Ma Francia e Italia devono correre di più
Bisogna correre. Quanto e più della Germania. Eurolandia, però, non cresce ancora abbastanza, e se gli squilibri europei diventano eccessivi è per la lentezza dell’attività economica.
Sembra essere proprio la situazione che si sta disegnando in queste ore. La Commissione Ue sottolinea che il surplus tedesco è troppo elevato, ma il commissario per gli Affari Monetari, il politico Pierre Moscovici, rivela a sorpresa una verità importante e spesso ignorata: la riduzione di questo avanzo non è solo nelle mani del governo tedesco. Sperare che maggiori salari e maggiori investimenti si traducano automaticamente in maggiori importazioni è un’illusione, e l’andamento degli ultimi mesi, nei quali salari e investimenti tedeschi sono davvero aumentati, è lì a dimostrarlo.
Molto devono fare la Francia - il paese che in questa fase ha il maggior deficit corrente con la Germania - e l’Italia: sono la seconda e la terza economia dell’Eurozona penalizzate dallo stigma dello “squilibrio eccessivo”; la cui soluzione non può che essere una maggiore crescita economica.
In entrambi i paesi - ma la gravità della diagnosi è molto diversa - emerge, e non è una sorpresa, un problema di sostenibilità del debito. Il vero nodo è però la “competitività”, formula quasi senza significato se riferita a un intero paese che permette però di riassumere l’insieme degli ostacoli alla crescita: relativamente pochi in Francia, mentre la lista per l’Italia è lunghissima. Non è infatti dalla finanza - pubblica o privata che sia - che può venire la soluzione, ma da fattori reali, che incidano sulla produttività. Per quanto, lo si legge nel rapporto sulla Francia, una migliore composizione delle spese pubbliche, a favore degli investimenti - nella speranza che siano “buoni” - e a sfavore dei sussidi, finora distribuiti con grande generosità, può aiutare.
Sulla strada verso il riequilibrio - che si traduce in più redditi e più posti di lavoro - i principali ostacoli sono politici: la Francia è in fase elettorale - il voto presidenziale è tra aprile e maggio, quello parlamentare a giugno - e l’Italia già risente di un clima preelettorale. In più, il ciclo economico,che è solo una parte del problema, sembra migliorare: gli indici Pmi elaborati dalla Markit - che segnalano l’andamento attuale dell’attività economica - sono migliorati in Eurolandia; soprattutto in Francia ma anche in Italia. Nel complesso, stima la Markit, il primo trimestre potrebbe chiudersi a marzo con una crescita di Eurolandia dello 0,6%, che corrisponde a un +2,4% “americano”, annualizzato. C’è dunque un incalzare dell’attività ciclica accompagnata da un aumento dell’occupazione (anche se occorrerà vedere, il 1° marzo, il dato finale italiano); mentre la crescita dei prezzi è ancora lenta e resta trainata da energia e alimentari. Non richiede quindi una modifica a breve della politica ultraespansiva della Bce.
Mancano, insomma, gli incentivi politici perché i governi - spesso scettici, e a torto, delle ricette degli economisti - sciolgano i nodi che frenano la crescita strutturale dei paesi.