Quei «magnifici sette» pianeti dove c’è vita
La Nasa svela il sistema planetario Trappist-1: è a 40 anni luce da noi
Chi, in una sera d’estate magari in riva al mare o in montagna, guardando il cielo non ha pensato: «Ma ci sarà o no qualcun altro lassù in questa immensità» alzi la mano. E ieri non uno ma ben sette pianeti molto simili alla nostra Terra, come dimensioni, e tre sono in condizioni ottimali per ospitare acqua in forma liquida, sono stati scovati molto vicino a noi, a soli 40 anni luce da noi, attorno alla stella Trappist - 1.
Non uno ma ben sette pianeti molto simili alla nostra Terra, come dimensioni, e tre sono in condizioni ottimali per ospitare acqua in forma liquida, sono stati scovati molto vicino a noi, a soli 40 anni luce, attorno alla stella Trappist - 1, una nana bruna freddissima, solo 300 gradi alla superfice, e piccolissima, un decimo della massa del nostro Sole. Tre di questi sono in condizioni ottimali per avere acqua liquida alla superfice. Per scovarli sono stati usati i migliori osservatori spaziali Nasa e i telescopi europei in Cile, i migliori esistenti al mondo. È quanto è stato annunciato ieri sera congiuntamente da Nasa e dall’Osservatorio astronomico europeo, dopo una due giorni di annunci tipo “ti dico e non ti dico” che avevano portato al massimo la curiosità del pubblico, ma anche dei professionisti e fatto sognare chi spera sempre di vedere soddisfatto l’antica speranza di non essere solo nell’Universo.
Sulla importante rivista Nature, contemporaneamente alla conferenza stampa tenutasi alle 19 ora italiana di ieri all Nasa, è stato pubblicato il lavoro di un team di oltre 30 astrofisici di varie nazionalità che, utilizzando il telescopio spaziale Spitzer, lo Hubble Space Telescope e i telescopi a terra dell’Osservatorio europeo del Sud in Cile, hanno effettuato questa importante scoperta che certamente solletica il nostro immaginario di “altri mondi”, vecchio di centi- naia di anni, almeno da Giordano Bruno coi suoi infiniti mondi in avanti e, inutile negarlo, ci un po’ fa sognare.
I magnifici sette piccoli pianeti terrestri attorno alla freddissima Trappist – 1 sono stai individuati con una tecnica concettualmente molto semplice: se siamo tanto fortunati che questi pianeti siano nella posizione giusta fra noi e la stella allora questi passeranno davanti alla stella stessa provocando delle minuscole eclissi che da terra, con molta fatica e utilizzando gli strumenti migliori, possiamo rivelare, passando poi ai telescopi spaziali il compito di perfezionare la ricerca.
Questi trovati e appena esposti al pubblico sono un sistema ben strano, che pochi si aspettavano potesse esistere. Intanto, come detto, sono quasi dietro l’angolo, 40 anni luce sono per noi miliardi di miliardi di chilometri e non sapremo mai, oggi come oggi, come arrivarci, ma nel panorama anche solo della nostra galassia, la Via Lattea, che conta almeno 100 miliardi di stelle e una dimensione di 100mila anni luce almeno, sono nulla.
Poi, ed è il motivo di particolare interesse, i sette pianeti che ruotano attorno a Trappist-1 non solo sono delle piccole terre, grandi grosso modo come i satelliti di Giove, circa 4mila chilometri di diametro e solidi, ma, e qui sta il punto vero dell’interesse, ben tre di questi sono nella cosiddetta zona Goldilocks e quindi non sono così vicini alla propria stella da essere troppo caldi, come ad esempio Mercurio, il pianeta del nostro sistema più vicino al Sole, che ha temperature superficiali anche di 400 gradi, né troppo distanti da essere freddissimi come Plutone, che sta a circa meno 200 gradi.
La stella madre, Trappist-1, è quella che gli astrofisici chiamano una nana bruna, una tipologia fra le più piccole e fredde esistenti, a mezzo fra il pianeta molto grosso, come il nostro Giove, e il Sole. Giove, per dirla in modo semplice, ha mancato per poco l’obiettivo di diventare una nana bruna, le dimensioni c’erano, la massa un po’ meno. Se fosse stato appena poco più grosso si pensa avrebbe potuto accendere le reazioni di fusione nucleare che avrebbero potuto fornire energia per miliardi di anni e farlo risplendere di luce propria, anche se molto poco come appunto Trappist-1 la stella in questione. Come dimensioni, che, come si sa da tempo non è riuscito e a innescare quelle reazioni nucleari che lo avrebbero fatto diventare una stella. Non ci si aspettava che una stella del genere, un decimo della massa del Sole e solo 300 gradi di temperatura superficiale, potesse avere attorno un corredo di pianeti così nutrito e in condizioni tanto favorevoli, da permettere la esistenza, almeno teorica, di acqua liquida sulla loro superfice. Questa condizione è, forse troppo ingenuamente, pensata come obbligatoria per pensare alla presenza di vita su un pianeta e comunque più studiamo l’universo e più ci rendiamo conto che l’acqua, nelle varie forme, ghiacciata, liquida, vapore, in soluzione, è presente dappertutto.
Michael Gillon, dell’Università di Liegi in Belgio, capo del nutrito team di autori dell’importante ricerca ha osservato che questa piccola e fredda stella con i suoi piccoli pianeti somiglia tantissimo al nostro pianeta Giove e ai suoi satelliti maggiori: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Fino al 1995 di pianeti attorno a stelle diverse dal Sole si è potuto solo parlare poi, proprio in quell’anno, l’astrofisico svizzero Mayor con la tecnica che abbiamo descritto prima scoprì il primo. Oggi ne conosciamo quasi 4000 e questo solo nelle stelle molto vicine a noi. Quello che gli studi teorici avevano previsto, ovvero la presenza di un sistema planetario attorno a praticamente ogni stella, è diventato una realtà e ora stiamo popolando una statistica veramente eccitante.
Pianeti dappertutto, potrebbe essere lo slogan, anche se, è bene ripeterlo sempre, non li vediamo direttamente ma ne intuiamo la presenza, come quando, in un lungo viale in una sera d’estete, vediamo lontani lampioni la cui luce ha brevi e modestissime oscillazioni dovute a qualche farfalla notturna che ci vola intorno. Ci riusciremo, a vederli in faccia, con la nuova generazione di telescopi con diametri di 40 metri. E in questo l’Europa e in testa a tutti con lo stato avanzato di costruzione del suo EElt, European Extremely Large Telescope, sulle Ande cilene, pieno di tecnologia italiana per il controllo delle immagini e di questo mostro da centinaia di tonnellate.