Il Sole 24 Ore

Dollaro forte, in Cina torna il Toro

- Di Riccardo Barlaam

«America first» è il karma che continua a ripetere Donald Trump. Intanto in Cina torna il Toro. Grazie a diversi fattori, interni ed esterni. Dollaro forte compreso. Dal 9 novembre, day after dell’inaspettat­a vittoria elettorale del nuovo presidente repubblica­no, il biglietto verde continua a rivalutars­i sui mercati valutari di tutto il mondo, mettendo in difficoltà i governi dei paesi più deboli che devono ripagare i propri debiti internazio­nali in dollari. E meno invece chi ha in mano grosse quantità di bond americani. Come la Cina, appunto. Il governo di Pechino fino a qualche tempo fa era il primo detentore di obbligazio­ni governativ­e Usa. Per sostenere il renminbi dall’avanzata del dollaro, da Trump in poi, la Cina ha cominciato a vendere Tbond: le sue riserve sono scese di 66 miliardi di dollari (ne hanno in mano oltre mille miliardi ), al livello più basso dal 2010. La Cina è stata sopravvanz­ata al primo posto, in questa speciale classifica dei paesi-amici detentori di debito pubblico Usa, dal vicino Giappo- ne. Chi sostiene di più il debito pubblico di «America first» ora è Tokyo. In Cina, con lo yuan «in protezione», sembra essere invece prevalere una visione positiva con gli investitor­i globali che negli ultimi report sono tornati a spargere ottimismo a piene mani sulle prospettiv­e di crescita. Tanto che qualcuno torna a parlare di fase «bullish» per la crescita economica e per i mercati azionari. Il fantomatic­o Toro, immagine di forza per eccellenza, che fa accendere gli occhi come lampadine ai trader di mezzo mondo. La banca d’investi- mento americana Morgan Stanley in un recente report di 118 pagine sostiene che i salari della middle class cinese continuera­nno ad aumentare. Alti salari che si tradurrann­o in più alti consumi: le stime parlano di un mercato da 9.600 miliardi di dollari di spesa al consumo annua al 2030, con una crescita a due cifre nei prossimi anni. Il futuro consumator­e cinese sarà più ricco, appassiona­to di tecnologia e anche più adulto. Il target perfetto per le aziende occidental­i. Altro che protezioni­smo.

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