Se nelle carceri torna il rischio affollamento
Per la prima volta dopo cinque anni aumentano i detenuti con presenze in crescita del 6,2%
Cinque anni di riduzione ininterrotta e poi il rimbalzo. Il trend di diminuzione del numero dei detenuti si è arrestato a fine 2015: dal 2016 le presenze in carcere sono tornate a crescere e in 13 mesi sono aumentate del 6,2 per cento. Siamo ancora lontani dal picco di 68.258 unità raggiunto nel giugno 2010 ma, se l’incremento non si arresta, il rischio sovraffollamento potrebbe tor- nare ad affacciarsi. Le cause: aumento degli ingressi e fine dei benefici della libertà anticipata speciale.
Tornano ad aumentare i detenuti presenti in carcere. E rischia di rientrare in agenda il problema del sovraffollamento, che quattro anni fa è costato all’Italia la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Si tratta di un “rimbalzo”, che arriva dopo cinque anni di discesa ininterrotta, accelerata dopo la condanna del 2013. Dal picco di oltre 68mila unità del giugno 2010, infatti, le presenze in carcere sono calate alle poco più di 52mila registrate nell’ultimo semestre 2015. Secondo i dati del ministero della Giustizia, l’inversione di tendenza è partita all’inizio del 2016. Al 31 dicembre dello scorso anno i detenuti erano già saliti a 54.653 e al 31 gennaio scorso sono arrivati a 55.381, il 6,2% in più rispetto al 2015.
Il totale dei reclusi si è comunque sempre mantenuto sopra la capienza delle carceri. Ma se due anni fa il gap si era ridotto a “solo” 2.500 posti, al 31 gennaio scorso era già raddoppiato a 5.200. Un numero ancora lontano da quelli del passato - nel 2010 la differenza tra detenuti e posti disponibili era di quasi 23mila unità - ma che segna un cambiamento di rotta rispetto ai risultati raggiunti con le misure adottate proprio a partire dal 2010. L’azione è stata duplice: da un lato si è puntato a limitare gli ingressi in carcere; dall’altro, ad agevolare le “uscite”, con la possibilità di scontare la pena fuori dalle celle (tra l’altro, la legge 199/2010 ha aperto la chance di scontare ai domiciliari gli ultimi 12 mesi di pena, poi estesi a 18 mesi) e con il sempre più largo utilizzo delle misure alternative alla detenzione.
La sentenza «Torreggiani»
Risale al gennaio 2013 la sentenza «Torreggiani», con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) condannò l’Italia per «trattamenti inumani e degradanti» nei confronti dei detenuti, a causa del sovraffollamento negli istituti di pena. Oltre all’obbligo di risarcire i ricorrenti, la Cedu diede un ultimatum all’Italia: un anno di tempo per mettere a punto un sistema interno per indennizzare i detenuti vittime del sovraffollamento e ridurre la pressione sulle carceri. Altrimenti, i ricorsi presentati dai detenuti alla Corte di Strasburgo si sarebbero tradotti in altrettante condanne a risarcire i danni, con conseguenze pesanti per l’Erario.
Uno scenario che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si impegnò a scongiurare. «La soluzione dell’emergenza carceraria all’indomani della sentenza Torreggiani - ha detto in Parlamento un mese fa, nella sua relazione sullo stato della giustizia - ha costituito una delle priorità del mio mandato». In effetti le misure messe in campo hanno funzionato, portando a ridurre lo scarto fra numero dei detenuti e capienza delle carceri. Quel che, però, il ministro non cita è la risalita iniziata nel 2016 e che sta facendo riallargare il gap.
Le cause dell’aumento
Ma perché il numero dei detenuti ha ripreso a crescere? Le ragioni sono diverse. In primo luogo va presa in considerazione un’altra inversione di tendenza: quella degli ingressi in carcere dalla libertà. Nel 2016, infatti, questo valore è ricominciato a salire dopo un calo durato otto anni che ha dimezzato le “entrate”, portandole dalle 92.800 del 2008 alle 45.823 del 2015. L’anno scorso invece si è risaliti a 47.342 unità. «Questo incremento - spiega Roberto Calogero Piscitello, che dirige la Direzione generale dei detenuti del ministero della Giustizia - è stato anche un effetto dell’operazione strade sicure dell’ottobre 2015: l’invio dell’esercito a presidiare molte zone sensibili ha liberato unità di polizia e carabinieri permettendo un’azione più efficace delle forze dell’ordine e facendo crescere gli arresti».
Ma soprattutto «il trend di aumento della popolazione detenuta - spiega Santi Consolo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - è da ricondurre al venir meno della liberazione anticipata speciale». Una misura temporanea, introdotta per due anni dal decreto legge 146 del 2013 e scaduta a dicembre 2015, che aveva aumentato lo sconto di pena concesso ai detenuti che partecipano all’opera di rieducazione: non più 45 giorni per ogni sei mesi di pena detentiva scontata, ma 75 giorni. La fine del periodo di applicazione ha avuto la conseguenza di rallentare le uscite e, quindi, aumentare le permanenze in carcere. «Si è trattato di una misura emergenziale», continua Piscitello, che, per ora, non vede un rischio sovraffollamento dato dalla sproporzione fra presenze e posti disponibili: «In Italia - precisa - gli spazi sono calcolati in base al criterio di 9 metri quadrati per singolo detenuto, uno standard molto più elevato rispetto agli altri Paesi europei. La stessa sentenza Torreggiani indica tre metri quadrati».
Comunque, a sottolineare la necessità di un intervento legislativo è Consolo: «È auspicabile che si pervenga quanto prima, secondo le indicazioni fornite dagli Stati generali dell’esecuzione penale, a una riforma dell’Ordinamento penitenziario vigente per stabilizzare le presenze detentive».
I PICCHI Il numero record di reclusi è stato raggiunto nel giugno 2010 con 68.258 unità, il più basso (52.164) è stato toccato nel dicembre 2015