Il Sud scommette sul digitale
La Campania guida la ripresa, a Napoli primato delle start up green
pAl Sud potrebbero partire da quest’anno investimenti innovativi aggiuntivi per circa 4 miliardi (tra pubblico e privato) grazie al Piano del Governo “Industria 4.0”. Questi investimenti, nell’arco dei quattro anni previsti dal Piano, potrebbero produrre un recupero di produttività del 15% – invertendo una tendenza all’aumento delle distanze da medie europee e nazionali – e una crescita aggiuntiva del Pil meridionale di circa l’1%. A questi risultati giunge la simulazione fatta da SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (centro studi collegato a Intesa San Paolo) – con uno studio sulle prospettive della nuova economia che qui anticipiamo.
Dallo studio emerge chiaramente la necessità per il Mezzogiorno, e in modo particolare per la Campania e per l’area metropolitana di Napoli in cui si concentra una maggiore presenza di industria manifatturiera, di investire su tecnologie, internet delle cose, elaborazione dati e integrazione di “saperi” perché da tutto ciò può scaturire una crescita tale da portare finalmente fuori dalla lunga crisi l’area del Paese più povera. E non solo quella, poiché, SRM ricorda, l’economia meridionale è fortemente connessa con quella dell’Italia intera, grazie a un settore manifatturiero strutturato in filiere lunghe con presenze diffuse in tutta Italia.
SRM presenterà la nuova analisi su “Industria 4.0: conoscere e connettersi per competere globalmente”, in occasione del convegno omonimo promosso dall’Unione Industriali di Napoli che si terrà il prossimo 28 febbraio nell’ambito delle celebrazioni dedicate al centenario dell’Associazione. Il convegno, che si terrà nel nuovo polo universitario della Federico II a San Giovanni, metterà a confronto sul tema della quarta rivoluzione industriale imprese, istituzioni, mondo della ricerca, della formazione, fondi di investimento, con la partecipazione tra gli altri del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e del presidente della Piccola industria Alberto Baban.
E sarà solo l’apertura di un programma molto ampio: seguiranno un convegno dedicato al tema delle infrastrutture e della riqualificazione urbana che si terrà il 27 aprile e poi il gran finale al Teatro San Carlo, il 22 giugno, con ospite il presidente della Repubblica per discutere di Mezzogiorno , filo conduttore di tutto il programma.
«L’unica strada per far crescere il manifatturiero meridionale e, attraverso questo, l’economia del Paese, è quella che porta verso l’industria 4.0 – commenta Massi- mo Deandreis, dg di SRM e presidente di Gei, l’Associazione italiana degli economisti d’impresa –. Occorre partire dai punti di forza esistenti. Quali? Un sistema della ricerca e della formazione di qualità che ruota attorno all’università; un nocciolo duro di imprese e imprenditori medio-grandi che dimostrano capacità di innovazione e che possono fare da locomotiva; un tasso di imprenditorialità elevato testimoniato dal numero di start up e imprese giovanili che decollano e dall’aumento delle “società di capitale”; la presenza di giovani laureati di qualità da non lasciare emigrare».
Partiamo dalle imprese. Secondo SRM, un ruolo importante in Campania potranno svolgere i settori delle “4A” e il farmaceutico. Filiere in cui la rivoluzione “Industria 4.0” sta già entrando. La filiera aeronautica meridionale rappresenta il 30% del valore aggiunto del settore in Italia; l’auto il 24,8%, il comparto alimentare il 20,9%, abbigliamento e moda l’11,3% e la filiera farmaceutica il 6,5%. È proprio ai settori strategici e alle imprese più strutturate che viene affidato il ruolo di driver.
Chi ha le antenne sul territorio racconta che gli investimenti nell’industria campana sono partiti e che molti altri se ne preparino. Lo conferma Francesco Guido, dg del Banco di Napoli: «Le ultime stime indicano, nel 2016, un incremento degli investimenti fissi lordi in Campania dell’1,7%, superiore alla media meridionale dell’1,3% e si prevedono in crescita anche nel 2017 seppur con ritmi inferiori».
Osserva il presidente dell’Unione industriali di Napoli Ambrogio Prezioso: «Nonostante il declino ancora in atto, abbiamo presenze importanti nell’automotive, nel packaging, nell’elettromeccanica, abbigliamento, aerospazio. Nell’armamento. Napoli è inoltre la quarta città italiana per numero di start up innovative. Ed ha il primato nel settore della green economy». Insomma, il tessuto industriale c’è. Ma in che modo deve avviare il cambiamento? «Da un orientamento al “business to business” a una nuova forma di pensiero che è “business to business to consumer”– dice il Alberto Baban –: è questo il cambiamento, culturale prima che organizzativo, che chiediamo alle piccole e medie imprese italiane. Il nostro sistema produttivo ha tanto da esprimere, ma rischia di restare schiacciato dalla concorrenza internazionale perché non affronta con sufficiente grinta il confronto con il consumatore e con i nuovi bisogni di una società sempre più attenta alla salute e alla qualità della vita». «Partecipando a gennaio scorso alla celebre fiera del Ces di Las Vegas – aggiunge – mi sono reso conto di quanto questa attenzione sia quasi maniacale da parte delle aziende americane. E tornando in Italia voglio portare e trasferire a chi lavora con me un po’ di quella visione».
Ricerca e formazione rappresentano altri due pilastri su cui costruire la nuova economia. «Stiamo lavorando intensamente – afferma il rettore della Federico II, Gaetano Manfredi – per operare in sinergia con le imprese. Per l’estate decollerà il nostro Innovation hub, sistema di servizi previsto dalla legge ». Poi aggiunge: «La grande impresa è già 4.0. E di solito ha avuto il ruolo di driver del sistema. Ora i tempi sono stretti, c’è bisogno di offrire alle pmi un modello per accedere alle nuove competenze». L’università rivede la propria offerta favorendo alternanza scuola-lavoro, formazione trasversale. Un modello? L’Academy Apple. «Lo abbiamo adottato dapprima nelle aree scientifiche. Poi nel settore medico e biomediacale, poi in quello delle scienze umane, archeologia, storia dell’arte. Abbiamo fatto accordi per Pompei, per la Bibilioteca dei Girolamini. Insomma, immagino una Federico II tutta 4.0».
UN SECOLO DI IMPRESE L’Unione Industriali di Napoli festeggia il centenario con una serie di convegni su innovazione, infrastrutture e Mezzogiorno