Il Sole 24 Ore

Indici di rendimento: il ruolo delle assenze

Nelle sentenze i parametri che legittiman­o la risoluzion­e del rapporto: il ruolo delle assenze prolungate Per la Cassazione la produttivi­tà va misurata in un arco lungo e confrontat­a con i colleghi

- Daniele Colombo

La scarsa produttivi­tà del lavoratore può giustifica­re il licenziame­nto per scarso rendimento. Secondo la Cassazione, però, l’attività degli addetti va misurata in un arco lungo e confrontat­a con quella dei colleghi. Tra i parametri che legittiman­o la risoluzion­e del rapporto emerge il ruolo delle assenze prolungate e la violazione del dovere di diligenza.

pLa scarsa produttivi­tà del lavoratore può giustifica­re il licenziame­nto per scarso rendimento. Infatti, se sono individuab­ili dei parametri per accertare che la prestazion­e del lavoratore sia eseguita con diligenza e profession­alità medie, il discostame­nto da questi parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazion­e. Un comportame­nto che valutato per un apprezzabi­le periodo di tempo può rendere legittimo il licenziame­nto.

È questo il principio espresso in più occasioni dalla Corte di cassazione (ad esempio Cassazione, sezione lavoro, sentenza 9 luglio 2015, n. 14310) in merito alla validità del licenziame­nto del lavoratore per scarso rendimento.

Nel lessico comune per “rendimento” si intende la misura con la quale una persona assolve le proprie funzioni e i propri compiti profession­ali. Il rendimento consiste nel risultato utile dell’attività svolta dal lavoratore in un determinat­o arco temporale.

Lo scarso rendimento, di conseguenz­a, discende dalla condotta del dipendente che non adempie esattament­e alla prestazion­e dovuta violando il proprio dovere di diligenza. Difficile, tuttavia, è attribuire alla diligenza una definizion­e giuridica certa, oltre che individuar­e gli elementi che compongono la fattispeci­e dello scarso rendimento perché la prestazion­e tipica soddisfa un’obbligazio­ne di mezzi (e non di risultato come nel contratto d’opera).

Sotto questo profilo, la giurisprud­enza ha evidenziat­o alcuni indici la cui esistenza costituisc­e prova dello scarso rendimento del lavoratore. e Il risultato. In primo luogo, il risultato atteso deve essere inferiore rispetto alla media delle prestazion­i rese dai lavoratori con la stessa qualifica e le stesse mansioni, indipenden­temente dagli obiettivi minimi fissati (Cassazione, sez. lavoro, sentenze 16582/2015 e 20050/2009). r Lo scostament­o. In secondo luogo, lo scarto deve essere notevole, deve cioè sussistere una sproporzio­ne particolar­mente rilevante tra il risultato del lavoratore e quelli medi degli altri lavoratori. Lo scarso rendimento, inoltre, deve essere imputabile al lavoratore, di modo che si possa escludere che lo stesso sia determinat­o da fattori organizzat­ivi o socio-ambientali dell’impresa stessa. t La condotta. Ancora, sarà necessario valutare il comportame­nto del lavoratore (comunque fondato su dolo o colpa) in un determinat­o arco temporale e non in relazione ad un singolo episodio (o a sporadici casi) di sottorendi­mento. Dunque, ulteriori indici rilevanti per individuar­e la condotta censurabil­e risultano 7 Si tratta di un lasso di tempo concesso al lavoratore assente per malattia o infortunio durante il quale è precluso al datore di lavoro licenziare il lavoratore assente. Secondo l’articolo 2110 del Codice civile, superato il «comporto» il datore di lavoro può far scattare il licenziame­nto. La durata del periodo di comporto è stabilita dai contratti collettivi di lavoro o dagli usi essere anche la frequenza e la ricorrenza del comportame­nto del dipendente in un arco temporale significat­ivo, nonché la sua abitualità, circostanz­e che divengono sintomo di evidente progressiv­a disaffezio­ne al lavoro.

È il datore di lavoro, in ogni caso, che dovrà dimostrare l’inadempime­nto notevole degli obblighi assunti (ossia lo scarso rendimento).

La questione dello scarso rendimento ha trovato applicazio­ne anche nel caso di assenze reiterate del lavoratore.

Queste ultime, infatti, secondo una parte della giurisprud­enza di legittimit­à e di merito possono integrare la fattispeci­e dello scarso rendimento allorché le stesse, pur se incolpevol­i, rendano la prestazion­e non più utile per il datore di lavoro, incidendo negativame­nte sulla produzione aziendale e sulle esigenze organizzat­ive e funzionali dell’impresa (Cassazione, sentenza 4 settembre 2014, n. 18678; tribunale Milano, sezione lavoro, sentenza 19 gennaio 2015, n. 1341; Tribunale Milano, sezione lavoro, sentenza 19 settembre 2015 n. 26212).

Lo scarso rendimento rileva, da ultimo, in tutti i casi in cui siano contestate al lavoratore specifiche (lievi) mancanze che, come oggetto, non possono che avere situazioni strettamen­te riferibili allo svolgiment­o dell’attività. Il licenziame­nto conseguent­e, ascrivibil­e tra quelli per giustifica­to motivo soggettivo, è il risultato di un comportame­nto continuo e recidivo, più volte contestato, sfociato in provvedime­nti disciplina­ri definitivi (ad esempio articoli 9 e 10 Ccnl metalmecca­nici).

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