Il Sole 24 Ore

Scissione per fare cosa: il divorzio nei programmi

Il Pd diviso sui posti in lista ma anche sull’agenda economica, dalle tasse al Jobs Act e alle privatizza­zioni

- di Emilia Patta © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ma se proviamo ad analizzare meglio le proposte, perora abbozzate, emerge una differenza più sostanzial­e. Quella, per intenderci, che separa Oltralpe Em manuel Macrond al vincitore delle primarie socialiste Benoit Hamon. O in Gran Bretagna il nuovo leader del Labour Jeremy Corbyn dalla tradizione blairiana.

Ed è proprio a questo nuovo campo della sinistra europea e statuniten­se( ilri ferimento è naturalmen­te Bern i eS anders)chegu ardano i protagonis­ti della scissione incorso, dallo stesso Bersani al governator­e della Toscana Enrico Rossi che ha appena pubblicato il libro-manifesto dall’ eloquente titolo“Rivoluzion­e socialista ”. L’ idea di base è che occorre abbandonar­e «trent’anni di predominio dell’ idea liberista» per una spiccat apolitica dire distribuzi­one dei redditi e intervento pubblico nell’economia per venire incontro ai bisogni dei giovani e dei nuovi poveri che in tutta Europa rischiano di finire nelle braccia dei populismi. Bersani, il ministro di Prodi che ha legato il suo nome alle liberalizz­azioni, riconosce che la sua generazion­e ha abbracciat­o alcune delle politiche blairiane. Ma ritiene che di fronte alla crisi economica odierna, alle nuove povertà e al richiamo delle “destre” quelle ricette non siano più valide. Una differenzi­azione che nei mille giorni del governo Renzi si è evidenziat­a sul Jobs act, sulla decisione dell’ex premier di togliere la tassa sulla prima casa per tutti (nona caso Rossi ha ribadito in queste ore la necessità di ripristina­re la tassa sulla casa per i redditi alti), oltre che sulle questioni più politiche.

Il discrimine più evidente è quello della tassazione, appunto. Con l’ idea di poter tassa redi più i redditi e i patrimoni alti per ottenere risorse perilwelf are, econl’ idea di spingere al massimo sulla lotta all’evasione. Laddove la nuova renzinomic­s che si sta mettendo a punto a Largo del Nazareno sotto lagui dadi Tommaso Nannicini, anche in vista dellep rossi metappepr ogrammatic­he a cominciare dall’appuntamen­to del Lingotto a Torino a metà marzo, tiene la barra su un punto fermo: nessun aumento delle tasse, la diminuzion­e deve continuare, e deve continuare in modo trasversal­e a tutte le fasce di reddito. C’è poi il tema d’attualità (si veda il reddito di cittadinan­za dei 5 stelle) del sostegno al reddito per le fasce più basse. Rossi nel suo libro parla di un piano contro la povertà che assicuri un contributo mensile di 400 euro a sei milio nidi poveri con una spesa di 7 miliardi annui da coprire con la lotta all’evasione (una proposta che assomiglia a quella del francese Hamon del “reddito di esistenza”). Mentre a Largo del Nazareno, pur con una virata maggiore dopo l’avvio del Jobs act sulla security piuttosto che sulla flex,r es tal’ idea di unwelf are incentrato più sulle politiche attive, sulla formazione e sul reddito di inclusione che su strumenti di intervento universali. C’ è poi il ruolo dello Stato nell’economia. Equi si comincia a notare un piccolo cambio verso anche nel loschema di Renzi, laddove si sottolinea­la necessità di non lasciare soli alcuni «campioni nazionali». Mentre la frenata che dal mondo renziano è venuta negli ultimi giorni sulle privatizza­zioni sembra essere più una posizione tattica che un segno di inversione di marcia. Su una cosa chi resta echi va via, nel Pd, sembra convergere: il tempo dell’austerità in Europa deve finire per spingere con maggiore forza su crescita e investimen­ti pubblici.

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