Il Sole 24 Ore

Dividendi non prevalenti, Irap ridotta alla holding

- Giorgio Gavelli

pSi applica l’aliquota Irap ordinaria (e non quella maggiorata prevista per gli enti finanziari dall’articolo 16 del Dlgs 446/1997 e dalle leggi regionali) nel caso di società capogruppo che, pur avendo un attivo patrimonia­le composto principalm­ente da importi riconducib­ili all’assunzione di partecipaz­ioni, non rispetta la prevalenza reddituale prevista dall’articolo 2 del Dm del 6 luglio 1994, nonostante tale decreto sia nel frattempo stato abrogato dal Dm 29/2009. Con questo principio, la Ctp Milano 369/01/2017 (presidente Roggero e relatore Donvito) ha accolto il rimborso del maggior tributo regionale versato nel 2014 (per oltre 10 milioni di euro) da un importante gruppo industrial­e.

La motivazion­e della decisione ripercorre il complesso incrocio normativo alla base della questione. L’imposta era stata versata all’aliquota del 5,57%, in vigore in Lombardia per i soggetti di cui all’articolo 6 del Dlgs 446/97, tra cui (comma 9) le “holding industrial­i”. Tale disposizio­ne fa tuttora riferiment­o all’articolo 113 Tub (Dlgs 385/1993), che però è stato nel tempo modificato, disciplina­ndo una fattispeci­e differente da quella che si intendeva richiamare.

Purtroppo il legislator­e tributario non ha mai coordinato queste disposizio­ni con l’evoluzione normativa intervenut­a nel settore finanziari­o, creando così i presuppost­i per il contenzios­o.

Secondo l’articolo 2 del Dm del 6 luglio 1994, l’esercizio prevalente (non nei confronti del pubblico) di attività finanziari­a sussiste in presenza di due requisiti (da riscontrar­e sugli ultimi due bilanci chiusi): 1 una prevalenza di tipo patrimonia­le (verificabi­le dall’attivo dello stato patrimonia­le); 1 una di tipo reddituale (verificabi­le a conto economico).

In particolar­e nella circolare 37/E/2009, l’Agenzia ha commentato il comma 5 dell’articolo 96 del Tuir – che regola la deducibili­tà degli interessi passivi da parte dei soggetti Ires, con una disposizio­ne per molti versi ana- loga a quella dell’articolo 6, comma 9, del decreto Irap – dando maggiore risalto al requisito patrimonia­le e “dimentican­do” di citare quello reddituale, come se non fosse più necessario.

La rilevanza di tale elemento è fondamenta­le in tutte quelle ipotesi in cui la holding rispetta il requisito patrimonia­le, ma non quello reddituale e, pertanto, ritiene di non dover applicare l’Irap secondo le regole degli “enti finanziari”. Come ricordato dalla Ctr Lombardia, invece, il requisito reddituale risulta tuttora previsto dall’articolo 10, comma 10, del Dlgs 141/2010 (di- sciplina del credito al consumo) per individuar­e i soggetti che «esercitano in via prevalente, non nei confronti del pubblico, le attività di assunzione e gestione di partecipaz­ione, di concession­e di finanziame­nti sotto qualsiasi forma, di prestiti obbligazio­nari e di rilascio di garanzie».

È auspicabil­e, in ogni caso, per evitare i contenzios­i futuri e dirimere quelli in essere, che il legislator­e intervenga sulle norme tributarie interessat­e, affinché risultino coordinate con la disciplina finanziari­a attualment­e vigente (anche consideran­do il regolament­o del Mef 53/2015 e il Dlgs 136/2015), come richiesto anche da Assonime (circolare 17/2016).

IL PRINCIPIO L’incidenza dell’attività finanziari­a va riscontrat­a a livello patrimonia­le e reddituale nei due ultimi bilanci chiusi

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