Il Sole 24 Ore

L’impegno americano e gli obblighi dell’Europa

- Alberto Negri

C’è qualche cosa di nuovo e di antico sul fronte occidental­e. Il generale James Mattis, segretario alla Difesa, questa settimana ha delineato il nuovo “arco dell’instabilit­à” che va dall’Est Europa al Mediterran­eo passando per il Medio Oriente fino all’Asia: una definizion­e che ne rievoca un'altra, l’”arco della crisi” reso celebre nel 1978 dal capo della sicurezza nazionale Brzezinski, l’architetto della guerra dei mujaheddin in Afghanista­n contro l’Urss, quando gli integralis­ti erano i “nostri eroi” e non i “barbari” dell’Isis. Ma questa volta, a differenza del secolo scorso, terrorismo e migrazioni sono entrati nel cuore dell’Europa.

Il generale Mattis, combattent­e in Afghanista­n e a Falluja in Iraq, autore con Petraeus di un manuale sulla controguer­riglia, oltre a conoscere i conflitti è forse l’unico alla Casa Bianca, dopo il silurament­o di Flynn per gli abboccamen­ti con Mosca, a possedere una visione strategica. Gli altri sono orecchiant­i.

Per condurre le guerre a vantaggio degli Stati Uniti, sul piano militare ed economico, Mattis sa che ha bisogno degli alleati di sempre, gli europei, e che gli europei dovranno pagare di più per l’ombrello americano e Nato: o si aumentano le spese per la difesa (l’obiettivo del 2% del Pil costerà 100 miliardi di dollari a 22 Paesi europei), come ha promesso ieri la cancellier­a Merkel, oppure si aumentano le truppe sul campo. Ed è quello che ha fatto l’Italia presente in Iraq con 1.500 uomini, il secondo contingent­e dopo quello Usa. Una parte è asserragli­ata a guardia dei lavori alla diga di Mosul, postazione surreale a metà tra il Deserto dei Tartari di Buzzati e la trappola all’irachena. Nel conto delle missioni estere sono compresi 900 soldati a Herat, ai confini con l’Iran, Paese chiave per le nostre commesse, e il contingent­e in Libano che consente una prospettiv­a ravvicinat­a del triangolo SiriaLiban­o-Israele. Oggi tra l’altro a Monaco, per una singolare coincidenz­a, israeliani e iraniani siederanno per la prima volta allo stesso tavolo.

La presenza militare però non basta a ottenere assicurazi­oni sulla Libia, la nostra pompa di gas e benzina, trampolino di lancio dei migranti, dove dovremo arrivare a patti con l’Egitto, la Russia e forse i Fratelli Musulmani per tenere insieme i pericolant­i interessi nazionali.

Di nuovo, ma non troppo, c’è un'altra sconfessio­ne di Trump in politica estera. In campagna elettorale aveva definito la Nato «obsoleta» e adesso in pochi giorni è tornata di moda, anche se l’Europa dovrà allargare i cordoni della borsa. Il sostegno Usa alla Nato è «incrollabi­le» ha detto il vicepresid­ente americano Mike Pence alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco. Si torna all’antico, compresa la contrappos­izione con Mosca che, come ha detto Pence, verrà incalzata sull’Ucraina, dossier sempre più incandesce­nte.

La correzione di rotta era stata preceduta dal discorso di Mattis alla Nato e poi dal segretario di Stato Rex Tillerson nell’incontro con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, al quale ha detto al G-20 di Bonn che una cooperazio­ne militare con Mosca è impossibil­e finché la Russia non riconosce «che non tutta l’opposizion­e siriana è formata da terroristi», ovvero fino a quando i russi, Assad e gli iraniani non accetteran­no un compromess­o con le fazioni sostenute da sauditi e monarchie del Golfo, i grandi acquirenti di armi americane. Anche qui “business as usual”.

La fatale attrazione TrumpPutin potrebbe raffreddar­si davanti alla realpoliti­k: bisogna tenersi buoni i clienti degli Usa e comunque ci vuole un nemico per far lavorare l’industria bellica. Quello cinese è sfuggente, il russo è a portata di mano. Il primo segretario della Nato Lord Ismay, consiglier­e di Churchill, sintetizzò nel ’49 la funzione dell’Alleanza con uno slogan efficace: «Tenere fuori la Russia, dentro gli americani e i tedeschi sotto controllo». Lavrov ha intuito il ritorno all’antico dichiarand­o a Monaco che «la Nato è ancora un’istituzion­e della guerra fredda». L’”arco dell'instabilit­à” di Mattis è fluttuante ma poggia su solide certezze, che gli europei si preparano a pagare.

L’ARCO DELL’INSTABILIT­À Nella definizion­e del capo del Pentagono Mattis comprende l’Est Europa, Mediterran­eo, Medio Oriente e Asia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy