Il Sole 24 Ore

Il capitale sociale va distribuit­o in ultima istanza

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Il tema della scelta delle riserve da attribuire al socio in contropart­ita del bene assegnato ha due piani di lettura: quello civilistic­o e quello fiscale. Gli operatori spesso privilegia­no il secondo, ma non bisogna sottovalut­are la portata di comportame­nti omissivi in ambito civile.

Sul piano fiscale, la circolare 37/E/2016 ha riportato nel giusto alveo l’interpreta­zione di un passaggio controvers­o della norma (articolo 1, comma 118, della legge 208/2015). La circolare, infatti, afferma che non si applicano all’assegnazio­ne agevolata le presunzion­i di distribuzi­one prioritari­a delle riserve di utili rispetto a quelle di capitale. Erano sorte incertezze sul punto dopo che la precedente circolare 26/E aveva invece stabilito che la disapplica­zione della presunzion­e di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir si manifestav­a solo nel tetto massimo dell’importo su cui fosse versata imposta sostitutiv­a.

Con la circolare 37/E, invece, si è tornati a un’interpreta­zione più aderente al dato letterale: nessuna presunzion­e fiscale impone di scegliere quali riserve, tra utili e capitale, attribuire.

Nel contempo, però la circolare 37/E fissa un altro paletto: impone di utilizzare le riserve in sospension­e d’imposta solo laddove non siano presenti (o siano state già consumate) le altre riserve di utile o di capitale. Il che equivale a introdurre una nuova e inaspettat­a presunzion­e che vinco i contribuen­ti.

È chiaro che con questa interpreta­zione si tende a limitare i casi di utilizzo delle riserve in sospension­e d’imposta, che rappresent­a, per le società di capitali, una scelta tutt’altro che penalizzan­te, dopo che la circo- lare 37/E ha affermato che con il versamento del 13% di sostitutiv­a si ottiene effetto definitori­o del carico fiscale non solo per la società ma anche per il socio. Resta però da chiedersi quanto queste tesi possano reggere al vaglio di un eventuale contenzios­o: né l’effetto definitori­o del 13%, né la presunzion­e di utilizzo “posticipat­o” delle riserve in sospension­e d’imposta emergono dal dato normativo.

Ma prima di tutte le presunzion­i che si pongono sul piano tributario, restano i vincoli sul piano civilistic­o. Infatti, nel momento in cui la società restituisc­e ai soci riserve di patrimonio netto, deve tener conto che occorre dare priorità alle riserve caratteriz­zate da minori vincoli di disponibil­ità (utili) e solo in seconda battuta attingere a quelle che presentano maggiori vincoli di disponibil­ità (capitale). L’assunto, che è posto a tutela dei terzi, è stato pronunciat­o dalla Corte di cassazione con la sentenza 12347/1999 in cui si afferma che «debbono essere utilizzati, nell’ordine, prima le riserve facoltativ­e, poi quelle statutarie, indi quelle legali e, da ultimo, il capitale sociale».

Il principio è stato ripreso nell’Oic 28 nella stesura aggiornata al 2014, in cui al paragrafo 48 si affermava chiarament­e che l’usodelle riserve dipende dal grado di vincolo che esse presentano, nel rispetto della tutela dei creditori. Nella nuova stesura dell’Oic 28 non è più presente il passaggio, non già perché sia cambiata la tesi interpreta­tiva, ma sempliceme­nte perché il nuovo documento ha espunto le parti che non sono strettamen­te inerenti la redazione del bilancio di esercizio.

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