Terna rilancia sulla crescita dei dividendi
Esteso al 2021 l’incremento annuo del 3% già fissato dalla precedente strategia
pQuattro miliardi di investimenti nei prossimi cinque anni, con ricavi attesi a 2,3 miliardi e Ebitda a quota 2,7 miliardi, mentre per l’utile netto è prevista una crescita media annua del 3 per cento. Terna ha presentato ieri il nuovo piano che promette agli azionisti l’estensione al 2021 della “policy dividend”, già annunciata lo scorso anno con la precedente strategia, che aveva fissato una crescita annua del dividendo del 3 per cento. Il focus della spa dell’alta tensione resta la rete nazionale, dove sono in programma nuovi collegamenti, oltre al consolidamento delle infrastrutture esistenti, ma nel piano illustrato ieri alla comunità finanziaria viene rafforzata anche la dote prevista per i progetti su attività regolate all’estero. Con la rotta puntata ancora su America Latina (Uruguay e Cile), Balcani e Africa.
pL’obiettivo resta puntato sull’Uruguay, dove l’accordo siglato con Ute apre la strada per nuovi investimenti, e sul Cile, a conferma dell’importanza dell’America Latina nella geografia del gruppo, che valuta altresì ulteriori opportunità in Africa e nei Balcani, facendo leva sulla sua rodata capacità di predisporre soluzioni “chiavi in mano” per le infrastrutture di trasmissione. Non a caso, nel nuovo piano strategico 2017-2021, presentato ieri alla comunità finanziaria dal numero uno Matteo Del Fante, affiancato dalla presidente Catia Bastioli e dal cfo Tiziano Ceccarani, Terna rimpolpa le risorse per progetti su attività regolate all’estero (250 milioni) e conferma il suo sforzo sulla rete nazionale, mettendo in pista 4 miliardi di investimenti in cinque anni per irrobustire e ampliare linee e stazioni (il 30% in più del vecchio piano dall’orizzonte quadriennale). Sullo sfondo, un mercato dell’energia dal volto profondamente cambiato che chiede alle reti elettriche un impegno sempre più consistente e, come riconosce Del Fante, «un ruolo di accompagnamento» nella transizione verso un sistema a più basse emissioni.
Terna si candida così a ricoprirlo, senza però tralasciare i suoi azionisti, ai quali promette di estendere l’incremento annuo del 3%, già previsto nella precedente strategia, fino al 2021 quando la cedola toccherà quindi quota 23,9 centesimi (con un payout complessivo sotto il 70% nei cinque anni). Il focus resta dunque, come detto, la rete nazionale, sebbene la spa dell’alta tensione si aspetti un contributo sempre più significativo dalle attività non regolate (che arriveranno a incidere per 350 milioni sull’Ebitda del gruppo da qui al 2021). E, rispetto al business tradizionale (con il valore degli asset regolati atteso a 15,6 miliardi a fine piano e un tasso di remunerazione previsto al 5,3% anche dopo il 2019, quando ci sarà la revisione di metà periodo del regime regolario a opera dell’Authority), il nuovo piano rimarca, da un lato, l’impegno sulle interconnessioni con l’estero, a partire da Francia e Montenegro (la cui entrata in esercizio è fissata nel 2019), e, dall’altro, tratteggia nuove direttrici come il Sacoi 3 (la linea tra Italia, Sardegna e Corsica) e il collegamento Italia-Austria.
Sul fronte delle attività non regolate, Terna è pronta poi a realizzare 850 nuovi megawatt mediante gli interconnector finanziati dagli energivori e a seguire possibili occasioni di sviluppo oltreconfine laddove siano garantiti ritorni certi e bassi profili di rischio. Quanto al nuovo cavo con la Tunisia - il cui costo, stando alle prime stime preliminari indicate ieri dal ceo, dovrebbe aggirarsi sui 600 milioni -, il gruppo sta lavorando a raccogliere il sostegno necessario affinché sia inserito tra i progetti di interesse comunitario. «Speriamo che nel 2017 si stabilisca un percorso certo per quest’opera dalla valenza gepolitica molto importante», precisa l’ad.
La direzione, dunque, è chiara. E, nel ribadirla, la controllata di Cdp Reti, che potrà contare su una solida generazione di cassa (6 miliardi) nell’arco di piano, chiude intanto il 2016 con ricavi a 2,1 miliardi (2,08 miliardi l’anno prima), Ebitda a 1,54 miliardi leggermente sopra la guidance e in linea con il 2015, e un indebitamento a 8 miliardi (lo stesso livello raggiunto nel 2015), e fissa a 2,3 miliardi l’asticella dei ricavi a fine piano e l’Ebitda a quota 1,7 miliardi con una crescita media annua del 2%, mentre per l’utile netto è atteso un incremento medio annuo del 3% da qui al 2021. Con il 2017, invece, che dovrebbe andare in archivio con ricavi a 2,25 miliardi, Ebitda a 1,58 miliardi, utile per azione a 34 cent e investimenti a 900 milioni.
A margine, poi, l’attenzione vira, com’eraprevedibile,sullaprossima tornata di nomine. «Il nuovo piano industriale - replica il top manager - è l’occasione importante per me di continuare questo progetto in cui tutti insieme abbiamo investito tanto e che può creare, per il sistema elettrico italiano, una posizione importante. Voglio portare a termine questo piano, sono qui per questo», ma sulla riconferma «non sta a me decidere».