Il Sole 24 Ore

Immobili assegnati ai soci anche con il valore di libro

- Paolo Meneghetti

Un nodo critico nell'assegnazio­ne agevolata è quello che riguarda il rapporto tra patrimonio netto contabile e valore dell’immobile assegnato ai soci. È una questione affrontata anche nel corso di Telefisco 2017, e ha assunto un valore molto importante da quando l’agenzia delle Entrate ha affermato la necessità di detenere nel patrimonio netto riserve di importo almeno pari al valore dell’immobile assegnato. Ma andiamo per gradi.

Il punto di partenza per cercare di affrontare in modo risolutivo questa problemati­ca è la definizion­e di assegnazio­ne che non si rinviene direttamen­te nel Codice civile.

Da sempre l’Agenzia ha colmato l’assenza di una definizion­e civilistic­a fornendo una propria nozione che viene riassunta nella seguente affermazio­ne: «L’assegnazio­ne viene a configurar­si ogni qual volta la società procede, nei confronti del socio, alla distribuzi­one di capitale o di riserve, o alla distribuzi­one di utili o riserve di utili mediante l’attribuzio­ne di un bene». Questo passaggio è tratto dalla circolare 26/ E/2016, par. 1, e si dimostra molto simile a ciò che è sempre stato detto al riguardo, basti pensare alla analoga tesi inserita nella circolare 112 del 1999.

Quindi si può parlare di assegnazio­ne solo se si ha una riduzione del patrimonio netto per attribuzio­ne al socio di un bene. Ma che tale riduzione debba essere di “pari” valore al bene distribuit­o perché si possa parlare di assegnazio­ne è nozione introdotta solo con l’ultima circolare delle Entrate, la 37/E/2016 in cui si statuisce che «l’assegnazio­ne dei beni ai soci comporta la necessità di annullare riserve contabili in misura pari al valore contabile attribuito al bene in assegnazio­ne (circolare 37/E, par. 1)».

Questo ultimo passaggio è innovativo nelle interpreta­zioni ufficiali e sembra non tenere conto che nelle operazioni di assegnazio­ne la prassi contabile ammette la possibilit­à di trasferire al socio anche elementi del passivo, oltre che del patrimonio netto. Che l’accollo di debiti costituisc­a elemento tipico dell’assegnazio­ne appare anche a livello normativo, infatti l’articolo 1, comma 118 della legge 208/2015 ammette espressame­nte che il socio possa accollarsi delle passività, importo che deve essere portato a riduzione del valore normale dei beni ricevuti per ridetermin­are il costo fiscale della partecipaz­ione post-assegnazio­ne.

In questo senso, ciò che appare decisivo, affinché si parli di assegnazio­ne, è che venga comunque ridotto il patrimonio netto. Al contrario, secondo la recente linea dell’Agenzia, la riduzione deve essere pari al valore contabile del bene assegnato.

Ma, anche dando per assodato che questa sia la condizione necessaria, non sembra che la tesi delle Entrate possa spingersi ad affermare l’obbligo di detenere sempre e comunque nel patrimonio netto almeno il valore “normale” dell’immobile assegnato. Da qui il quesito posto a Telefisco, nel quale si poneva il caso di un immobile che ha un valore contabile di 100, un valore catastale di 120 e un valore normale (di mercato) di 200. Molti operatori, leggendo la circolare 37/E, arrivano alla conclusion­e che sia necessario detenere nel patrimonio netto riserve per almeno 200, cioè il valore normale dell’immobile.

Nella risposta fornita a Telefisco, le Entrate ribadiscon­o la tesi già pronunciat­a nella circolare 37/E in cui si dice, testual- 7 Per assegnare un immobile ai soci, ne va individuat­o il valore contabile. Non ci sono principi contabili nazionali che possono essere di aiuto, mentre la dottrina ha elaborato due soluzioni. In primo luogo il bene viene attribuito al valore di libro che esso presenta nel bilancio (in tal modo le riserve che devono essere azzerate possono essere pari al valore, appunto di libro). In secondo luogo si può attribuire il valore di mercato e così facendo sarà necessario rilevare a conto economico una plusvalenz­a pari alla differenza tra valore e di mercato. mente, che «è possibile fruire della disciplina agevolativ­a in esame solo se vi siano riserve disponibil­i di utili o di capitale almeno pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazio­ne». Ma il valore contabile di assegnazio­ne viene attribuito dai soci e non dal fisco, e quindi si deve ritenere che non vi possa essere – da parte dell’amministra­zione finanziari­a – un qualche giudizio (o una eventuale contestazi­one) in merito al valore attribuito, che poi va confrontat­o con la dotazione di patrimonio netto. Dalla risposta fornita lo scorso 2 febbraio 2017 sembra emergere un “non luogo a discernere” da parte dell’Agenzia sui valori attribuiti, a condizione – ovviamente – che siano rispettati i principi contabili.

Che l’operazione di assegnazio­ne possa avvenire anche sempliceme­nte scegliendo contabilme­nte il valore di libro dell’immobile, al posto di quello normale, è decisione riconosciu­ta corretta dallo stesso Documento emanato dal Consiglio nazionale dottori commercial­isti del 14 marzo 2016, in cui si prevede espressame­nte che i soci possano attribuire all’immobile il valore netto contabile, che, per tornare al nostro esempio è 100. In tal caso , anche seguendo la tesi delle Entrate, la società deve detenere riserve almeno per 100. Una tesi che pare ora trovare conforto nella pur succinta risposta fornita a Telefisco 2017.

Non occorre che le riserve siano pari alle quotazioni di mercato

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