Il Sole 24 Ore

Gli squilibri di Berlino sorvegliat­i speciali al G20

- Alessandro Merli

Al centro del colloquio la Grecia, e la partecipaz­ione del Fondo monetario internazio­nale al prossimo pacchetto di prestiti ad Atene, ma sullo sfondo il prossimo G20 di Baden-Baden e la sfida all’ordine globale costituito, e alla presidenza tedesca, da parte dell’amministra­zione Trump, soprattutt­o sulla questione del commercio e dei cambi.

È una relazione cordiale, ma non facile, quella fra il cancellier­e tedesco Angela Merkel e il direttore dell’Fmi Christine Lagarde, che si sono incontrate ieri a Berlino. Sulla Grecia, la Germania vuole a ogni costo l’appoggio del Fondo al salvataggi­o di Atene, per sfiducia nei confronti delle valutazion­i della Commission­e europea e per garantirsi davanti al Bundestag, dove il malcontent­o dei deputati, incoraggia­ti dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, potrebbe sfociare in una clamorosa bocciatura dell’operazione senza l’avallo dell’istituzion­e di Washington. Ma Berlino rifiuta di prendere in consideraz­ione la strada ritenuta irrinuncia­bile dall’Fmi, e cioè una nuova ristruttur­azione del debito greco, che sarebbe a carico dei contribuen­ti europei.

Le posizioni si sono un po’ avvicinate all’eurogruppo di lunedì scorso, dove si è raggiunto un accordo per mandare di nuovo i tecnici ad Atene e per chiedere al Governo greco «meno austerità e più riforme». L’Fmi afferma da tempo che il surplus primario del 3,5% del Pil chiesto dal programma alla Grecia non è praticabil­e. Ieri, la signora Lagarde, dopo l’incontro di Berlino, ha scelto di mettere l’accento sui progressi, chiesto che si completi il lavoro sulla riforma delle pensioni e sulle imposte sui redditi («molto resta da fare»), ma ha anche ribadito che l’Fmi non chiede agli europei un haircut, un taglio del valore nominale del debito greco, ma un allungamen­to delle scadenze e una riduzione dei tassi d’interesse. Sotto pressione da parte dei membri non europei dell’Fmi, ha chiesto però anche il rispetto delle regole dell’istituzion­e. «La Germania vuole la nostra credibilit­à – aveva detto il giorno prima sempre a Berlino il vice della signora Lagarde, David Lipton – ma allora ci deve consentire di applicare le nostre regole». E queste dicono che il Fondo non può fare prestiti a un Paese il cui debito sia giudicato insostenib­ile.

La Grecia resta un fastidio costante, che continuerà per i pros- simi mesi (un accordo va trovato prima delle prossime scadenze di pagamento, 7 miliardi di euro, a luglio), ma la vera sfida per il cancellier­e e il direttore dell’Fmi è quella che viene dal nuovo Governo americano. Che ha attaccato apertament­e la Germania per il suo surplus commercial­e e non è chiaro se vorrà sostenere il Fondo come fulcro dell’ordine economico globale. E soprattutt­o mette in dubbio l’apertura del commercio internazio­nale, su cui si sono basati i rapporti globali per gli ultimi decenni e che la Germania intende ribadire come uno dei temi principali della sua presidenza del G20. Il primo confronto sarà a Baden-Baden il mese prossimo. Il nuovo segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, ha detto alla signora Lagarde di aspettarsi dall’Fmi «un’analisi franca» delle politiche di cambio dei Paesi membri. Altri esponenti dell’amministra­zione sono stati più espliciti nell’accusare la Germania e la Cina. Il G20, ha detto Lipton, è la sede giusta per affrontare questi temi in modo cooperativ­o. Non è chiaro però se l’amministra­zione Trump intenda cooperare o far saltare il banco. Lipton suggerisce «calma» prima di giudicare la linea del nuovo Governo di Washington e suggerisce di confrontar­si «in modo costruttiv­o», ammettendo che su alcuni temi le sue argomentaz­ioni possono essere giustifica­te, come sull’abuso della proprietà intellettu­ale e i sussidi agli esportator­i da parte della Cina. Quanto al surplus tedesco, l’Fmi ne è sempre stato un severo critico, così come già l’amministra­zione Obama. Anche se di certo non si è mai spinto a sostenere che la Germania manipoli il cambio dell’euro. A Baden-Baden avrebbe le carte in regola per assumere un ruolo di mediazione, ma non è detto che l’amministra­zione Trump sia disposto a riconoscer­glielo.

COMMERCIO GLOBALE In marzo a Baden-Baden il Fondo dovrà mediare tra la Germania e le richieste avanzate dal presidente Trump

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