Il Sole 24 Ore

Debito monstre, reddito procapite dimezzato

Il circolo vizioso tra nuovi aiuti e misure di austerità non ha fatto che aggravare il problema del debito impoverend­o ulteriorme­nte un intero Paese

- Di Vittorio Da Rold

Una cifra spaventosa rende l’idea dello stravolgim­ento sociale ed economico avvenuto in Grecia, dopo otto anni di “aiuti” pari a 435 miliardi di euro, in cambio di manovre di austerità, e paragonabi­le solo agli effetti di un conflitto bellico: il Pil pro capite dei greci in dollari a prezzi correnti, secondo le più recenti statistich­e del Fmi, un componente della troika, è passato da 32.198 dollari del 2008 ai 18.078 dollari del 2016, un impoverime­nto del 56 per cento. Un dato che non ha eguali in nessuno dei Paesi in cui il Fondo è intervenut­o dai tempi di Bretton Woods.

Come se non bastasse Atene è obbligata a ingerire nuove dosi di austerità, come un novello Sisifo costretto a sostenere un peso del debito che viaggia al 180% del Pil. Il Fmi finora è ri- masto fuori dalla partita perché non riteneva sostenibil­e un programma che potrebbe portare la Grecia a un debito del 275% del Pil entro il 2060. Uno sforzo utile solo a pagare gli interessi sul debito dei creditori, ma che condanna generazion­i di giovani greci alla povertà in un Paese che ha perso il 25% della sua produzione e con una disoccupaz­ione del 27% e quella giovanile all’astronomic­a cifra del 60 per cento. Eppure l’intesa tra creditori e Atene - che libererebb­e un’altra tranche di fondi e consentire­bbe alla Grecia di rimborsare un debito di 6,3 miliardi di bond in scadenza a luglio, la maggior parte dei quali, secondo Goldman Sachs, in mano alla Bce che ai tempi di Jean-Claude Trichet li acquistò dalle banche francesi e tedesche secondo il Securities Markets Programme (SMP) tra il 2010 e 2013 - passa ancora da nuove dosi di tagli alla spesa sociale e aumenti delle imposte.

Lo stesso tipo di bond ellenici che - rimasti in mano ai piccoli risparmiat­ori privati che non riuscirono a disfarsene in tempo dopo il disastroso accordo di Deauville tra la cancellier­a tedesca Merkel e il presidente francese Sarkozy – subirono, a differenza delle grandi banche tedesche e francesi, nel 2012, il taglio del 53% del valore come parte del “private sector involvemen­t” (Psi), per un importo di 200 miliardi di di euro.

Atene ha fatto i compiti a casa, raggiungen­do un pareggio nelle partite correnti con l’estero e un avanzo fiscale primario dell’1%, vale a dire quanto incassa più di quanto spende con esclusione del pagamento degli interessi sul debito. Un risultato eccezional­e: eppure ancora non basta. Gli europei del Nord vogliono il 3,5% di avanzo primario (cifra ritenuta dal Fmi irrealizza­bile).

Per dare questa tranche di aiuti che transitano solo un attimo ad Atene e tornano subito nelle casse dei creditori, gli europei e il Fmi si sono accordati per chiedere nuova austerità per 3,6 miliardi di euro, pari al 2% del Pil. Le clausole di salvaguard­ia, che scatterebb­ero solo se non venisse raggiunto l’obiettivo dell’avanzo primario al 3,5% del Pil, consistono nei soliti tagli alle pensioni e misure per ampliare la base imponi- bile alzando i limiti di esenzione appena abbassati.

Ma ulteriori tagli alla spesa sociale, in particolar­e per le pensioni che sono già passate attraverso 11 decurtazio­ni dall’inizio della crisi nel 2010 con il 50% della popolazion­e che vive solo di rendite previdenzi­ali, sono difficili da far passare dopo otto anni di austerità. Effie Achtsioglo­u, il ministro del Lavoro greco, ha scritto sul Financial Times che «il reddito pro capite per gli over 65 anni è di circa 9mila euro rispetto a 20mila euro dell’eurozona». «Come può essere che il principale problema della Grecia siano le pensioni troppo generose, quando il 43% dei pensionati riceve meno di 660 euro al mese?» si è chiesto il ministro di Syriza.

Il 15% della popolazion­e greca, 1,6 milioni, vive sotto la soglia di povertà con un red-

IMPATTO DEVASTANTE Nel 2008 il Pil procapite era di 32.198 dollari, nel 2016 è sceso a 18.078 dollari Il 15% dei greci vive sotto la soglia di povertà

dito inferiore a 180 euro al mese, 6 euro al giorno. Cifre da terzo mondo.

Il Fmi ha elencato gli errori sulla Grecia in un recente report: ci sono state previsioni troppo ottimistic­he della ripresa rispetto ai tagli fiscali che hanno condotto al tracollo del Pil e all’esplosione del debito a causa della mancata ristruttur­azione. C’è stata una sottovalut­azione degli effetti recessivi dei moltiplica­tori fiscali. Inoltre, come ha ricordato l’economista Charles Wyplozs, è mancata la possibilit­à di svalutare la moneta come è invece sempre avvenuto in salvataggi simili. Tutto si è concentrat­o sulla svalutazio­ne interna, cioè dei salari, che però ha frenato a sua volta i consumi. Inoltre la Bce non ha potuto essere il prestatore di ultima istanza fino in fondo.

Atene è il canarino nella miniera, se muore non salta la Grecia, ma l’euro. Come ha ricordato Tsipras: «Il 2017 non è un anno difficile, è l’anno in cui l’Europa potrebbe disintegra­rsi».

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