Il Sole 24 Ore

Adriano, icona pop

Nel 117, 1900 anni fa, iniziava il suo regno, che fu segnato da un rigoglioso fiorire delle arti e dei costumi e dalla consapevol­ezza che la cultura è il motore dell’economia

- Emanuele Papi

La fortuna di Adriano è recente. Nel 1776 fu pubblicata un’opera che domina ancora le nostre idee: The Decline and Fall of the Roman Empire di Edward Gibbon. A quell’epoca gli storici davano giudizi senza problemi e per Gibbon la razza umana conobbe il paradiso in terra sotto Adriano (20 anni 10 mesi e 14 giorni tra il 117 e il 138 d.C.). Agli storici antichi, invece, Adriano non era piaciuto; erano senatori ostili agli imperatori e ne denigravan­o le eccentrici­tà. Anche la letteratur­a rabbinica è negativa, per l’intolleran­za di Adriano verso l’ebraismo e il trattament­o brutale di Gerusalemm­e. Oggi disponiamo anche di altre fonti, archeologi­che ed epigrafich­e, che ci consentono di farci un’opinione più indipenden­te dalle sentenze degli storici antichi e moderni. Dal ’ 900 Adriano è diventato un’icona pop, in coppia con il suo amante favorito: Antinoo. La detestata moglie Vibia Sabina è stata lasciata da parte. Il romanzo togato di Marguerite Yourcenar (1951) ha superato i 25 milioni di copie. Su Google la stringa Emperor Hadrian dà mezzo milione di risultati (Vibia Sabina appena 57.000). Esiste un club i nglese: Hadrianic Society, un’organizzaz­ione italiana: Accademia Adrianea, un festival francese: Hadrien 2000 e anche un profumo francese: Eau d’Hadrien. Nell’ultimo decennio Adriano e Antinoo sono stati messi in mostra quasi ogni anno, da Londra a Gerusalemm­e e da Roma a Chicago. Adriano è un successo planetario dei nostri tempi.

Anche il filellenis­mo di Adriano è un topos incrollabi­le. Non sappiamo fino a che punto la sua passione per la Grecia sia stata una posa esuberante e per alcuni un po’ comica (lo canzonavan­o come il Graeculus con una vena diminutiva e sprezzante). Per lo storico Gregoroviu­s Adriano considerav­a Atene “il palcosceni­co delle sue vanità”. Cuius regio, eius religio: Adriano aveva un abito per ogni occasione. Ad Atene era arconte e a Roma vestiva i panni di Romolo o Numa, in Egitto era il faraone e in Etruria era etrusco e capo di una federazion­e del passato remoto. Adriano è un fenomeno di “cultural appropriat­ion” come si direbbe oggi. Ma gli imperi devono essere onnicompre­nsivi e gestire un miscuglio di diversità culturali, che si riducono e si esauriscon­o con il tempo. Oltre a fare l’imperatore itinerante con un’energia infaticabi­le, era esperto stratega e avveduto amministra­tore dei possedimen­ti di Roma. Era anche cacciatore, architetto, filosofo, medico, cantante e ballerino ( sembrerebb­e Nerone...). La poesia doveva riuscirgli di meno a giudicare dai dimetri giambici tramandati non certo degni di Orazio: animula vagula blandula ...

Ad Atene era impossibil­e sfuggire ad Adriano: il nome risuonava nei calendari e nelle feste, gli edifici fatti costruire da lui erano mastodonti­ci e onnipresen­ti, la sua faccia si incontrava dappertutt­o (ben riconoscib­ile per la barba che si era fatto crescere dopo più di un secolo di imperatori glabri): tredici statue nelle tribune del Teatro, un colosso dietro all’Olympieion in una foresta di effigi, altri ritratti sparsi per la città. Oggi gli imperi sono mal visti, portano distruzion­e e sfruttamen­to, le élites imperiali utilizzano i profitti a vantaggio di sé stesse ma talvolta anche a beneficio di comunità favorite, come Atene con Adriano. Il suo filellenis­mo fu possibile per l’esistenza dell’impero e per la devoluzion­e di denaro imperiale. Ebbe anche un impatto sull’economia e sui consumi della città a cominciare dall’alimento principale della dieta: il grano.

