Unione petrolifera: fisco opprimente
Da un lato, gli effetti della prolungata crisi economica. Dall’altro, il significativo peso della tassazione sui prodotti petroliferi che ha finito per alimentare una crescente illegalità. E, ora che è tornato ad aleggiare lo spettro di un nuovo intervento sulle accise, c’è allarme nel comparto. «Siamo preoccupati - spiega il presidente dell’Unione Petrolifera, Claudio Spinaci, al Sole 24 Ore -, perché già oggi la componente fiscale del prezzo italiano è tra le più alte in Europa, mentre il prezzo industriale è mediamente al di sotto. Su questo abbiamo fatto grandi passi avanti, vanificati però dall’incremento della fiscalità dal 2011». L’ultimo preconsuntivo è lì a documentarlo: il peso delle tasse a livello nazionale nel 2016 è ulteriormente cresciuto con una media del 69% per la benzina e del 65% per il gasolio, sopra la media europea pari, rispettivamente, al 66% e al 60%, e con l’intero settore che ha assicurato 38,8 miliardi di gettito (27,4 miliardi dalle accise e 11,4 miliardi dall’Iva). «Un simile prelievo - prosegue Spinaci - è doppiamente penalizzante perché espelle dal mercato chi opera regolarmente, falsando la competizione, e produce una sorta di dumping sui prezzi al consumo».
Un impatto non da poco, quindi, tanto che Spinaci ha inviato nei giorni scorsi una missiva al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per suggerire una strada diversa. «Quantificare l’evasione è molto difficile, una stima è che possa interessare il 10% del mercato - aggiunge -. Se fosse questo il livello, si recupererebbero le stesse risorse accelerando l’attuazione delle norme di contrasto contenute nella Stabilità e nel collegato fiscale, alle quali si è arrivati anche grazie al lavoro del tavolo permanente istituito nel 2016 e coordinato dal sottosegretario all’Economia, Paola De Micheli».
L’associazione ha poi creato una cabina di regia per assicurare una declinazione efficace di tutte le misure messe in campo per fronteggiare illegalità e contrabbando che sono però solo uno dei nodi da sciogliere. «C’è una sottovalutazione - rimarca il presidente - dei rischi di depauperamento della filiera industriale che potrebbe collassare e che invece, come abbiamo ribadito qualche giorno fa nel corso di un’audizione al Mise in vista della nuova strategia energetica nazionale, deve essere messa nelle condizioni di assicurare l’approvvigionamento dei prodotti a un costo competitivo e un livello di investimenti adeguato per continuare a garantire qualità, affidabilità e sicurezza». Senza tralasciare l’esigenza, precisa Spinaci, «che il governo adotti scelte consapevoli, sulla base di oggettivi riscontri e di analisi serie costi-benefici, anche per accompagnare la transizione energetica verso un sistema a bassa emissione di carbonio». Ergo: l’ipotesi di eliminazione graduale dei combustibili fossili per la mobilità «a una data stabilita per legge, già avanzata in alcuni contesti istituzionali non è accettabile. Servono decisioni ponderate - chiosa - che tengano anche conto della rilevanza del downstream petrolifero, cruciale oggi per far muovere il paese e strategico anche negli scenari futuri più stringenti».