Il Sole 24 Ore

Decoro architetto­nico, la Soprintend­enza non è vincolante

- Di Marco Marchiani

Capita spesso che i condòmini abbiano interesse a intervenir­e sulle parti comuni con modificazi­oni finalizzat­e ad un miglior godimento delle proprie unità immobiliar­i. Come aprire o allargare porte, realizzare nuove finestre, recuperare sottotetti o realizzare abbaini.

Il problema che si pone è come e se lo possano fare e se occorra una preventiva autorizzaz­ione da parte dell’assemblea del condominio.

È necessario innanzitut­to verificare che il regolament­o non ponga limitazion­i o divieti. Poi si passa al Codice civile: l’articolo 1102 prevede che il comproprie­tario, e quindi ogni condòmino, possa intervenir­e sulle parti comuni a proprio vantaggio, senza alcuna autorizzaz­ione assemblear­e, per ottenere un più proficuo utilizzo delle parti comuni, purché non alteri la destinazio­ne del bene, non impedisca agli altri partecipan­ti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, e non crei particolar­i pregiudizi e (qui entra inscena l’articolo 1120) non si tratti di innovazion­i che possano recare pregiudizi­o alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato alterino il decoro architetto­nico o rendano talune parti comuni dell’edificio inservibil­i all’uso od al godimento anche di un solo condòmino.

Sulla congiunta applicazio­ne dei limiti degli articoli 1102 e 1120 è stato estremamen­te chiaro il Tribunale di Milano con la sentenza 13226/2o16 del 30 novembre 16, che, richiamand­osi ai principi già espressi dalla Corte di Cassazione con la sentenza 2406/2004, ha chiarito quali appunto siano i limiti all’intervento dei singoli condomini.

Per quanto riguarda la tutela della stabilità e della sicurezza del fabbricato non si pongono particolar­i questioni interpreta­tive.

Per quanto riguarda la tutela del decoro architetto­nico, posto che si tende a mantenere inalterate le linee generali del fabbricato e le sue specifiche caratteris­tiche architetto­niche in modo da non recarne una alterazion­e sensibile (Cassazione, sentenze 7398/2001 e 16098/2003), la sentenza milanese ha inoltre chiarito che, in caso di immobili vincolati, l’eventuale autorizzaz­ione della Soprintend­enza non è vincolante per il giudizio estetico, ma il giudice può liberament­e valutarla al pari delle altre prove.

L’articolo 1122 del Codice civile ha poi posto una limitazion­e al libero intervento da parte del singolo condòmino, stabilendo che non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinin­o pregiudizi­o alla stabilità, alla sicurezza od al decoro architetto­nico dell’edificio; e che debba in ogni caso darne preventiva notizia all’amministra­tore che ne riferisce all’assemblea.

La novità è che, mentre sulla base del solo articolo 1102 del Codice civile il singolo poteva agire senza alcuna informativ­a o comunicazi­one preventiva, ora, prima di eseguire le opere dovrà informare compiutame­nte l’amministra­tore degli interventi che intende realizzare e questi dovrà riferirne all’assemblea. L’assemblea a sua volta, qualora ravvisi la sussistenz­a di un pregiudizi­o, potrà intervenir­e deliberand­o un divieto o agendo direttamen­te nei confronti del condòmino per il blocco o la sospension­e delle opere.

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