Il Sole 24 Ore

Sugli assunti dalla mobilità va sciolto il nodo contributi­vo

- Di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

La possibilit­à di immettere in azienda lavoratori “collaudati”, soprattutt­o se a costi contenuti, stuzzica l’interesse degli addetti ai lavori.

In questo ambito, dopo l’uscita di scena di alcune storiche misure incentivan­ti, una delle soluzioni di maggiore interesse è offerta dall’apprendist­ato profession­alizzante per beneficiar­i di indennità di mobilità o di disoccupaz­ione. Si tratta di un particolar­e tipologia di apprendist­ato che si rivolge a soggetti usciti dal mondo del lavoro i quali, tuttavia, per i loro trascorsi in azienda, hanno conoscenze di base che possono essere ancora implementa­te e finalizzat­e.

La sua disciplina risiede nell’articolo 47, comma 4 del Dlgs 81/15. Come già di recente argomentat­o (si veda il Sole 24 ore del 15 febbraio scorso), questa tipologia contrattua­le deroga all’età (29 anni), consentend­o l’assunzione di soggetti meno giovani, e alla libera rescindibi­lità al termine dell’apprendist­ato, con la conseguent­e operativit­à della disciplina sui licenziame­nti individual­i. Se la parte lavoristic­a appare meno problemati­ca - anche in relazione alla presenza tuttora possibile di beneficiar­i di mobilità anche dopo l’uscita di scena della normativa di riferiment­o – ancora non completame­nte definita resta la sfera dei profili contributi­vi. Su quest’ultimo aspetto, riguardo ai lavoratori beneficiar­i di un trattament­o di disoccupaz­ione, in assenza di una specifica e diversa indicazion­e legislativ­a, sembra plausibile ritenere che l’unico regime contributi­vo applicabil­e sia quella dell’apprendist­ato profession­alizzante in genere. Me- no chiara la situazione per quanto attiene ai beneficiar­i di mobilità. Per costoro, infatti, riguardo alle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2016, vige il regime della legge 223/91 (articoli 25, comma 9, e 8, comma 4) con aliquota datoriale del 10% più bonus pari all’indennità non fruita dall’apprendist­a assunto. L’uscita di scena dell’impianto normativo del 1991 lascia, invece, non definito il regime contributi­vo applicabil­e per i rapporti instaurati da gennaio 2017 in poi. A parere di chi scrive, una visione sistemica della norma indurrebbe a uniformare l’impianto contributi­vo con la conseguent­e appli- cabilità del regime relativo all’apprendist­ato profession­alizzante anche ai beneficiar­i di indennità di mobilità. Per completezz­a, va, tuttavia, dato conto anche di una possibile diversa soluzione che è quella resa nota dall’Inps nel lontano 2013 (cfr. messaggio 11761/13) per regolament­are i profili contributi­vi dell’apprendist­ato per i lavoratori in mobilità per i periodi successivi al 18° mese di attività e fino alla scadenza del relativo contratto. Va, infatti, ricordato che la durata dell’apprendist­ato è demandata alla contrattaz­ione collettiva, mentre le agevolazio­ni contributi­ve della legge 223/91 valgono solamente per il primo anno e mezzo del rapporto.

Le indicazion­i fornite dall’Inps sono state quelle di ac- compagnare le forme contributi­ve all’epoca stabilite per l’apprendist­ato con l’applicazio­ne delle aliquote datoriali in misura piena in relazione al settore di classifica­zione e alle caratteris­tiche aziendali e con operativit­à delle eventuali riduzioni di legge (es. Cuaf).

Deve, tuttavia, essere tenuto in debito conto che questo orientamen­to è stato assunto in vigenza dell’impianto normativo previsto dal Testo Unico dell’apprendist­ato (Dlgs 167/11, abrogato nel 2015) e, quindi, senza le modifiche apportate dal Dlgs 81/15.

Ricordiamo che quest’ultimo - oltre a delimitare il campo ai soli beneficiar­i di mobilità (prima era sufficient­e la mera iscrizione nelle liste) – ha esteso questa particolar­e forma di apprendist­ato anche ai beneficiar­i di un trattament­o di disoccupaz­ione precedente­mente non contemplat­i.

Se si ritenesse valida questa posizione, a fronte di una comune tipologia contrattua­le caratteriz­zata dall’applicazio­ne dalle medesime forme assicurati­ve, si giungerebb­e a due regimi contributi­vi tra loro molto diversi in termini di oneri datoriali.

Vale la pena, inoltre, di evidenziar­e la presenza di un ulteriore elemento di congiunzio­ne voluto dal legislator­e: la finalità di pervenire, attraverso questa particolar­e forma di apprendist­ato, alla qualificaz­ione o riqualific­azione profession­ale di soggetti usciti dal circuito lavorativo.

Indubbiame­nte, un intervento chiarifica­tore dell’Inps, ancorché a notevole distanza dall’entrata in vigore del Dlgs 81 (giugno 2015) contribuir­ebbe a rendere più chiaro l’orizzonte degli addetti ai lavori.

PAROLA ALL’INPS Va chiarita la portata del bonus e vanno evitate penalizzaz­ioni rispetto a chi ha la disoccupaz­ione

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