Rileggere Croce
Corrado Ocone, pubblicista e studioso di Croce, ha scritto un pregevole libricino su la Attualità di Benedetto Croce. Che «attualità» sia un termino ambiguo lo riconosce lo stesso autore del libricino in questione, ma che dal dopoguerra in poi la lezione di Croce sia stata trascurata in Italia mi pare evidente. Non è cattiva idea allora –anche in occasione del recente centocinquantenario della nascita del filosofo napoletano- riprendere a leggerlo con nuova lena e se possibile sottrarlo all’isolamento cui è stato troppo a lungo condannato.
Ocone divide il lavoro tutto di Croce in tre fasi, dove alla prima sistematica, ispirata alla teoria dei distinti, segue una seconda più politica, dove il liberalismo emerge in chiave anti-fascista. A queste due fasi già note agli studiosi, ne seguirebbe poi una terza caratterizzata dal predominio dello storicismo assoluto e del vitalismo nella filosofia di Croce. Quest’ultima fase vede il pensiero anti-metafisico di Croce giungere ai suoi estremi allorché si identifica la realtà con la storia e la filosofia con la metodologia della storiografia. Sembra rilevante anche sottolineare il ruolo di Croce nell’ambito dell’ideologia italiana, con il suo liberalismo nemico sia del fascismo che del comunismo, in nome dell’ostilità a ogni forma di totalitarismo.
Sarà proprio questa ostilità al totalitarismo nel suo insieme e l’affinità ai grandi autori anti-totalitaristi europei, come Orwell e Popper tra gli altri, a scatenare contro di lui l’avversione del comunisti italiani dopo il 1945, seguiti in questo e in maniera meno comprensibile dalla cultura azionista. Questo è un costo che il paese ha pagato alla egemonia della sinistra, costruita con pazienza dal PCI di Togliatti sulla scorta di Gramsci. Ottima poi appare l’idea di insistere sul riconoscimento internazionale che il pensiero di Croce ebbe ai tempi suoi in Europa e nell’Occidente tutto.
Non si può dimenticare quanto Croce conoscesse il pensiero europeo tra le due guerre e quanto al tempo stesso ne fosse parte integrante. La corrispondenza con Hayek, che Ocone ricorda, ne è una tra le numerose testimonianze, come il fatto incredibile (oggi, ma non allora!) che Croce stesso non riuscisse a fare pubblicare un grande come Hayek stesso da editori quali Laterza e Einaudi.
Di notevole interesse, a parer mio, anche la distinzione tra «stato», concepito come una necessità politica, e «patria» (e non «nazione»), vista invece come un’entità da amare. In sostanza, pur con qualche eccesso apologetico di cui Croce non ha bisogno, Ocone ha il merito di avere scritto in buon italiano un saggio utile e facile da leggere. Il messaggio finale è chiaro: provinciale non era di certo Croce, tutt’al più lo sarà stato invece chi non lo ha capito, non lo ha preso sul serio o ne ha seguito la lezione in maniera sciatta e superficiale.
Corrado Ocone, Attualità di Benedetto Croce, Castelvecchi, Roma, pagg. 57, € 11,50