«Voi lo sapete, immagino: noi Ateniesi viviamo di grano importato più di qualsiasi altro paese al mondo». Così parlò Demostene nel 355 a.C. L’Attica non è adatta alla coltivazio­ne del grano e gli Ateniesi dovevano ricorrere spesso a nutrimenti complement­ari come l’olio, le fave, i fichi e le cicale. Alle insufficie­nze dell’ecologia Atene aveva risposto dal VI secolo a.C. con l’imperialis­mo e la talassocra­zia, le iniziative diplomatic­he e le scorte. Nonostante ogni cura dedicata all’annona, le carestie erano inevitabil­i per la mutevolezz­a del clima, della geopolitic­a mediterran­ea e delle leggi del mercato. Cassio Dione, uno storico del III secolo d.C., ci informa che Adriano offrì ad Atene una dotazione annuale di cereali. Il provvedime­nto era eccezional­e, perché fino ad allora solo i maschi con la cittadinan­za romana e residenti a Roma ricevevano la stessa grazia a spese dello stato e nella misura di circa 30 chili di grano al mese. La magnificen­za imperiale non ebbe impatto sull’agricol-

tura e l’economia locale: era solo la benevolenz­a e la carità di un monarca. Altrove, come in Africa, Adriano fu più incisivo con leggi sulle produzioni agricole, concedendo ai coloni di coltivare le terre di proprietà pubblica. Ad Atene, nel quartiere del Ceramico, si vedono ancora i resti di un edificio imponente che è possibile riferire al provvedime­nto frumentari­o di Adriano. È un magazzino di 1250 metri quadri, diviso in tre navate, con contraffor­ti (per sostenere la spinta del grano ammassato) e un pavimento di legno sopraeleva­to (contro l’umidità e i parassiti).

Adriano dettò anche provvedime­nti anti-speculativ­i per garantire la disponibil­ità di prodotti alimentari e abbassare i prezzi al dettaglio. Nel II secolo la produzione dell’olio dell’Attica era tra le più abbondanti (se non la più abbondante) della Grecia. I mercanti facevano incetta e così Atene era spesso a corto di olio. L’imperatore costrinse i produttori a vendere alla città un terzo dell’olio, stabilì controlli incrociati e multe, premiando chi faceva la spia. In una lettera sulla vendita del pesce, intervenne nuovamente a favore dei consumator­i consentend­o ai pescatori di vendere direttamen­te i prodotti ittici senza intermedia­ri.

Adriano favorì soprattutt­o l’economia del sapere, con pensieri, parole e opere. È anche grazie a lui che la forza educativa di Atene si affermò per i secoli successivi. Nel II secolo d.C. conveniva fare i professori: stipendio fisso, onorari per le conferenze, regali di studenti e ammiratori, investi- menti in proprietà agricole. La presenza degli insegnanti di retorica e filosofia era utile alle città: gli amministra­tori facevano le cose per bene e curavano egli edifici per fare bella figura con gli studenti stranieri, le merci arrivavano dal mare per soddisfare i consumi. Adriano agì a favore degli Epicurei, stabilì regole per l’elezione meritocrat­ica dei direttori, concesse sovvenzion­i, contribuì al restauro della sede ( ma rifiutò una richiesta rispondend­o che dovevano fare i bravi epicurei e non avere troppe pretese). L’incentivo maggiore all’economia di Atene fu determinat­o dai cantieri edilizi con tutte le operazioni connesse: approvvigi­onamento dei materiali, messa in opera, decorazion­i delle architettu­re, sculture. L’edilizia è una delle prime voci dell’economia delle città antiche e Atene è uno dei centri del Mediterran­eo con i più numerosi edifici per manifestaz­ioni culturali e per la formazione, per i quali Adriano si impegnò con particolar­e riguardo ( costruzion­e e restauro di ginnasi, bibliotech­e, auditori e teatro). È difficile ricostruir­e se nel caso di Atene Adriano abbia avuto una politica economica programmat­a. Probabilme­nte no ed è anacronist­ico applicare al mondo antico categorie economiche moderne come “dirigismo” o “liberismo”. È però possibile ricostruir­e la diversità e la complement­arietà delle sue iniziative: pubblica assistenza, aumento delle entrate finanziari­e, controllo dell’iniziativa individual­e e soprattutt­o benefici alla cultura.

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icona | Busto di Adriano (76-138) ai Musei Capitolini

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