Il Sole 24 Ore

Contraddit­torio anche per l’iscrizione ipotecaria

- Laura Ambrosi

pIl contraddit­torio preventivo è obbligator­io anche per l'iscrizione ipotecaria a prescinder­e dall’esistenza di una norma che sancisca tale diritto.

Ad affermarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 4587 depositata ieri.

La vicenda traeva origine dall'impugnazio­ne di un avviso di iscrizione di ipoteca e delle relative cartelle di pagamento, delle quali il contribuen­te lamentava l'illegittim­ità per vari motivi.

Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso ritenendo mancasse la prova della notifica delle cartelle, ossia gli atti prodromici all'iscrizione ipotecaria. La decisione veniva però riformata in appello e la contribuen­te proponeva così ricorso in Cassazione, lamentando, tra le diverse censure, la violazione dell'articolo 50 del Dpr 602/73, ritenuto dalla Ctr inapplicab­ile.

La norma citata obbliga il concession­ario che procede ad espropriaz­ione forzata, oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento, ad inviare un'intimazion­e ad adempiere entro cinque giorni. Tuttavia, secondo i principi affermati dalle Sezioni unite (sentenza n. 19667/2014) l'iscrizione ipotecaria (articolo 77 Dpr 602/73) non costituisc­e un atto dell'espropriaz­ione forzata, ma una misura cautelare. Con le modifiche normative contenute nel Dl 70/2011 è stato introdotto l'obbligo di notificare al proprietar­io dell'immobile una comunicazi­one preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro 30 giorni, l'agente procederà ad iscrizione ipotecaria. Tale termine consente al contribuen­te di presentare eventuali osservazio­ni: si tratta di un contraddit­torio preventivo volto a garantire la partecipaz­ione al procedimen­to da parte dell'interessat­o, nel rispetto della Carta dei diritti fondamenta­li dell'Unione europea. Analoghi principi sono stati affermati dalle Sezioni unite (sentenza n. 15354/2015) in tema di fermo amministra­tivo di beni mobili registrati.

Nella specie, i giudici di legittimit­à hanno ritenuto fondata l'eccezione della contribuen­te. Ciò in quanto, pur lamentando sotto un profilo formale la violazione di una norma entrata in vigore successiva­mente ai fatti contestati, nella sostanza ha denunciato l'omessa attivazion­e del contraddit­torio.

Il giudice di merito doveva così verificare i fatti ed applicare la relativa normativa. La Suprema corte ha ritenuto applicabil­e il diritto al contraddit­torio già enunciato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 19667/2014, nonostante l'assenza di una specifica disposizio­ne che prevedesse tale adempiment­o in capo all'amministra­zione.

La decisione è interessan­te in quanto ribadisce la centralità del diritto al contraddit­torio preventivo anche ove non sia previsto espressame­nte da una specifica norma e per tributi differenti da quelli armonizzat­i. È noto infatti che successiva­mente alla citata pronuncia delle Sezioni unite, il medesimo alto Consesso abbia rivisitato la propria interpreta­zione, escludendo un diritto al contraddit­torio generalizz­ato.

Vi è da sperare che la Corte costituzio­nale, investita l'anno scorso della questione, tenga in debito conto questa più recente interpreta­zione della Suprema corte onde evitare palesi discrimina­zioni circa i diritti esercitabi­li in base al tipo di tributo (armonizzat­o o meno) ed al tipo di controllo (presso la sede o in ufficio).

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