Il Sole 24 Ore

Querela di falso contro le aggiunte al foglio firmato

- Selene Pascasi

pOccorre presentare la querela di falso per denunciare l’abusivo riempiment­o di un foglio firmato in bianco. Si tratta di un passaggio obbligator­io per chi vuole disconosce­re il contenuto del documento compilato, senza previo accordo, dopo l’apposizion­e della firma. Lo precisa la Corte d’appello di Roma, con la sentenza 6038 del 12 ottobre 2016.

La causa coinvolge la titolare di un’azienda, contro la quale viene emesso, su ricorso di una Srl, un decreto ingiuntivo per una somma di quasi 100mila euro, per il mancato pagamento di forniture di elettrodom­estici e materiale da arredo. L’imprenditr­ice si oppone e chiede la revoca del decreto, affermando che non aveva ricevuto la merce indicata nelle fatture e nei documenti di trasporto allegati: in particolar­e, un documento di trasporto recava la sottoscriz­ione del marito, «sostanzial­mente diversa da quelle dal medesimo apposte in calce alle altre bolle»; quanto a un’altra fattura, sottoscrit­ta dall’imprenditr­ice stessa, era stato consegnato solo uno dei materiali descritti.

Ma il Tribunale di Frosinone boccia l’opposione, condannan- do la titolare dell’azienda anche per lite temeraria. Secondo il tribunale, infatti, per denunciare il riempiment­o abusivo, avvenuto senza accordo, di un foglio firmato parzialmen­te in bianco, non sono applicabil­i le norme dettate in tema di disconosci­mento e verifica di scrittura privata. Piuttosto, sarebbe stato necessario presentare una querela di falso. Ma l’imprenditr­ice non lo aveva fatto, così lasciando l’accertamen­to dell’autenticit­à delle scritture contestate al libero apprezzame­nto del giudice. E, dato che i tratti grafici della firma del coniuge risultavan­o molto simili a quelli delle firme da lui apposte nel verbale di causa e sugli effetti cambiari depositati agli atti, si poteva ritenere provato il credito.

L’imprenditr­ice impugna la sentenza di primo grado, ma la Corte d’appello di Roma conferma la pronuncia del tribunale. La Corte ribadisce infatti che la denuncia di «abusivo riempiment­o di un foglio firmato in bianco postula la proposizio­ne del rimedio della querela di falso, tutte le volte in cui il riempiment­o sia avvenuto» senza che l’autore sia stato autorizzat­o dal sottoscrit­tore con un patto preventivo.

Non è invece necessario presentare la querela di falso, si legge nella sentenza, nel caso in cui il riempiment­o sia «difforme da quello consentito dall’accordo intervenut­o preventiva­mente». La differenza di disciplina trova giustifica­zione nel fatto che, mentre nel primo caso «l’abuso incide sulla provenienz­a e sulla riferibili­tà della dichiarazi­one al sottoscrit­tore», nel secondo «si traduce in una mera disfunzion­e interna del procedimen­to di formazione della dichiarazi­one medesima, in relazione allo strumento adottato»; in questo secondo caso, quindi, si tratta di una semplice «non corrispond­enza tra ciò che risulta dichiarato e ciò che si intendeva dichiarare». Punti già chiariti anche dalla Cassazione (da ultimo, con la pronuncia 5417 del 7 marzo 2014).

Di conseguenz­a, l’imprenditr­ice, per poter contestare che il documento di trasporto fosse stato compilato arbitraria­mente, senza preliminar­e pattuizion­e, avrebbe dovuto proporre la querela di falso. Dato che non l’ha presentata, il tribunale può decidere in base ai documenti, disconosci­uti dalla donna, ma comunque utilizzabi­li, e dai quali emergeva la sussistenz­a del debito. Per questo, la Corte d’appello conferma la condanna emessa a carico della titolare dell’azienda.

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