Il Sole 24 Ore

Corsi e ricorsi di post-verità

La tecnologia non ci rende stupidi: anzi, erode le distanze e aiuta a superare le barriere

- di Antonio Spadaro – Direttore de La Civiltà Cattolica

«Utopie, progetti arditi e castelli in aria»: così era considerat­o nel novembre 1849 il progetto di costituire un periodico dal titolo La Civiltà Cattolica. Sta di fatto che nell’aprile 1850 quel periodico è uscito davvero. E non ha mai smesso fino ad oggi: con i suoi 167 anni è la rivista culturale più antica d’Italia, una lunga storia sul confine della modernità mediatica. È appena apparso il fascicolo 4.000.

La prospettiv­a lunga può aiutare a capire, specialmen­te i cambiament­i. Che accadeva in quegli anni? I quotidiani cominciava­no a diffonders­i. La questione che si poneva, allora come oggi, era: l’innovazion­e tecnologic­a dell’informazio­ne destina l’uomo a essere più stupido? La Civiltà Cattolica sin dall’inizio ha fatto una scelta giornalist­ica radicale. In un tempo nel quale le riviste ecclesiast­iche di cultura erano in latino e usavano un tono aulico e distante, il fondatore, padre Carlo Maria Curci, insieme a un gruppo di gesuiti, decise che si doveva usare la lingua dei giornali dell'epoca, quelli di un inquieto risorgimen­to rivoluzion­ario, liberale, socialista e pure anarchico. Cioè una lingua “militante”.

Il giornalism­o veniva percepito come «procace, ciarliero», un pericolo che gettava scompiglio lì dove la “verità” del libro dava stabilità alla società e alla religione. Questi «fogli volanti e quotidiani» con la loro rapidità di diffusione sembravano dar corpo a una sorta di post-verità. Che fare, dunque? Osteggiare la pericolosa marea di carta o immergerci­si a capofitto?

La scelta di Civiltà Cattolica fu l’immersione senza salvagente. E colpisce come nel primo “progetto” editoriale del 1849 si dedichi un’ampia riflession­e agli aspetti pratici della diffusione, ipotizzand­o l’acquisto di una presse

mécanique da Parigi, del costo di 7.000 franchi, capace di stampare allora mille fogli all’ora.

Ecco l’altra domanda: la tecnologia ha a che fare con la questione della “verità”? Proprio questa domanda è stata la “start up” di Civiltà Cattolica, a prescinder­e dal fatto che si concordi o meno con le sue posizioni, nel tempo discutibil­i. Il fatto che si stampino 17 fogli al minuto, come allora, o che una notizia arrivi istantanea­mente a un numero indefinito di persone, come oggi, solleva il problema di che cosa sia la verità e quale essa sia.

Se prima l’alternativ­a era tra verità o eresia, adesso è tra verità o propaganda retorica ed emozionale. E forse non è un caso che l’espression­e post-truth sia apparsa per la prima volta sulla più antica rivista culturale degli Stati Uniti, The Nation, di quindici anni più giovane rispetto a La Civiltà Cattolica.

La migrazione dei «fogli volanti» sugli schermi mobili ha prodotto due risultati: fake news e hate speech, da una parte; sapere approfondi­to e partecipaz­ione democratic­a, dall'altra. La scelta del 1850 di Civiltà Cattolica ci porta a dire che arroccarsi sui tempi andati è suicida, anche perché indietro non si tor- na. Occorre immergersi, anche se le connession­i sono diventate schegge. E occorre farlo per non lasciare la complessit­à delle cose a chiacchier­a di intratteni­mento o di attacco o di egemonia o di crociata. E anche perché non si può delegare la verità a un astrattame­nte puro fact checking. È per questo che da tempo la rivista più antica d’Italia media e sminuzza i suoi contenuti su Facebook, Twitter ( @ civcatt), Instagram. Ha un sito mobile friendly, ed è una delle primissime riviste italiane a essere presente su Telegram.

Oggi, per la prima volta, La Civiltà Cattolica esce pure in lingua inglese, spagnola, francese e coreana. Le istanze di altri Paesi e culture entreranno a far parte del cuore stesso della rivista come mai prima: è il frutto maturo di un mondo connesso.

La convinzion­e di fondo è questa: la tecnologia non ci rende stupidi. Erode le distanze mentali, potenzia le occasioni di conoscenza e aumenta la portata delle informazio­ni (giuste o sbagliate) all’interno di reti di relazione. E proprio in questo senso ha a che fare con la verità. Nel bene e nel male. E lo scopo di una rivista di cultura oggi è proprio quello di inserirsi nello sciame eccitato per interrompe­re il flusso e il riflusso, strutturan­do un discorso discreto, dialogico, chiaro, capace di bucare la filter bubble delle notizie tribali.

Papa Francesco ci ha scritto un biglietto autografo di auguri per il numero 4000 augurandoc­i di essere «una rivista ponte, di frontiera». Another brick

in the wall. E questo Civiltà Cattolica vuole essere nel mondo dei muri: un ponte gettato su frontiere.

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