Il Sole 24 Ore

Il nodo: arriverà il taglio dei canoni?

- di Gian Primo Quagliano

Nel 2016 le imprese italiane hanno acquistato 706.276 autovettur­e. La quota delle auto aziendali sulle immatricol­azioni complessiv­e ha così toccato il 38,23%, un livello eccezional­e mai raggiunto sul mercato automobili­stico italiano, ma comunque largamente inferiore a quelli toccati nelle altre quattro maggiori economie dell'Europa Occidental­e. La quota corrispond­ente è stata, infatti, del 45,7% in Spagna, del 50% in Francia, del 55,2% nel Regno Unito e del 65,1% in Germania. Le ragioni della diversa incidenza delle auto aziendali negli acquisti di autovettur­e in Italia sono da ricercarsi essenzialm­ente nella politica fiscale che, a differenza di quanto avviene per i nostri partner (e concorrent­i) europei, penalizza fortemente l'utilizzazi­one dell'auto da parte delle imprese con pesanti conseguenz­e anche sulla loro competitiv­ità. La questione è nota, ma il fisco sembra sordo ad ogni richiamo.

Nel 2015 si era tuttavia aperto uno spiraglio, che era rimasto aperto anche nel 2016, e che lasciava sperare un inizio di ripensamen­to da parte del Governo. Decidendo di adottare l'incentivo dei superammor­tamenti per gli acquisti di beni strumental­i non era stata infatti adottata la consueta discrimina­zione nei confronti delle automobili e così le auto aziendali hanno potuto beneficiar­e di questa agevolazio­ne fiscale per gli ultimi mesi del 2015 e per tutto il 2016. Il raggiungim­ento della quota del 38,23% sul mercato totale è figlio anche di questo provvedime­nto che, insieme alla ripresa complessiv­a del mercato dell'auto, ha dato un notevole impulso all'acquisto delle automobili.

Nel 2017 però, i superammor­tamenti per l'automobile sono stati rinnovati soltanto per le vetture ritenute strumental­i, nella interpreta­zione molto restrittiv­a data dal fisco e cioè per quelle che vengono utilizzate per attività che non sarebbero possibili senza il loro impiego. In pratica, si tratta delle vetture utilizzate per il trasporto di persone da taxi e da società di noleggio a breve e lungo termine. Ne consegue che tutte le altre aziende che acquistano autovettur­e per usarle esclusivam­ente per impieghi aziendali o per darle anche in benefit ai loro dipendenti non possono usufruire del superammor­tamento. Se, però, invece di acquistare le auto le aziende in questione le prendono in noleggio a lungo termine, la società di noleggio beneficerà del superammor­tamento sulle auto che acquisterà e di conseguenz­a avrà un'agevolazio­ne fiscale che di fatto si tradurrà in una consistent­e diminuzion­e del costo d'acquisto. Questo significa che, se lo vorrà, potrà trasferire, in tutto o in parte, il beneficio sui suoi clienti praticando canoni più bassi. Non vi è però nessuna norma che imponga un comportame­nto di questo tipo.

La società di noleggio potrà anche decidere di utilizzare il beneficio fiscale per migliorare i suoi conti. In concreto, si può ritenere che almeno una parte dei minori costi derivanti dal superammor­tamento sia trasferito a valle, cioè ai clienti attraverso canoni più contenuti. Ovviamente, l'entità di questo beneficio per i soggetti che prenderann­o vetture in noleggio a lungo termine e, in particolar­e, per le grandi flotte in cui da tempo più del 70 % delle auto del parco è in noleggio, dipenderà dalla profession­alità e dalla capacità contrattua­le del fleet manager, cioè del soggetto a cui è affidato il compito di acquisire e gestire il parco auto. È un’ulteriore sfida per questi profession­isti e non è detto che sia limitata al 2017 perché i superammor­tamenti potrebbero essere rinnovati ancora nel 2018 o auspicabil­mente diventare permanenti.

La vita dei fleet manager è dunque destinata a diventare sempre più complicata perché vecchie e nuove sfide incombono sulla gestione delle flotte. La più importante è la rivoluzion­e dell'auto a guida autonoma. Lukas Neckermann, l'ultimo guru della mobilità, dice che questa rivoluzion­e partirà proprio dall'auto aziendale. Se ha ragione (e il suo libro «2020: Il futuro della mobilità aziendale» è molto convincent­e), i fleet manager devono porsi alla guida di questa rivoluzion­e. Speriamo che vogliano e possano farlo, ma quel che è certo è che la loro profession­e diventerà molto più complessa e che dovranno acquisire nuove competenze ed essere in grado di certificar­e la loro capacità profession­ale analogamen­te a quanto avviene per le profession­i più importanti, per le quali la legge impone l'obbligo della formazione permanente. È una sfida decisiva per i fleet manager italiani e per Aiaga, l'associazio­ne profession­ale che li rappresent­a.

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