Avere 360 cer velli in testa
La corteccia cerebrale umana, l a materia grigia, è l’artefice di tutti i processi sensori e motori e delle attività mentali. Quando, alcuni anni fa, si riuscì a contare con precisione i neuroni del cervello dell’uomo, si rimase sorpresi che siano 86 e non 100-120 miliardi, come era dato per scontato, e che nella corteccia ce ne siano solo 16 miliardi.
Gli altri 70 sono stipati nel cervelletto, la cui funzione principale è l’armonia dei movimenti, che, quando i nostri antenati quadrupedi saltavano da un albero all’altro, era verosimilmente più importante di ora. Il cervelletto è coinvolto anche nella coscienza del tempo e dello spazio.
Uno dei campi di lavoro della neurobiologia è di capire come relativamente pochi neuroni possano eseguire un numero pressoché infinito di funzioni complesse e diverse, mantenendo una sostanziale stabilità morfologica e funzionale. A che cosa devono i neuroni corticali la loro efficienza, che fa di noi ciò che siamo? Già nella seconda metà dell’ 800 era noto che la corteccia è strutturata in aree o mappe sulla base di caratteristiche funzionali (sensibilità, motilità, linguaggio, ecc), e per topografia.
All’inizio del secolo scorso l’anatomico
tedesco Korbinian Brodmann propose la « mappatura » del cervello, nel senso di una differenziazione regionale delle funzioni corticali « auf Grund des Zellenbaues » , cioè della citoarchitettura. Ancora oggi i numeri che indicano le 52 aree corticali di Brodmann ( ad esempio 44 e 45 per l’area della produzione del linguaggio, 22 della sua comprensione, ecc.) si usano per localizzare orientativamente una lesione cerebrale o un approccio chirurgico. Il criterio
della mappatura, ancor oggi valido, è che se le aree hanno funzioni diverse, diversa deve essere la loro architettura generale.
Nella loro varietà, verosimilmente, si trova una delle ragioni, se non la più rilevante, delle prestazioni dei neuroni corticali umani. Le risonanze magnetiche ad alta risoluzione consentono oggi di circoscrivere mappe funzionali in cervelli vivi, in modo da seguire che cosa cambia morfologicamente e funzionalmente quando un’area diventa attiva.
Il criterio di individuazione di un’area è una sua caratteristica ( fra le molte), chiamata modalità: ad esempio, la densità dei neuroni o dei recettori delle molecole di vari neurotrasmettitori, la densità della mielina che circonda ogni neurone e ogni assone determinando lo spessore della corteccia, le connessioni a media e lunga distanza con altre aree, la specializzazione funzionale ultraspecifica, ecc.
Si è visto, ad esempio, che una delle modalità delle aree coinvolte nel linguaggio è di avere meno mielina della media. La risonanza magnetica funzionale è in grado di rilevare la modificazione dell’apporto sanguigno in aree corticali impegnate in compiti mentali e di tutto il cervello anche nello stato di cosiddetto riposo, cosiddetto perché aree del cervello sono attive anche durante il sonno. Si è così potuta distinguere, ad esempio, l’area frontale del ragionamento induttivo da quella del ragionamento deduttivo.
Con la procedura della modalità unica fu «parcellizzata»; la corteccia in 18 reti, con discrete variazioni i ndividuali (D. Wang et al. Nature Neuroscience 18, 1853-1860,2015). Matthew Gasser, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di St. Louis e i suoi numerosi collaboratori americani, i nglesi ed olandesi, hanno ampliato l’indagine, esaminando il cervello di 210 volontari giovani e sani con risonanze magnetiche ad alta risoluzione. Essi hanno cercato il tracciato elettrochimico di funzioni e comportamenti, circoscrivendo ogni area non per una modalità - come fino ad allora - ma per 4 : la morfologia, la funzione specifica, le connessioni a breve, media e lunga distanza, e la loca lizzazione.
Il vantaggio della tecnica è di ridurre al minimo l’errore di confini incerti o sbagliati fra le mappe ( il confine di un’area secondo una sola modalità non sarebbe sufficientemente affidabile), e di poter individuare molte mappe specifiche. La diversa densità della mielina, ad esempio, ha con sentito di distinguere le aree della sensibilità al tatto da quelle del dolore nella mappa, che le comprende tutte, della corteccia somatosensoriale. Risonanze magnetiche funzionali consentono inoltre tracciare confini netti fra aree della corteccia visiva primaria diversamente coinvolte negli stadi iniziali della visione. Fino ad ora Gasser e Coll. hanno individuato 180 aree corticali con funzioni specifiche in ogni emisfero. Esse sono le unità funzionali altamente specializzate della corteccia.
Le parcellizzazioni della corteccia prefrontale e di quella parietale, dove si elaborano la maggior parte degli eventi della coscienza e dell’autocoscienza, di cui ancora si sa poco, potrebbero fornire dati di grande interesse. In virtù della parcellizzazione corticale, i neuroni compensano la loro relativa scarsità con una specializzazione morfologica e funzionale che consente loro di produrre gli eventi unicamente umani dell’autocoscienza.
La ricerca, agli inizi ma molto promettente, potrebbe portare ad una maggior comprensione del funzionamento generale del cervello umano e fornire dati circa causa e decorso di malattie neurologiche di cui si sa ancora poco o nulla (come la malattia di Alzheimer). Non ci si può comunque illudere che la conoscenza di come funzionano i 360 cervellini che portiamo in testa chiarisca i meccanismi della coscienza.
M.F. Glasser, Th.S. Coalson, et al, A multi-modal parcellation of human cerebral cortex doi:10.1038/nature 18933
B. T. Th. Yed, S. B. Eickhoff, A modern map of the human cerebral cortex, Nature oi: 10.1038/ nature18914