Enti «103», il futuro passa da un welfare sempre più ampio
La ricorrenza dei vent’anni dell’Eppi, che segue di poco quella celebrata nel dicembre scorso dagli enti di previdenza privata di cui al decreto 103,rappresenta la prova più consistente di come il testimone raccolto dalle mani del legislatore venti anni orsono sia in mani salde e proceda verso nuovi traguardi.
L’innovativo esperimento di privatizzazione di una parte del sistema di protezione sociale attuato col decreto legislativo 103/1996 si è rivelato vincente. Al cospetto, infatti, di un sistema di regole, tutele e di una governance che erano da costruire dalle fondamenta, di norme succedutesi che non sempre hanno fatto da “sponda” e degli impatti della crisi sui redditi e sull’occupazione libero-professionale, le casse privatizzate non si sono limitate a svolgere il compito loro assegnato, ma hanno saputo innovare loro stesse e il ruolo ad esse assegnato.
Il primo traguardo tagliato dagli enti privatizzati è stato quello di costruire una relazione nuova con l’iscritto. Quelli che potevano rivelarsi freddi apparati rappresentano oggi la “casa” degli iscritti: un cambio di prospettiva, questo, che ha accompagnato gli enti nel corso del loro consolidamento e che proprio nel momento della crisi è giunto a compimento, offrendo un sistema di tutele che da puntiforme (la previdenza) si è fatto reti-forme, sempre più esteso (al professionista, alla persona, alla famiglia) e con maglie sempre più strette (l’assistenza, la tutela della salute, il welfare professionale, il welfare alla famiglia).
La mutata percezione degli enti è tuttavia effetto dell’evoluzione funzionale, in chiave marcatamente pratica, che li ha caratterizzati. Le “Casse” del 103, cui appartiene l’Eppi, sono oggi hub polifunzionali i cui iscritti nelle varie fasi di vita e di lavoro – dall’avvio della professione, al suo rilancio o riconversione – possono contare su un set di incentivi, sostegni e risorse (rateazione dei contributi, agevolazioni per investimenti correlati alla professio- ne, borse di studio, bonus per nascita figlio eccetera) e che permettono di rilanciarsi professionalmente o superare fasi di vita anche complesse. In questo risiede la modernità degli enti, che hanno compreso prima di tutti quanto il mondo delle professioni sia cambiato, e tuttora lo stia facendo, sotto la spinta della tecnologia, dei mercati, dei nuovi modelli di business che si vanno affermando, e con essi il bisogno di welfare espresso.
Oltre alla mutata “immagine” e alla più assortita offerta di prestazioni di welfare integrato erogate, sono la vitalità e la lucidità con le quali gli enti hanno saputo “dettare il passo” in talune situazioni, a chiudere il cerchio della loro evoluzione. Il pragmatismo mostrato nel rileggere e attualizzare alla luce delle nuove sfide la funzione originaria degli enti, la tutela previdenziale, rappresenta l’ulteriore traguardo tagliato dagli “enti 103”, che hanno messo in campo tutti gli strumenti – e i margini di azione – funzionali a scardinare assetti apparentemente rigidi e politicamente “scomodi”. Eppure, a fronte di modesti tassi di sostituzione assicurati dai regolamenti previdenziali in origine – che stabilivano contribuzioni poco compatibili con un sistema di calcolo contributivo – le Casse hanno approntato puntelli e sostegni tali da costruire una tutela previdenziale ben più solida a vantaggio degli iscritti. Se l’innalzamento dell’aliquota di calcolo del contributo soggettivo rientra nell’ordinaria amministrazione, nel distribuire una quota del contributo integrativo sul montante previdenziale dell’iscritto o nel rivalutare i contributi versati dall’iscritto attribuendo l’extrarendimento degli investimenti le Casse hanno dato prova di maturità e lungimiranza.
Per accingersi a tagliare nuovi traguardi servono regole chiare e procedure fluide, tanto nei controlli quanto soprattutto nell’allocazione del patrimonio perché i tempi delle norme molto spesso non coincidono con quelli della finanza.