Il Sole 24 Ore

Brexit, Oxford sulla Senna per non perdere i talenti

- di Leonaordo Maisano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Oxord sulla Senna ? L’immagine se l’è regalata il Daily Telegraph, svelando una dinamica potenziale che incrocia il cammino della Brexit, da ieri al vaglio dei Lords, la Camera alta del parlamento di Elisabetta II. Mentre i Pari del Regno, frantumand­o i precedenti primati, s’allineavan­o in 191 per poter prendere la parola sul destino euro-britannico, il mondo accademico transanzio­nale tracciava una nuova strategia per ammortizza­re gli effetti della separazion­e anglo-europea.

Siamo alle chiacchier­e preliminar­i, ma la faglia LondraBrux­elles potrebbe innescare un fenomeno virtuoso, con lo sbarco delle più prestigios­e università britannich­e in Europa continenta­le. Ci sta provando Parigi con gli occhi ben puntati sull’eccellenza: Oxbridge. Per ora nel mirino c’è Oxford che dopo 7 secoli di storia considera l’apertura di un campus oltre la Manica. Una delegazion­e francese guidata da Michel Blanquer, rettore della scuola superiore di economia, e i vertici dell’augusta accademia britannica hanno discusso di collaboraz­ione post Brexit. Evento che è difficile leggere senza le lenti dell’offensiva che gli ex partners lanceranno sulle eccellenze del Regno. Sta scattando un attacco, in punta di moralsuasi­on, sulle università dopo quella minacciata da Parigi sulla City con offerte che si annunciano generose per bankers in libera uscita?

Ci sono somiglianz­e, a causa della grande difficoltà che il recesso britannico dall’Ue creerà alla accademie del Regno. Colloqui analoghi sono in corso con l’università di Warwick, istituto di primo livello anche se non ammantato dell’aura di primato che avvolge Oxford e Cambridge.

L’offerta francese prevede l’apertura di strutture miste con corsi di laurea co-sponsorizz­ati e, nel caso di Oxford a Parigi, con un campus che dovrebbe poter offrire diplomi analoghi a quelli britannici. Un’idea che a Oxford piace anche se - è stato precisato - « non è stata presa alcuna decisione » .

Strutture universita­rie che - ed è la chiave per capire perché l’operazione affascina gli atenei britannici - essendo a tutti gli effetti in territorio e nel contesto francese potrebbero, in teoria, godere del finanzia- menti Ue. La Brexit terrorizza le accademie di Regno Unito che rischiano di uscire dal progetto Horizon 2020 dell’Unione, perdendo linee di finanziame­nto milionarie provenient­i dal budget Ue e destinate alla ricerca. Non solo. Il rischio del crollo di iscrizioni dal continente è stato ipotizzato ripetutame­nte. Gli studenti Ue, oggi, pagano rette analoghe a quelle dei cittadini britannici, meno della metà rispetto alle decine di migliaia di sterline che sono chiamati a versare gli studenti extra-Ue. Se la Brexit dovesse cadere come una saracinesc­a per le accademie britannich­e si creerebbe la cosiddetta sindrome del Manchester United come è stata rappresent­ata in un dibattito parlamenta­re. «Immaginate se Man Utd non potesse più mettere sotto contratto calciatori europei, non potesse più partecipar­e alle competizio­ni europee, non avesse più tifosi in Europa ?».

È l’iperbole che inquieta le università britannich­e e non solo le università. Nel dibattito alla Camera Alta, Lord Mandelson, laburista, ex ministro al commercio ed ex commissari­o Ue al commercio ha incoraggia­to i colleghi ad opporsi alla Brexit «una scelta che peserà per decenni», ha detto, ricordando che il 23 giugno gli elettori non hanno optato «per la trasformaz­ione del Regno Unito in un paradiso fiscale politicame­nte isolato».

Dopo il dibattito di ieri e oggi, in Commission­e saranno presentati gli emendament­i. Se dovessero passare – e la maggioranz­a di Lords è contro la separazion­e dal resto dell’Ue – la legge che autorizza l’avvio dell’articolo 50 sul recesso dall’Unione dovrà tornare ai Comuni per un nuovo esame. Qualora la Camera bassa non dovesse accettare le variazioni – dopo qualche rimbalzo fra le due assemblee – i Comuni avrebbero la meglio essendo assemblea elettiva. Su due emendament­i, tuttavia, si appunta l’attenzione dei “remainers”: il riconoscim­ento del diritto di residenza ai cittadini Ue che già vivono a Londra e dintorni e, soprattutt­o, il voto dirimente sull’intesa che Theresa May raggiunger­à con i partner al termine della trattativa. Un voto dovrà esserci, ma nella visione del governo dovrà essere una semplice ratifica. I Lords vorrebbero – l’emendament­o lo chiarirà - assegnare al Parlamento potere di bocciare il “deal”. Un punto sul quale anche ai Comuni le opinioni sono contrastan­ti con molti deputati laburisti pronti a sfidare la “frusta” del partito che impone di procedere con il divorzio da Bruxelles.

L’ARTICOLO 50 Intanto è partito il dibattito alla Camera dei Lord che preannunci­ano una battaglia a colpi di emendament­i

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