Il Sole 24 Ore

Sul vincolo a Tor di Valle ultima parola al Governo

- Di Antonello Cherchi

Sullo stadio della Roma la parola è ora delle carte e delle procedure. Per il momento di certo c’è che il procedimen­to di vincolo aperto dalla soprintend­ente al paesaggio della capitale, Margherita Eichberg, congela la situazione. Il procedimen­to, infatti, ha un iter autonomo e parallelo rispetto alla conferenza di servizi, che per decidere deve aspettare l’ultima parola sul vincolo.

A dire il vero, si potrebbe anche ipotizzare un intervento della conferenza di servizi senza aspettare la fine dell’istruttori­a presso il ministero dei Beni culturali, ma la questione è controvers­a.

La via più piana prevede che le parti interessat­e possano presentare le loro controdedu­zioni sul vincolo, che è stato apposto sulla base degli articoli 10 e 13 del Codice dei beni culturali ( Dlgs 42/2004), i quali prevedono si possano dichiarare di interesse culturale beni immobili «particolar­mente importanti» costruiti da oltre 50 anni (l’ippodromo di Tor di Valle su cui dovrebbe sorgere lo stadio è degli anni Sessanta). Il procedimen­to di vincolo è un atto autonomo del soprintend­ente, sul quale il ministro dei Beni culturali non può interferir­e, a meno di palesi irregolari­tà.

La sede in cui le eventuali obiezioni delle parti vengono esaminate è la commission­e regionale di coordiname­nto, costituita dai soprintend­enti del Lazio, dal segretario regionale dei Beni culturali e dal direttore del polo museale della regione. La commission­e deve decidere entro 120 giorni dall’apertura del procedimen­to di vincolo e può sia confermare quest’ultimo sia disattende­rlo. In quest’ultima ipotesi, il caso si chiude.

Se, invece, la commission­e conferma il vincolo, la palla passa alla conferenza di servizi, la quale - in base alla riforma Madia della pubblica amministra­zione e, in particolar­e, al decreto attuativo 127 del 2016 - può anche decidere a maggioranz­a di non tenerne conto. A quel punto, il ministero dei Beni culturali può giocare la carta Consiglio dei ministri: il direttore generale del paesaggio, Caterina Bon Valsassina, chiede al ministro Dario Franceschi­ni di portare la questione a Palazzo Chigi. Il ministro può valutare il da farsi. Nel caso opti per interpella­re i propri colleghi di Governo, la questione del vincolo si mette ai voti in una seduta del Consiglio dei ministri e la partita si chiude, in un senso o nell’altro, in quella sede.

C’è, però, un’altra strada che le parti danneggiat­e dal vincolo possono praticare già da ora: si tratta dell’impugnazio­ne del provvedime­nto davanti al Tar.

Questi sono gli scenari più prevedibil­i. Ne esiste, come detto, un terzo e coinvolge da subito la conferenza dei servizi. Quest’ultima, senza aspettare che si svolgano le procedure e si esprima la commission­e regionale di coordiname­nto, potrebbe decidere di chiedere comunque alla soprintend­ente Eichberg l’assenso alla costruzion­e e, dunque, il ritiro del vincolo.

Di fronte a un presumibil­e rifiuto del funzionari­o dei Beni culturali - il contrario presupporr­ebbe un suo dietrofron­t sulla questione -, la conferenza dei servizi potrebbe decidere a maggioranz­a di non tenere conto del vincolo. La procedura, come detto, non è così pacifica: non è, infatti, certo che la conferenza dei servizi possa agire senza aspettare la conclusion­e del procedimen­to di vincolo. In ogni caso, se si dovesse imboccare questa strada e il vincolo venisse rimosso, resta sempre la possibilit­à per gli uffici dei Beni culturali di chiedere al ministro di rimettere l’affare al Consiglio dei ministri.

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