Procedure concorsuali, la scelta rischiosa di imprese sotto tutela
La riforma delle procedure concorsuali, con i principi e i criteri che dovranno essere posti dal Governo alla base della futura disciplina dell’insolvenza delle imprese italiane, è stata approvata dalla Camera.
Sembra definitivamente giunto il tempo in cui la procedura del fallimento lascia la propria supremazia su quelle che fino a poco tempo fa erano definite procedure concorsuali minori, permettendo all’interazione tra i creditori e debitore, se vogliamo al buon senso degli stessi, di risolvere una situazione che fino a ora gli stessi creditori ben potevano non conoscere, in quanto volutamente celata dall’imprenditore poco propenso a rendere disclosure in tal senso. Sempre di più, quindi, hanno peso le capacità, l’ingegno e le competenze del debitore imprenditore e dei soggetti cui si è affidato per trovare soluzioni a una situazione debitoria spesso molto complicata, per la cui comprensione e composizione si rende necessario comprendere il mercato di riferimento, le aspettative della clientela e le prospettive dell’impresa nello stesso. Non a caso, la fase in cui l’imprenditore rimette a posto i debiti è stata definita «la seconda vita dell’impresa»: non più un pagamento parziale di quanto dovuto, ma una cooperazione tra i vari protagonisti con interessi diversi funzionale a raggiungere uno scopo comune.
A tale primo fil rouge della riforma se ne aggiunge un secondo che presenta finalità del tutto diverse e volte ad anticipare l’emersione dello stato d’insolvenza dell’impresa. Il riferimento è ai meccanismi di allerta, intesi quali procedure finalizzate a incentivare l’emersione anticipata della crisi e agevolare le trattative tra debitori e creditori in una fase che precede la decozione dell’impresa. L’articolo 4, comma 1 lettere c)e d), infatti, pone a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione l’onere di informare l’organo amministrativo (ovvero, nel caso di omessa risposta l’organismo di nuovo conio istituito presso ciascuna camera di commercio) dell’esistenza di fondati “indizi della crisi” e che, allo stato dovranno essere individuati considerando, in particolare, il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi, l’indice di rotazione dei crediti, l’indice di rotazione del magazzino e l’indice di liquidità. Analogo compito spetta ai creditori pubblici qualificati (fisco), i quali dovranno segnalare all’organismo il perdurare di inadempimenti di importo rilevante. Tali segnalazioni attireranno le attenzioni dell’organismo, il quale convocherà l’imprenditore al fine di proporre le possibili soluzioni della crisi in atto.
Entra, insomma, nel radar della legge la fase pre-crisi, nella quale l’imprenditore è affiancato da un organismo istituzionale con il compito d’individuare «le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi». Si nota come, nonostante le buone intenzioni, il legislatore creda poco nelle capacità dei creditori e debitori di trovare da soli una strada per risolvere lo stato di crisi. Nel futuro (forse) non ci saranno più “falliti”, ma il mercato sarà colmo di imprenditori con «l’amministratore di sostegno».
Non credo sia sbagliato chiedersi se la regolamentazione di una fase così delicata non comporti un irrigidimento nelle possibilità del debitore di gestire la propria attività, impedendogli di utilizzare tutte le proprie risorse (in termini di ingegno e creatività) per risolvere una situazione che, malgrado gli indici di ordine economico, spesso costituisce uno stato fisiologico dell’impresa, magari a esito di importanti investimenti. Nessun dubbio sulla necessità di introdurre misure volte ad agevolare la ricomposizione della crisi su base negoziale, né sulla necessità di snellire il procedimento, ma il controllo su una fase dell’impresa in cui non è ancora sorto il rischio d’insolvenza definitiva potrebbe non essere un mezzo efficace per raggiungere un economia più sana. Risultato, forse, più facilmente ottenibile facilitando l’accesso ai sostegni finanziari, economici e consulenziali, anche attraverso modifiche normative che proprio nel secondo passaggio legislativo del Ddl in esame potrebbero trovare ingresso.