Contraddittorio anche per l’iscrizione ipotecaria
pIl contraddittorio preventivo è obbligatorio anche per l'iscrizione ipotecaria a prescindere dall’esistenza di una norma che sancisca tale diritto.
Ad affermarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 4587 depositata ieri.
La vicenda traeva origine dall'impugnazione di un avviso di iscrizione di ipoteca e delle relative cartelle di pagamento, delle quali il contribuente lamentava l'illegittimità per vari motivi.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso ritenendo mancasse la prova della notifica delle cartelle, ossia gli atti prodromici all'iscrizione ipotecaria. La decisione veniva però riformata in appello e la contribuente proponeva così ricorso in Cassazione, lamentando, tra le diverse censure, la violazione dell'articolo 50 del Dpr 602/73, ritenuto dalla Ctr inapplicabile.
La norma citata obbliga il concessionario che procede ad espropriazione forzata, oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento, ad inviare un'intimazione ad adempiere entro cinque giorni. Tuttavia, secondo i principi affermati dalle Sezioni unite (sentenza n. 19667/2014) l'iscrizione ipotecaria (articolo 77 Dpr 602/73) non costituisce un atto dell'espropriazione forzata, ma una misura cautelare. Con le modifiche normative contenute nel Dl 70/2011 è stato introdotto l'obbligo di notificare al proprietario dell'immobile una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro 30 giorni, l'agente procederà ad iscrizione ipotecaria. Tale termine consente al contribuente di presentare eventuali osservazioni: si tratta di un contraddittorio preventivo volto a garantire la partecipazione al procedimento da parte dell'interessato, nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Analoghi principi sono stati affermati dalle Sezioni unite (sentenza n. 15354/2015) in tema di fermo amministrativo di beni mobili registrati.
Nella specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto fondata l'eccezione della contribuente. Ciò in quanto, pur lamentando sotto un profilo formale la violazione di una norma entrata in vigore successivamente ai fatti contestati, nella sostanza ha denunciato l'omessa attivazione del contraddittorio.
Il giudice di merito doveva così verificare i fatti ed applicare la relativa normativa. La Suprema corte ha ritenuto applicabile il diritto al contraddittorio già enunciato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 19667/2014, nonostante l'assenza di una specifica disposizione che prevedesse tale adempimento in capo all'amministrazione.
La decisione è interessante in quanto ribadisce la centralità del diritto al contraddittorio preventivo anche ove non sia previsto espressamente da una specifica norma e per tributi differenti da quelli armonizzati. È noto infatti che successivamente alla citata pronuncia delle Sezioni unite, il medesimo alto Consesso abbia rivisitato la propria interpretazione, escludendo un diritto al contraddittorio generalizzato.
Vi è da sperare che la Corte costituzionale, investita l'anno scorso della questione, tenga in debito conto questa più recente interpretazione della Suprema corte onde evitare palesi discriminazioni circa i diritti esercitabili in base al tipo di tributo (armonizzato o meno) ed al tipo di controllo (presso la sede o in ufficio).