo e rappacificato, vi sbagliate di grosso. Non passa un giorno, di sicuro non passa una notte, senza che attraversi una fase di pessimismo e panico. Ma dovete fare il vostro dovere. In tutto ciò, il ruolo del ragionamento approfondito e il tentativo di far arrivare questo ragionamento approfondito a un pubblico più ampio e intelligente sarà più essenziale che mai. Magari fra dieci anni ripenseremo a questo discorso e diremo: «Ragazzi com’eravamo depressi, ma alla fine è andato tutto bene».