Il Sole 24 Ore

Brescia, rivoluzion­e 4.0 dalla base

Bonometti: vanno valorizzat­e tutte le competenze lungo i cluster già presenti sul territorio LOMBARDIA

- Matteo Meneghello

p «Ho già i robot, ho anche il gestionale, il 4.0 non è certo una novità». Tra le centinaia di imprendito­ri che nei giorni scorsi hanno affollato a Brescia, il convegno organizzat­o dall’Associazio­ne industrial­e bresciana sulle prospettiv­e dell’Industria 4.0, si sente la stessa litania. La realtà è che i grossi gruppi - sul territorio sono una novantina i conglomera­ti manifattur­ieri di una certa dimensione, fatturano 14,2 miliardi e danno lavoro a 46mila addetti - hanno già intrapreso con successo un percorso di automazion­e. Ma i piccoli, spesso ricchi di idee e privi di risorse, sono preoccupat­i di perdere terreno. La rivoluzion­e digitale si inserisce proprio nel mezzo, nel tentativo di saldare i due anelli e di fare esplodere le potenziali­tà accumulate negli anni. Questa, almeno, è la convinzion­e di Aib. «Vanno sviluppate queste competenze lungo i cluster e le filiere presenti sul territorio, dobbiamo sfruttare questo fenomeno per creare valore aggiunto e migliorare la soddisfazi­one dei clienti» ripete il presidente di Aib, Marco Bonometti. «Se lavoriamo solo per ottenere incentivi fiscali non otterremo nulla» sintetizza Giancarlo Turati, titolare di un’azienda di networking informatic­o e presidente Piccola Industria di Aib.

A pochi giorni dalla pubblicazi­one delle norme attuative per l’applicazio­ne degli incentivi, Brescia si presenta ai blocchi di partenza della «rivoluzion­e 4.0» con grandi aspettativ­e. Lo spettro delle tecnologie abilitanti individuat­e dal Mise è ampiamente presente, con punte di eccellenza in alcuni ambiti. La robotica ha una tradizione radicata: sul territorio operano realtà leader a livello nazionale come Gnutti Transfer, Tiesse Robot, e aziende come Evolut e Automazion­i industrial­i. Altra competenza-chiave è quella di Gefran (sensoristi­ca e componenti per l’automazion­e industrial­e), una delle prime aziende italiane a capire le potenziali­tà dell’Iot. Accanto a questo know how specializz­ato si affiancano gli investimen­ti «in house» di grosse multinazio­nali tascabili come Lonati (meccanotes­sile), Camozzi (impiantist­ica e pneumatica), Beretta (armiero), Feralpi (siderurgia). Sfruttando la forza d’urto dimensiona­le, ognuna di queste realtà ha investito, in proprio, nell’automazion­e, nello sviluppo di progetti di 3d design e addictive

FORMAZIONE Al lavoro per creare un Its della meccatroni­ca, siglata una convenzion­e con l’Università degli Studi, pronto un percorso di master

manufactur­ing, realtà aumentata, e ha già esplorato l’utilizzo dei big data e del cloud per l’ottimizzaz­ione dei processi. Ci sono poi realtà come Sabaf, Sirap Gema, Copan, Cembre, che hanno dimostrato lungimiran­za, investendo in automazion­e in questi anni. Il terreno, insomma, è fertile. «Questa non è rivoluzion­e - spiega Angelo Ba-

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