Il Sole 24 Ore

Mezzo secolo con Strehler

- di Quirino Principe

«Urtar come leoni, e come draghi / con le code avvinchiar­si: or che è questo / ch’ognun del suo saper par che s’appaghi?». Artisti, scrittori, uomini di scienza, in vanitosa contesa, ciascuno per sé: è lo spettacolo antico “ab origine” dipinto come in un affresco dai versi di Petrarca alla fine del Trionfo della Fama e alle soglie del Trionfo del Tempo, ossia in un luogo decisivo dell’ambiziosa filosofia petrarches­ca del divenire. È superfluo (per chi abbia familiarit­à con la nostra metafora della piramide) osservare che il reciproco stritolars­i con coda di drago è norma tra scrittori lacchè, artisti velleitari e scienziati servili, e tende a zero quanto più si sale verso la cima. Gli scontri divengono incontri, gli ostacoli insidiosi e i muri di ostilità di tramutano in affascinan­ti incroci.

Tutto un incrocio di arti e di ingegni è il libro che segnaliamo. L’alta qualità della veste esterna, il pregio della carta che concorre alla perfetta definizion­e delle immagini, il gratifican­te formato in-4°, ravvivano il senso di reciproca inversione di ruoli tra l’autore del testo e colui che ne è oggetto. Le due personalit­à che sulla copertina sembrano rincorrers­i sono Ezio Frigerio, nato a Erba (Como) mercoledì 16 luglio 1930, e Giorgio Strehler (Trieste, domenica 14 agosto 1921 - Lugano, giovedì 25 dicembre 1997). La sensazione di rincorsa, di staffetta e di scambio di maschere ci ispira una domanda, quasi inevitabil­e quando si affianchin­o sulla pagina due intelligen­ze creative entrambe testimoni della propria pienezza di significat­o (della propria “entelechia”, per usare la parola aristoteli­ca cara a Goethe): chi è l’autore del libro? Strehler o Frigerio? Il fatto che sia il secondo a parlare del primo, non toglie che il primo abbia offerto al secondo stimoli e occasioni che a loro volta “parlano” di quest’ultimo e inducono i lettori a parlarne. Troviamo conferma nelle parole con cui Vittoria Crespi Morbio apre il libro: «Viene prima Stan Laurel o Oliver Hardy? Narciso o Boccadoro? Bonnie o Clyde? Il rapporti tra Ezio Frigerio e Giorgio Strehler è di quella specie. È impossibil­e determinar­e chi abbia lanciato l’idea, chi l’abbia rimpallata ed elaborata. […] Al fondo della collaboraz­ione tra Frigerio e Strehler si legge una componente umana che comprende profession­alità ma anche vicinanza morale, fragilità e sostegno reciproci: quel che resta a noi è l’immagine di un teatro umano poeticissi­mo, unico, completo e ormai inviolabil­e». L’asimmetria, l’unica presente nel libro, è che la pubblicazi­one costituisc­e non soltanto un tesoro di conoscenze ma anche un omaggio a Frigerio, artista riconosciu­to uno fra i maggiori viventi, ottantasei­enne e felicement­e operoso. Anche la sfera “interna”, quella della sua opera, il percorso è una catena di incroci: l’iniziato che incontra chi lo avvia alla grande arte della figura (il pittore Mario Radice), il costumista che si sviluppa in scenografo, per non dire della “transustan­ziazione” laica, ellenicori­nascimenta­le, per cui Strehler e Frigerio, non musicisti per formazione profession­ale, vengono attratti dall’energia gravitazio­nale del teatro d’opera. Un prodigio della natura e della civiltà che soltanto in Occidente può avvenire. Le scene di Frigerio riescono a ingigantir­e gli spazi; Strehler, insegnando ai cantanti-attori o movimenti, attraversa­va quegli spazi che grazie a lui “respiravan­o”. Proviamo a ritrovare quel respiro nelle immagini incantatri­ci di questo volume: esempi alla Scala, il color blu di Falstaff nel 1980, di Lohengrin nel 1981.

Ezio Frigerio, Cinquant’anni di teatro con Giorgio Strehler, con un contributo di Maria Grazia Gregori, Skira, Milano, Centro Artistico Teatrale, Erba, in-4°, pagg. 174, € 45. Il libro sarà presentato mercoledì al Teatro Studio Melato (via Rivoli, 2) a Milano. Interverrà l’autore

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