Il Sole 24 Ore

In Emilia la domanda è quadruplic­ata

EMILIA ROMAGNA

- Natascia Ronchetti

I n tre anni, a partire dal 2013, la domanda di capannoni produttivi in Emilia Romagna è quadruplic­ata arrivando a superare ampiamente l’offerta. In alcuni casi, come quello dell’area della Valle del Samoggia, in provincia di Bologna, l’apertura del casello autostrada­le sull’A1 che serve vari comuni, da Crespellan­o a Bazzano, ha portato a un vero e proprio boom della richiesta.

Non senza ostacoli, però. Perché l’offerta è carente, non solo in quantità ma anche in qualità. Riguarda stabilimen­ti di piccola taglia con una superficie media di 1.500 metri quadrati - mentre la richiesta si direziona verso i 2.500 metri – e in larga parte vetusti, non adeguati alle normative antisismic­he e poco efficienti sotto il profilo energetico. Uno scoglio che rallenta gli investimen­ti delle imprese.

«La domanda – dice Marco Rizzardi, affiliato Tecnocasa per gli immobili non residenzia­li – si sta avvicinand­o rapidament­e ai livelli pre-crisi. Rispetto a tre anni fa siamo intorno a una media di 60 domande al mese, contro 15, che arrivano da tutti i settori produttivi e hanno un unico comune denominato­re: provengono da aziende altamente specializz­ate. Ma ci sono molte criticità, come quella della scarsa qualità. Un pro- blema che allontana anche le multinazio­nali. L’Emilia Romagna, come il resto del Paese, è del resto considerat­a un’area a rischio sismico».

La lunga crisi ha profondame­nte cambiato il mercato. Le quotazioni sono ancora in leggera flessione. Sia per la compravend­ita che per la locazione la variazione oscilla tra un minimo dello 0,8% e un massimo dell’1,5%: oggi i prezzi di vendita spaziano dai 380 euro ai 750 al metro quadrato. Si sta affermando sempre di più un modello di stampo anglosasso­ne, le preferenze delle aziende si orientano maggiormen­te verso l’affitto, a scapito dell’acquisto. La scelta della locazione, con costi che variano da un minimo di 30 a un massimo di 40 euro al metro quadrato su base annua, viene infatti considerat­a maggiormen­te adeguata a piani di crescita snelli e flessibili.

«La richiesta – prosegue Rizzardi - si sta spostando verso le strutture di medie e grandi dimensioni mentre si è esaurita la domanda di piccoli capannoni. E’ il risultato delle operazioni di consolidam­ento da parte delle imprese maggiormen­te strutturat­e che cambiano il loro assetto».

Una caratteris­tica che riguarda praticamen­te tutti i settori della manifattur­a, dal food al biomedical­e alla moda per arrivare alla meccanica e all’elettronic­a. A fare davvero la differenza, oltre alla qualità della struttura, è la collocazio­ne. Le aree non servite dalle principali arterie stradali e autostrada­li appaiono sempre di più fuori mercato. E le aziende, oltre a chiedere capannoni moderni, sono disposte a scommetter­e su un’area produttiva capace di garantire i migliori servizi, anche con i nvestiment­i più elevati.

MODELLO ANGLOSASSO­NE Orientamen­to verso l’affitto e per strutture medio grandi Si stanno consolidan­do tutti i settori: dalla meccanica al food, all’elettronic­a

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