Generali punta sulla Cina per difendersi con la crescita
Parla de Courtois, ceo Global Business Lines & International delle Generali Nel 2020 l’Asia produrrà il 28% del new business value
Nel 2020 l’Asia produrrà il 28% del new business value delle Generali e tra 15 anni in Cina ci potrebbe essere la compagnia più grande del gruppo. Oltre ai quattro pilastri, Italia, Francia, Germania e Cee, Brasile e Argentina sono e resteranno strategiche così come Austria, Svizzera e Spagna. Non solo. Sarà proprio lo svilluppo del profilo internazionale del Leone a fare da volano alla futura crescita della compagnia. Ne è sicuro Frédéric de Courtois, ceo Global Bunsiness Lines & International delle Generali che in questo colloquio con Il Sole 24 Ore spiega perché le attività estere sono un valore da preservare e su cui puntare: «Sono un fattore chiave, oggi valgono il 66% dei nostri premi e poco meno del 60% del risultato operativo ma in prospettiva peseranno sempre di più». Qualche settimana fa, quando appariva imminente un possibile affondo di Intesa Sanpaolo sulla compagnia di Trieste, lo spettro di un possibile spezzatino del gruppo assicurativo ha spinto le Generali a difendersi andando ad acquistare un 3,4% di Ca' de Sass. L’intento, in parte, era di evitare di diventare oggetto di operazioni non concordate che in qualche misura impattassero sul perimetro di riferimento della società.
Un perimetro che geograficamente è in fase di revisione ma che, in previsione, sarà la base per costruire i ricavi del gruppo da qui al 2030: «Restiamo nei paesi dove vediamo grande potenziale», ha garantito de Courtois.
Fra i paesi che mi ha elencato ci sono dunque realtà che ancora non sono profittevoli?
Qualcuno già contribuisce in maniera importante. Cina e Argentina, per esempio, garantiscono circa 100 milioni ciascuna di risultato operativo all’anno. Altre come Indonesia, India e Vietnam saranno quelle che contribuiranno ai profitti tra il 2020 e il 2030. Il Vietnam arriverà al pareggio nel 2020. Abbiamo una visione piuttosto chiara sui paesi emergenti: vogliamo focalizzarci su una decina di aree tra Asia, America Latina e Turchia. Una rete internazionale, poi, è indispensabile anche per supportare quello che io ritengo siano quattro gioielli di Generali: Generali Employee Benefits, che nel suo campo è leader mondiale e assicura gruppi del calibro di Facebook e Nestlé; Europ Assistance, che fa parte del core business poiché è assolutamente complementare con la nostra attività assicurativa; Generali Global Corporate & Commercial, che è al fianco di grandi e medie aziende multinazionali e infine Generali Global Health, start up lanciata un paio di anni fa per seguire tutte le persone che cambiano spesso lavoro e si muovono all’estero. Queste realtà necessitano di una rete internazionale forte.
La crescita per linee esterne avverrà tramite operazioni di merger&acquisition?
In tanti paesi devi avere il partner giusto. Puoi decidere di fare acquisizioni, oppure, come abbiamo fatto in India e in Cina, di creare delle joint venture. In alternativa, si possono sottoscrivere delle partnership di lungo termine, come in Brasile, che non assorbono capitale.
Negli ultimi mesi si è spesso parlato, però, di una possibile cessione della Francia o di altre asset cruciali in Europa.
Non è il mio ambito, ma in merito ha già parlato il ceo Philippe Donnet chiarendo che non c’è alcun progetto di dismissione.
Un ultima battuta su Intesa Sanpaolo, temete o vi aspettate mosse dalla banca?
Di questo non intendo parlare.
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